viva el siór parón
Da Repubblica online:
Il problema tutto italiano è quello della produttività.
In media, ogni lavoratore italiano produce una ricchezza mediamente pari a 36 euro per ogni ora lavorata. Rispetto a noi, i tedeschi producono il 25% in più e i francesi quasi il 40% in più. E mentre negli altri Paesi la produttività oraria è cresciuta nel tempo (tra il 2007 e il 2011, del 20% in Germania, in Francia anche di più, in Spagna dell’11% circa) in Italia questo fenomeno si è verificato in modo molto marginale (solo il 4% rispetto al 2007).
D’altra parte, solo pochi giorni fa era stato Mario Draghi a puntare il problema chiedendo una riforma dei contratti di lavoro.
Cosa c’è scritto, qui?
C’è scritto che i lavoratori italiani producono poco, e che «d’altra parte» Mario Draghi ha suggerito che per risolvere il problema sia necessario fare «una riforma dei contratti di lavoro».
E cosa può significare, in questo contesto, una «riforma dei contratti di lavoro»?
Certamente si allude a un meccanismo che àncora il salario alla «produttività»; ovvero – brutalizzando secondo la vulgata di questi tempi feroci – a un modo per premiare chi lavora di più e sanzionare chi lavora di meno.
Ma davvero «produttività» significa questo?
Davvero la produttività è una questione che riguarda solamente il lavoratore?
Vado a fare un giretto sull’Enciclopedia delle Scienze sociali della Treccani online.
Ecco cosa trovo:
La produttività media del lavoro non dipende soltanto, e neppure principalmente, dall’abilità e dall’impegno dei lavoratori bensì, soprattutto, dagli strumenti di produzione che essi utilizzano.
La produttività di un lavoratore agricolo che usa un trattore e un aratro è notevolmente superiore a quella che avrebbe se potesse operare soltanto con una vanga.
In altri termini, la produttività media del lavoro non misura il contributo alla produzione fornito dal solo lavoro ma quello fornito dal lavoro *assistito da altri fattori*.
[…]
È l’insieme dei fattori combinati per l’ottenimento della produzione (ovvero lo stato della tecnologia) a determinare la produttività media di ciascun fattore.
Dunque, prima di scaricare il problema della produttività sulle spalle dei lavoratori occorrerebbe avere risolto la questione preliminare: per lo svolgimento del suo lavoro, di quali mezzi produttivi e di quale supporto organizzativo dispone un lavoratore?
Quali mezzi vengono messi dal padrone a disposizione del lavoratore affinché egli sia in condizione di produrre?
La lettura dell’estratto di Repubblica online testimonia l’enormità della corruzione di senso che si è consumata.
Il padrone non ha alcuna responsabilità, ci dice Repubblica.
A decidere quanto un’azienda produce, e quanto un Paese produce, non è altro che il livello dell’impegno del lavoratore. Una grandezza situata a metà fra il tecnico e il morale.
Che questo fraintendimento venga autorizzato, validato e perpetuato sulle pagine di un quotidiano che passa per progressista è un fenomeno fra i più preoccupanti e sconvolgenti del mio tempo marcio.
Articolo “che ci voleva” dopo le cazzate che hanno scritto su Repubblica. Quando penso a Repubblica è sempre più frequente il ricordo che mi torna alla mente: frequentavo ancora le superiori. Un giorno arriva un supplente, 40enne, un po’ dandy-de sinistra, con l’aria di quello che “fino a ieri ero uno di voi”. Entra, saluti, si siede e mette sulla scrivania il giornale che entrando teneva sotto il braccio: “Repubblica”.
-“Dà fastidio se fumo ?” dice accendendosi una sigaretta.
Al silenzio-assenso generale alzo una mano dicendo -“veramente a me sì…”. Non ho nemmeno fatto in tempo a spiegare i motivi che ha fatto il diavolo a quattro. Minacciando TUTTI misure drastiche se non fossimo stati bravi e buoni.
Naturalmente TUTTI se la son presa con me. Dovevo stare zitto. Ma a parte questo, da allora mi è restata in testa questa figura del finto sinistroide che “ci piace sentirci liberal” fintanto che posso fare quello che c… mi pare e come piace a me. Insomma: come i “conservatori” ma siccome si era liberato un posto tra i progressisti e mi si ve(n)deva di più…
Non si può che sottoscrivere, soffrendo.
Un paese che uccide la scuola, la ricerca, le idee, il conflitto positivo, le innovazioni, non può che produrre e desiderare schiavi.