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più scrittori che lettori? e allora?
Ho scritto una cosa per questo sito, che si chiama La Nottola di Minerva, e non so neanch’io Perché Sto Usando Tutte Queste Maiuscole. Forse perché il progetto è di Ivano Porpora e Altri, e quando c’entra la Porpora io deraglio un po’.
L’idea è che non sopporto più le lamentazioni moraleggianti di chi, scandalizzato, osserva che in Italia c’è più gente che scrive che gente che legge.
Nel senso che io non ci vedo niente di male.
Per esempio:
Io ho letto quintali di romanzi che qualunque intellettuale minimamente decente definirebbe merda.
Molta di questa merda mi è piaciuta da matti.
Non so se è per questo che l’idea che chiunque abbia un manoscritto nel cassetto mi riempie di gioia.
Il pensiero che il tipo che sta sull’autobus di fronte a me ha una storia da raccontarmi e magari sa anche come farlo mi esalta.
Il resto è qua, come dicevo quassù.
Ma magari ci scrivo ancora.
Il problema è che la persona di fronte a te sull’autobus non sa raccontare una storia, ma gliela pubblicano comunque e c’è chi gliela compra comunque. E’ questo che sta dietro le lamentele del “c’è più gente che scrive che gente che legge”. Se davvero sapessimo tutti raccontare una storia, allora non ci sarebbero problemi nell’essere tutti scrittori.
Magari sì.
Perché Porpora non sarà un intellettuale raffinato ma una persona curiosa sì. E ti stima moltissimo.
E in un mondo in cui l’intelligenza e la passione sono spesso viste con diffidenza (sorella dell’invidia) queste, come diceva il poeta, son cose.
Marco, io non capisco.
Davvero.
Ma qual è il problema?
Se la persona di fronte a me nell’autobus fosse una persona che scrive malissimo, eppure le pubblicassero il libro, e molte persone lo comprassero, dove sta il problema?
Non vedrei davvero come si possa immaginare che si pubblichino solo Libri di Qualità: che facciamo? Vietiamo per legge di scrivere a chi non sa scrivere?
E bada che il mio secondo paragafino, qui, questo vale solo ed esclusivamente se ammettiamo che esista – o che sia possibile l’esistenza – di un giudizio unanime e condiviso intorno alla qualità.
Il che, sappiamo tutti, non solo non è, ma è impossibile.
Come scrivevo nel post, la critica letteraria accademica e militante già dà legittimamente le sue patenti di qualità, eppure – come si vede – continuano a girare libri di ogni tipo, molti dei quali a mio giudizio imbarazzanti.
Cosa può voler dire questo?
Che c’è un mucchio di gente a cui i giudizi codificati di qualità non interessano, perché la scelta del libro da leggere la fanno da soli.
Dice: ma sbagliano.
Può essere. Ma saranno ben cazzi loro!
O no?
Io leggo quel che mi pare, indipendentemente dalle critiche argomentatissime e ferratissime dei critici.
Ho un gusto mio, del quale mi fido abbastanza (anche perché se non mi fidassi del mio giudizio vorrebbe dire che sono obbligata a leggere tutti i libri che compro fino in fondo, cosa che detesto: se un libro non mi convince, addio mio bello. Torni nella libreria e forse ti riprendo fra qualche anno).
Ci sono scrittori che un sacco di gente si fila, critica compresa, eppure a me sembra che scrivano cose bruttissime: o perché non mi piace come scrivono, o perché mi sembrano pipponi senza contenuto tutti giocati sull’estetica, o perché mi sembrano cose ideologiche che non hanno natura narrativa a dispetto della forma che hanno scelto.
Come la mettiamo?
Avrò ben il diritto di non leggere i Sacri e di leggere tutta la Merda che voglio?
*** *** ***
Grazie, Ivano!
😉
Se in una tavola imbandita con ogni ben di Dio non sai cosa scegliere il problema sei tu. Il cuoco ha lavorato benissimo. Se capita un boccone amaro, buttalo. Tanto in tavola rimane un sacco di roba. Che problema c’è?
mi associo, porcaccia. la cosa bella è che da ragazzini schifiamo gli altri secondo i loro gusti, sulla musica di solito, o sui vestiti, e poi da grandicelli lo facciamo per i libri, per la cultura. La libreria dei buoni e dei cattivi