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su, bambini: in silenzio, in fila per due
Quanto è importante, da un po’, la censura morale che ogni bravo cittadino deve all’insulto.
Sembra che dire «pecorella» a un carabiniere – che di certo ha tutte le ragioni per sentirsi provocato e infastidito, ma altrettanto certamente ha il dovere di non reagire alle provocazioni, poiché il suo lavoro consiste nella tutela dell’«ordine pubblico» e non nell’accettazione delle sfide a chi è più maschio – sia una cosa gravissima.
Come se fossimo tutti in salottini rivestiti di velluto, a bere il tè in tazze di finissima porcellana decorata.
«Oh, baronessa, non c’è più rispetto».
In televisione si insultano da anni.
I nostri diritti di cittadini e lavoratori ce li stanno togliendo uno alla volta.
Gli spazi per l’esercizio di un pensiero eterodosso sono sempre più stretti, e adesso – toh – scopriamo che il vero problema è la buona educazione; è la forma.
Non si dice, bambini. Pecorella non si dice.
Ma cosa c’è dentro quella parola?
Che strumenti ha un cittadino per protestare contro il potere?
E quanto conta il differenziale di potere?
Tutti perbene, siamo.
Solidarietà all’eroe carabiniere.
Eh, certo che anche quell’insulto lì poteva ben risparmiarselo, questo no-tav.
Eh, quest’Italia dei «no» e dei «tabù»…
Eh, una minoranza che paralizza la modernizzazione del Paese…
Questa non è violenza: è buon senso, è amabilità borghese.
È la vocina bassa di chi non ha bisogno né di dire «pecorella» a nessuno né di urlare, perché – tanto – lo stanno a sentire.
E gli altri, quelli che urlano, sono maleducati, e passano automaticamente dalla parte del torto.
Un po’ di buone maniere, ragazzi. Le vostre mamme non vi hanno insegnato niente?
Ora che sei padrone delle tue azioni,
ora che sai prendere decisioni,
ora che sei in grado di fare le tue scelte
ed hai davanti a te tutte le strade aperte
prendi la strada giusta e non sgarrare se no
poi te ne facciamo pentire
mettiti in fila e non ti allarmare perchè
ognuno avrà la sua giusta razione
A qualche cosa devi pur rinunciare
in cambio di tutta la libertà che ti abbiamo fatto avere
perciò adesso non recriminare
mettiti in fila e torna a lavorare
e se proprio non trovi niente da fare,
non fare la vittima se ti devi sacrificare,
perché in nome del progresso della nazione,
in fondo in fondo puoi sempre emigrare. Eh
Edoardo Bennato, In fila per tre
la cosa che mi è rimasta più impressa non sono state le parole, in quell’episodio, e nemmeno il silenzio, coperto da un fazzoletto. Piuttosto quella grata a cui il ragazzo stava arrampicato e che divideva i loro corpi, mentre gli occhi si guardavano.
La parola ‘pecorella’ è arrivata dopo un po’…il discorso è iniziato con ‘come ti chiami? perchè non hai un numero di riconoscimento? lo sai che è illegale?…’ ..il cattivo si accorge che il buono ha un po’ di cattiveria, si nasconde, si rende irriconoscibile, ma va tutto troppo velocemente e la rabbia sale e la provocazione diventa scoperta ed è un invito a scoprirsi, sparami dai. E così l’illegalità e la bontà e la cattiveria saltellano di qua e di là di quella grata ed intorno è tutto un concorso a tenere su quella grata, a rafforzarla, a sostenerla, perchè l’incontro non possa avvenire, perchè nessuno dei due abbassi il braccio e parli.
v
Scusa, ma che c’azzecca la protesta NO TAV, coi diritti di cittadini e col pensiero eterodosso? a me i NO TAV sembrano molto più simili alle Brigate Rosse, anche se agiscono molto più in piccolo. Le loro rivendicazioni, e le modalità con cui vogliono imporsi, non hanno nulla di democratico, anzi stanno calpestando per primi i diritti di tutti gli altri cittadini, favorevoli, o non contrari alla TAV, che stanno subendo un danno economico non indifferente, per colpa di quei teppisti!
La risposta alla tua domanda è scritta nel post, Andrea.
Benvenuto nel mio blog.
Si forse sono io che ho interpretato male, la tua è soprattutto una critica ai giornali, che hanno ripreso in massa un episodio di per se insignificante, che in un giornalismo più “serio” non dovrebbe nemmeno fare notizia. sbaglio?
Non esattamente, ma sì, quasi.
La mia è una critica a chi traduce la sostanza in formalismo, e non contestualizza.
Mah, per me non è questione di educazione ma di rispetto. Nessun movimento va da nessuna parte e non raggiunge nessun obbiettivo se non parte dal rispetto del suo avversario e di tutte le persone con cui si confronta.
Ciao Federica 😉 ti seguo da un po’ è prima volta che intervengo.
Ciao, Alpistacchio!
Ma dimmi un po’: se uno è contro la Tav e la decisione è presa, il rispetto della contestazione come si potrebbe esprimere?
Come si può resistere rispettosamente, quando la sproporzione del potere delle parti è così macroscopica?
Non è una provocazione: io penso che se l’opposizione è radicale, se la scelta è asseritamente irreversibile ma i motivi del sì non si trovano soddisfacenti – e quei pochi che si vedono, anzi, fanno paura – non esista una via «rispettosa» di protestare.
Forse c’è una via nonviolenta; ma «rispettosa» non saprei.
Quando ti tolgono la facoltà di interferire col tuo destino, non so quanto rispetto tu possa tributare a chi di quella facoltà ti ha espropriato.
Io la vedo difficile, soprattutto se ciò di cui si discute ti sembra cruciale, fondamentale.
Però la decontestualizzazione avviene anche all’opposto, cioè mentre i giornalisti PRO TAV danno lezioni di galateo ai teppisti che insultano e provocano la polizia, i giornalisti NO TAV appena un ragazzo in mezzo alla mischia si becca una manganellata, montano un caso contro la polizia “violenta” e “fascista”.
Come se rompersi il setto nasale, o la testa, in mezzo a una guerriglia (in cui i NO TAV per primi menano forte), fosse la cosa più improbabile del mondo. Anche un povero cretino, finisce all’ospedale perché i poliziotti reagiscono e si difendono, e non stanno fermi immobili a prendersi le sassate da uno stronzo qualsiasi, in un giornalismo serio, NON DOVREBBE FAR TANTO NOTIZIA.
Per quanto riguarda la risposta che ha dato ad Alpistacchio, non la condivido affatto. Visto che parla tanto di diritti, e democrazia, sono i NO TAV, che stanno violando i diritti altrui per primi. E visto che la decisione della Tav è stata già presa nel rispetto della democrazia, una sparuta minoranza non può paralizzare un cantiere per tutto questo tempo, arrecando danni economici enormi. Lo stato ha il dovere di usare anche la forza in questi casi.
I NO TAV hanno già perso in partenza, se ne facciano una ragione!
“Ma dimmi un po’: se uno è contro la Tav e la decisione è presa, il rispetto della contestazione come si potrebbe esprimere?
Come si può resistere rispettosamente, quando la sproporzione del potere delle parti è così macroscopica?”
Quando le cose stanno così, secondo me si dovrebbe semplicemente/ accettare la realtà, e RASSEGNARSI. Anche quando hanno costruito un centro commerciale vicino a casa mia, ero contrario, ma visto che la stragrande maggioranza era favorevole, ho accettato civilmente la cosa. Non è che ho imbracciato il fucile, per imporre a tutti quanti la mia volontà!
Il post parlava di confusione intenzionale fra diritti, forma e sostanza.
Il resto sono cose che hai aggiunto tu, Andrea.
Sull’altro punto – la rassegnazione o la lotta – ci si rassegna individualmente. La rassegnazione collettiva, in politica, non esiste.
L’unica cosa che esiste è il fatto che ci hanno inculcato l’idea che siamo impotenti.
Non ho discusso di violenza, o di chi avesse ragione.
Ho detto che dire «pecorella», all’improvviso, diventa più grave della violenza.
Ho detto che tutto viene ridotto a buona educazione.
Ho detto che quando non ci sono altri modi per esprimere il proprio dissenso, esprimere il dissenso in modo «maleducato» dicendo «pecorella» è forse l’unica strada (nonviolenta) che esiste.
Se poi, Andrea, vuoi vedere in quel che scrivo quello che non c’è, temo di non avere nessun modo per impedirtelo.
P.s. Che piaccia o no, a decidere cos’è notizia sono i giornalisti.
Con tutti gli incerti e le ngiustizie del caso.
E infine, Andrea, io non «parlo tanto di diritti».
Io credo nei diritti.
C’è una differenza.
Ok, scusa non volevo offenderti
“La rassegnazione collettiva, in politica, non esiste.”
D’accordo non esisterà la rassegnazione collettiva, ma fortunatamente la sconfitta collettiva si, e questa guerra contro la TAV è già persa, piaccia o meno.
“Che piaccia o no, a decidere cos’è notizia sono i giornalisti.
Con tutti gli incerti e le ngiustizie del caso.”
Cosa è notizia o no, lo decidono gli editori, e a volte anche i lettori, i singoli giornalisti non contano quasi nulla
Per fare un esempio famoso, prendi Marco Travagli, lui non decide le notizie, ma semplicemente le SERVE, le CONFEZIONA.
E’ come un bravo sarto, fa notizie su misura, è bravo a interpretare i gusti dei lettori, e coniugarli con le esigenze editoriali, ma ha pochissimo potere decisionale sulle notizie, anche se avesse idee diverse da quello che il pubblico vuole, non potrebbe esprimerle liberamente
Non sono offesa.
Sul resto – chi decida cosa sia notizia, quale sia il ruolo del giornalista… – ti suggerisco di dare un’occhiata alla legge istitutiva dell’ordine dei giornalisti.
Ciao
D’accordo, ma un conto sono le formalità dell’ordine dei giornalisti, un conto è la triste realtà. Credo che tante cose interessanti che scrivi su questo tuo blog, purtroppo non te le pubblicherebbero mai su un quotidiano nazionale!
Ciao
Andrea
Innanzitutto (non l’ho fatto l’altra volta) lascia che mi complimenti per l’immagine che hai scelto di mettere per il tuo profilo, molto bella 🙂
> Forse c’è una via nonviolenta; ma «rispettosa» non saprei.
La via nonviolenta, è questo il punto. Mi sembra che la propensione dei contestatori della valle sia essenzialmente quella. Allora però bisognerebbe impegnarsi un po’ di più.
Cito Gandhi:
“Ecco le condizioni necessarie per il successo del satyagraha (tradotto malamente in italiano con nonviolenza tuttoattaccato):
1) Il satyagrahi non dovrebbe nutrire alcun odio per l’avversario.
2) La questione deve essere vera e sostanziale.
3) Il satyagrahi deve essere pronto anche a morire”.
Cit: http://bit.ly/wQ2khA se funziona, l’altro giorno non funzionava più :O
Direi che col punto 3 ci siamo (andati vicini).
Il punto 2 è anche pienamente soddisfatto.
Ecco. Sul punto 1 direi che bisogna ancora lavorare 😉
Aggiungo che se proprio non ce la fai a non odiare il tuo avversario, o al limite a rispettarlo e se decidi di odiarlo con tutte le tue forze, allora devi “odiare” le persone giuste, chi ha fatto le scelte politiche e operative e non i poveri diavoli che sono lì a fare il proprio lavoro (e magari la domenica prima erano in servizio allo stadio…)
Sarei quasi sicuro di aver postato un commento qui oggi 😉
Però non c’è. Casomai fammi sapere che lo riposto.
Al, scusami.
Sono giorni impegnativi, e non sempre riesco a “passare” i commenti velocemente.
Ciao, grazie per la pazienza.
Ok grazie a te 🙂 è che non si capisce di essere in moderazione :O
Comunque vedo ora questo bell’articolo e soprattutto questa bellissima foto: http://bit.ly/yJeGnm È quello che intendevo 😉 Tra l’altro Turi Vaccaro è uno dei contestatori più duri…
Vorrei chiedervi un piacere: se inserite dei link a testi e a video, a me serve più tempo per approvare i commenti, perché devo vedere se ci sono cose teoricamente querelabili.
Perciò, se è possibile, siccome non ne ho sempre il tempo, vi pregherei di riportare le affermazioni che vi interessano invece di linkare i pezzi.
Scusate, ma ho bisogno di usare qualche cautela per proteggermi.
Grazie.
Normalmente metto la citazione e poi il link come riferimento.
In questo caso la citazione era essenzialmente la foto che era il motivo del commento, non potevo non lincarla…
Comunque siamo sul web (web=ipertesto fatto di testi e media vari e collegamenti fra di essi) ed è difficile non lincare 😉
Ultima cosa: tu sei responsabile abbastanza indirettamente dei commenti. Se poi parliamo di un link cioè di una cosa addirittura esterna faccio veramente fatica a credere che ti possano querelare per quello. Io mi preoccuperei di più degli insulti nei commenti… Comprendo il tempo che ti si fa perdere… sorry!
Grazie per i consigli, Al.
Lavoro nei giornali da vent’anni.
Se vuoi querelare me per la tua discussione con l’altro commentatore, avvisami, così rimuovo i commenti.
Voglio dire che non mi risultano querele a causa di un link in un commento. Se a te risultano fammi sapere sarei interessato ad approfondire e capire.
La mia discussione con l’altro commentatore è già terminata per quanto mi riguarda. Sparava giudizi a zero dando per scontato di dire cose intelligenti. A me interessava fargli notare la sua presunzione (non mi piace lasciar passare giudizi così sprezzanti e superficiali anche se di solito li ignoro perché espressi da troll)
Se mai arrivasse una querela [non arriverà of course] arriverebbe a lui (e non a te) da parte di chi lui ha insultato.
Al, sarò più esplicita.
Sai che c’è nel tuo modo di darmi consigli? La convinzione di saperne una più del diavolo, di avere snidato l’errore.
È un pochino fastidioso, quest’atteggiamento.
Non importa se mi risultino querele per link pubblicati; importa che io so, per il fatto di essere del ramo, come può integrarsi il reato di diffamazione.
Non importa neanche che questo sia un blog e non una testata, e che dunque io non sia equiparabile a un direttore responsabile stricto sensu, e dunque sia da vedere se io sia imputabile di omesso controllo oppure no; importa che per verificare che i link non contengano materiale che di per se stesso integra il reato di diffamazione o di calunnia io devo andare a vedere, e che non sempre ho tempo. Importa che non ho alcun interesse ad essere la prima querelata per link pubblicati.
Se non ti bastano queste argomentazioni, per favore non sentirti in obbligo di farmi sapere che tu stavi pensando a un’altra fattispecie, della quale io mi sto – poffarre – dimenticando.
Fallo, se credi.
Ma se riesci a evitarlo, ecco, ti ringrazio.
Abbi una buona nottata.
A presto.