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le «piccole pubblicazioni»
Scrive qui Michela Murgia:
I bravi agenti hanno una buona fama, verificabile attraverso il portafoglio dei loro autori.
Ovviamente più autori noti hanno in carico, meno è il tempo che possono dedicare a un esordiente, e saranno più selettivi.Ma spesso ci sono ottime agenzie che pur non avendo nessun premio Strega a cui badare salvano comunque dalle grinfie degli editori disonesti decine di persone che forse non diventeranno mai scrittori famosi, ma non per questo non hanno diritto a un consiglio mirato o a riscuotere i diritti delle loro piccole pubblicazioni».
Tenendo a parte la notazione relativa al fatto che un agente che si occupa di un nome «noto» è più «selettivo» (poiché «noto» vale «bravo»), mi domandavo: ma se esiste una corrispondenza biunivoca fra «persone che forse non diventeranno mai famose» e «piccole pubblicazioni», grazie al ricorso a quale distorsione economicista ci spieghiamo il successo delle pubblicazioni di – boh – Iva Zanicchi?
no, lo so, vado fuori tema, ma il matematico in me si commuove fino alle lacrime vedendo usare con cognizione di causa “corrispondenza biunivoca”
chiedo scusa, riprendiamo le trasmissioni regolari
A dire il vero nel pezzo che citi c’è scritto che è più selettivo perché ha meno tempo, visto che ha autori noti di cui occuparsi. Mi pare che noto qui equivalga a “impegnativo”, non a “bravo”.
La questione sta nel fatto che c’è scritto che chi non diventerà mai famoso scrive “piccole pubblicazioni”.
Quanto al grande nome, non dovrebbe portar via meno tempo, meno fatica per piazzare i libri?
Scusami, ma tu che sei così attenta alle parole a volte scrivi come se non le leggessi: a me sembra che tu stia dando una connotazione qualitativa (insignificanti) a un aggettivo quantitativo “piccole”, che si riferisce con evidenza al volume di affari che generano i libri che non entrano in classifica.
Per il resto, forse hai un’idea degli agenti un po’ strana. L’agente non piazza solo libri, se non appunto quelli degli esordienti, ma promuove gli autori e verifica contrattualmente ogni movimento di visibilità. Rubriche sui giornali. Apparizioni televisive e radiofoniche. Festival. Collaborazioni. Fascette. Prefazioni. Diritti secondari (estero, teatro, cinema)… Sono movimenti che l’esordiente non ha, ma che sono il 70% del lavoro di un autore grosso e quindi anche del suo agente. In questo ritmo un esordiente entra solo se ha veramente qualche chance di farcela, altrimenti l’agente “grosso” nemmeno se lo fila.
Evitare di sparare giudizi su realtà di cui si sa poco è sempre prudente.
C’è scritto che le «decine di persone che forse non diventeranno mai scrittori famosi» (il che, a latere, mi conduce a domandarmi se «scrittore non famoso» sia una qualifica che in natura è attestata, o se – al contrario – chiunque sia «scrittore (non famoso)» vada semplicemente chiamato «persona che forse non diventerà mai scrittore famoso») hanno comunque il «diritto a un consiglio mirato o a riscuotere i diritti delle loro piccole pubblicazioni».
Oltre al fatto che non si fa menzione all’esordiente di cui tu parli, ma solo alla «persona che forse non diventerà mai uno scrittore famoso», il contenuto mi pare chiarissimo; e al di là del gran lavoro di un agente per uno scrittore famoso, l’idea di mondo leggibile in trasparenza mi pare altrettanto chiara.
Mi resta solo da domandarmi – ma questo me lo domando da quando frequento il web – per quale motivo le persone, e più facilmente se anonime, si lascino andare con così grande facilità a toni inutilmente acrimoniosi.
La risposta, penso, non c’è.
O.o
…forse è acrimonia anche voler leggere a tutti i costi in un testo quello che non con ogni evidenza non c’è scritto. Che quella scrittrice si rivolga agli esordienti e non a qualunque scrittore è dichiaratissimo in testa al pezzo nel link a cui tu stessa rimandi, terza riga. Quel contributo (che a me personalmente è stato molto utile) ha un contesto che mi sembra escluda del tutto la possibilità di letture “classiste” di termini come piccola pubblicazione o scrittore famoso. Il mondo in trasparenza (quindi il processo alle intenzioni che tu vedi dietro alle parole) è una glossa tua e se far notare questo ti sembra acrimonia forse sei tu un po’ suscettibile.
Uno scrittore è famoso se vende e questa non è una cosa interpretabile. Il fatto che non tutti si arrivi a vendere fino a diventare famosi è altrettanto evidente. Ma se esiste un blog come Scrittorincausa forse è perchè non si scrivono abbastanza spesso contributi dove si dice chiaramente che vendere meno copie non vuol dire avere meno diritti. Ci manca solo di intravedere giudizi di valore dove c’è solo un consiglio utile…
Sono molto d’accordo sull’utilità di Scrittorincausa.
Registro, invece, che siamo in disaccordo sul senso di un’affermazione, che a me pare – tu dici, ma non so se la parola è quel che intendo; e comunque non importa – «classista» e a te no.
Nel mio caso, più che acrimonia, c’è fastidio per la serenità con cui il mondo viene tagliato a fette: la persona che forse non diventerà mai scrittore famoso, le piccole pubblicazioni…