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Sono arrivate cose dentro alcuni scatoloni di cartone.
Ci siamo fatti tutti sotto per vedere cosa c’era dentro.
Erano carte, documenti d’archivio, istruzioni, oggetti utili allo svolgimento del lavoro.
Gli uomini che portavano quegli scatoloni sono usciti dalla stanza dove eravamo.
Tutti hanno cominciato a lamentarsi, a realizzare che senza le cose che c’erano in quegli scatoloni non avremmo potuto certamente fare il giornale.
Bofonchiavano, si chiedevano come mai quei due – un poligrafico e un amministrativo – ci avessero mostrato quelle cose per poi portarle di nuovo via con sé, e senza nemmeno dirci dove le avrebbero messe.
Sono rimasta zitta. Mi sono incamminata verso alcune stanze dove non ricordo di essere mai stata. Stanze grandi, male illuminate, probabilmente sotterranee, o comunque con finestre minuscole da cui entrava poca luce.
Le lampade spalmavano una patina verdognola su tutto quello su cui si posavano.
Qua e là, in una stanza molto grande, c’era qualche scrivania: alcune erano postazioni di lavoro, altre erano servite per tenerci sopra cose che non si sapeva dove mettere.
Nell’angolo in fondo, a sinistra, ho visto l’amministrativo.
«Per cortesia, sai dove sono le cose che ci avete fatto vedere?», gli ho chiesto.
«No», mi ha detto.
Così ho fatto un rapido calcolo: cosa ci serve per lavorare oggi, adesso?
Ho elaborato una lista. Ho cercato di ricordare in quali scatoloni, insieme a quali altre cose, c’erano gli oggetti e i documenti necessari nell’immediato.
«Vorrei per favore questo, e quello, che ho visto nello scatolone delle cucitrici e della cancelleria; e poi mi servono anche quei documenti che erano nello scatolone insieme ai giornali vecchi; e i manuali che erano nello scatolone che aveva lo scotch ancora pendente. E le penne, e le matite, e i righelli».
«Okay», ha detto l’amministrativo. «Adesso so dove cercare. Ti porto tutto».
Quando mi sono vista consegnare il necessario, mi sono svegliata.
Ho sempre risolto problemi, ho pensato; a risolvere problemi sono brava, soprattutto quando c’è una deadline, e quando i tempi sono stretti.
Che ho imparato a decidere, ho pensato; a scegliere cosa sì e cosa no.
Che quella mia identità lì mi piace molto.
Il mio vecchio lavoro mi manca tantissimo.
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