se la classe fa acqua
Oggi sono passata per le strade di quello che a Milano chiamano il quadrilatero della moda e ho guardato alcune vetrine.
C’erano scarpe da uomo che costavano 1.600 euro.
Erano scarpe grossolane, di quelle che immagini facciano molto male ai piedi.
Rigide.
Decorate da grandi fibbie di metallo brunito sulla tomaia, verso la punta: in un posto in in cui il peso di una calzatura dovrebbe essere minimo.
E allora ho pensato che quando una cosa è veramente bella non può costare così tanto, perché per quanto valore tu voglia assegnare a una cosa veramente bella, e fatta bene, e curata, e realizzata con passione, a un certo punto il totalizzatore si ferma.
Il prezzo di una cosa veramente bella può arrivare a ics.
Il prezzo di un brand è virtualmente infinito.
E più persone ci sono che a un paio di scarpe comode, belle, ben fatte, adatte al piede, al corpo e al tipo di persona che le indossa, preferiscono un paio di scarpe brutte ma firmate perché devono sentirsi rassicurati della loro appartenenza e devono sentirsi regolari, più il prezzo di un brand può salire fino alle stelle.
La bellezza vera arriva solo fino a un certo punto, e poi ha il pudore di fermarsi.
Scappa dal mercato, scappa dal capitalismo, scappa dalla massa.
Una cosa bella la vogliono in pochi.
Oggi a Milano sembrava di essere nel luogo più brutto della Terra.
Non che la città sia bellissima, per carità; ma a rendermela più brutta ancora era tutta questa sua smania di essere bella, di farsi bella, di apparecchiarsi come un anziano o un’anziana tirati a lucido da un chirurgo plastico senza scrupoli.
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