sfigato è bello!
E dunque, ci risiamo.
Trent’anni, attore di teatro con un piccolo particolare: D’Amico è sordo dalla nascita
Un difetto? No, un punto di forza.
Ecco perché
Non ho potuto leggere il pezzo perché non sono abbonata a quel «Repubblica sera», ma il titolo in home page ripropone la filosofia sociologico-esistenziale dell’allocuzione di Saviano di cui dicevo qualcosa nel post precedente a questo.
Il limite connesso alla peculiare disabilità di una persona è una risorsa.
Sordo è bello (Francesco D’Amico).
Senza arti è bello (Alex Zanardi).
Alti novanta centimetri è bello (Michel Petrucciani).
Sfigato è bello, insomma.
Ed è anche utile agli altri.
Non c’è nessuna considerazione per coloro che non sono in condizione di far valere la loro disabilità come un «plus» da mettere sul piatto della bilancia dell’eroismo e del mercato dei sentimenti.
Conta solo chi ci può tranquillizzare, confermandoci che va tutto bene: coloro che della disabilità conoscono una dimensione eroica ed eccezionale.
Non c’è spazio per chi non diventa simbolo di qualcosa; per chi non ci consente di strumentalizzarlo ai nostri fini.
Una volta i preti dicevano a mia madre: «Signora, guardi che Francesco è un dono di dio, e dio manda questi doni a chi sa farne buon uso».
Mi sembra che quest’orizzonte etico sia identico a quello di Repubblica.
Curioso, per un giornale laico…
O forse sta diventando un giornale ferocemente darwinista, o – meglio – «meritocratico»?
E non è sensazionale che, quando si tratta di orizzonti «produttivistici», una religione, un pensiero a-religioso (per alcuni anti-religioso) e un’ideologia capitalistica si trovino d’accordo?
Ps: La risposta di mia madre all’ennesimo prete: «Dev’essere per questo che i preti non hanno figli handicappati».
Ti sei dimenticata di Oscar Pistorius, anche lui viene osannato e venduto (nel vero senso della parola, visti gli sponsor) come un modello per i disabili, ma io mi sono sempre chiesto, che razza di aiuto può dare agli altri handicappati, uno che fa carte false per gareggiare con gli atleti normodotati (rivelando implicitamente un notevole disprezzo per le paraolimpiadi, e per gli altri atleti che soffrono di disabilità fisica come lui)?perché uno che disprezza la sua menomazione fisica, al punto da fare di tutto per negarla, dovrebbe essere un simbolo dell’emancipazione per gli altri disabili, che nella stragrande maggioranza dei casi non hanno la benché minima speranza di partecipare alle olimpiadi (come del resto non ce l’hanno nemmeno il 99,99999% delle persone “normodotate”)?il desiderio di Pistorius di negare con tutte le forze la propria disabilità, e di vivere pienamente la propria vita e le proprie aspirazioni atletiche, è comprensibile, ma pretendere che sia un esempio da imitare per gli altri disabili, mi pare assurdo!