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verso un’ortodossia moralista (la sgaggio si fa nuovi amici)
Quella che segue è la pillolizzazione di alcuni stralci dell’intervento che Michele Serra – pungolato da Giorgio Vasta – ha tenuto oggi a Scrittorincittà, a Cuneo, in una grande sala piena di persone.
«Bondi».
E le persone che ascoltano sogghignano.
«Scilipoti».
E le persone ridono, si danno di gomito.
«La formazione quadri i partiti una volta la facevano. Ora, spero che la facciano almeno le aziende».
Sì. Che ci salvino almeno loro, va’.
«Che Ferrara sia una persona intelligente nessuno lo dubita».
Siamo sicuri?
Cos’è l’intelligenza?
«Tra Ferrara e Bondi tengo per Bondi».
Applausi.
«C’è una tendenza fortissima a piangersi addosso. Siamo un Paese organizzato per corporazioni, che ha una scarsa coscienza dei doveri individuali».
Le persone annuiscono.
Un popolo di egoisti.
«A chi di noi non è mai capitato di pagare almeno una parte in contanti, magari per non fare la figura… Che poi, la mazzetta sudicia… Glieli dai un po’ di nascosto».
Così fan tutte.
«Il secondo elemento è la spettacolarizzazione della realtà».
Tipo che uno parla da un palco e la gente applaude o ride, come?
«Titoli urlati».
Un po’ di educazione…
«Creare un clima di insicurezza sociale aiuta».
Mmh.
<«Il Vasta e il Serra del Vietnam non credo che faranno i discorsi che facciamo noi».
Il Vasta e il Serra del Vietnam?
«La realtà sociale vera, in questo momento, è abbastanza mediocre».
Cosa vuol dire?
Quali indicatori ci sono?
Cosa si intende per «realtà sociale»?
Perché «abbastanza» e non «completamente»?
«Il discrimine è la difesa del bene pubblico. In quelle aree lì c’è una fortissima presenza di ultras. Bisognerebbe fare un’analisi più seria e approfondita. E c’è anche un po’ di agonismo individuale».
Un’analisi più seria come questa sugli ultras e l’agonismo individuale?
Le vetrate delle banche sono un bene pubblico?
«In Occupy Wall Street non c’è più l’ideologia. C’è il democratico, c’è il repubblicano. Partono più leggeri».
Non è che l’ideologia del non avere ideologia sia un’ideologia?
«Il concetto di fatica è difficilissimo da comprendere, adesso, per i nostri figli. La politica rinascerà quando verrà riconosciuto di nuovo il concetto di fatica, che è la cosa più rivoluzionaria».
La fatica è rivoluzionaria. Prendo nota.
«Riflessione. Fatica. Studi. Cultura. Mi sembra di essere Mario Monti».
Le persone ridacchiano.
E se fosse semplicemente un’analisi moralista un po’ bisognosa del soccorso di qualche argomento in più?
A proposito del ragazzini che stanno contemporaneamente dietro a dieci device elettronici: «Anche i neurologi sono divisi sugli effetti del multitasking».
E se è divisa perfino la scienza… Chissà quali scienziati, specificamente. Chissà sulla base di quali studi.
«Ci si convoca virtualmente ma ci si ritrova in un posto fisico. Questo mi rassicura molto».
Non c’è modo di dargli torto.
In mezzo, qualche accenno al fatto che durante le cene ci si interroga in gran segreto su quanto sia ingiusto che il voto di chi non conosce la differenza fra governo e Parlamento valga quanto il nostro; e qualche querimonia sui titoli urlati della stampa. Ragion per cui – dice – «non diventerò mai direttore».
Io penso che non diventerò mai direttrice per altri motivi.
Ma questa è un’altra storia.
Ciao Federica, ci sono due cose che mi colpiscono in questi appunti.
“Il concetto di fatica è difficilissimo da comprendere, adesso, per i nostri figli” – ecco, chi sono “i nostri figli”? La mia impressione è che esista tutta una frangia sociale che, essendosi affracata dal lavoro fisico (credo che di quella fatica Serra parli), ritenga anche che “tutti” si siano affrancati dalla fatica (quindi sì a facebook, ai flash mob, a tutte e cose che una borghesia moderna – proletaria ma senza calli sulle mani – ritiene giusto organizzare). Non è malafede, non è miopia, è cecità selettiva involontaria: si vedono solo i propri simili, anche se giocano nella squadra avversaria. La cosa farebbe bene il paio con quello che riporti dopo: “ci si interroga in gran segreto su quanto sia ingiusto che il voto di chi non conosce la differenza fra governo e Parlamento valga quanto il nostro”. Il “nostro”, di noi che siam qui ce la cantiamo e ce la suoniamo, ironici e sapienti. Gli altri non capiscono, non hanno la cultura oer capire il significato vero del voto che esprimono. La cosa che più m’intristisce è sentre gente di sinistra (una sinistra ormai nemmeno teorica, direi) esprimere concetti tanto placidamente di destra. Ma d’altro canto Serra dedicò una copertina esultante a uno dei primi suicidi di Mani Pulite (o l’omicidio di Lima? Mah). Quanto può essere cambiato in vent’anni?
Di passaggio: a me l’argomento Scilipoti tirato fuori così, a sfottò, mi ha un po’ stufato. Sono stanco delle risate stupide e vuote così come dell’attenzione sicuramente eccessiva verso una persona solo perché è bassa e grassa e pelata (perlopiù). Perché le cose che dice Scilipoti (pseudonazionaliste pseudocattoliche e omofobe) le hanno dette prima di lui molti altri. E di passaggi comodi comodi in cerca di poltrone se ne vedono dalla notte dei tempi. Se Scilipoti avesse avuto, per dire, l’aspetto fisico di Pier Ferdinando Casini, sarebbe lo stesso Scilipoti? Mi sa di no. Lo dimostra il fatto che Razzi ad esempio, che ha fatto dichiarazioni ben più gravi e imbarazzanti, sia rimasto lì nell’ombra, insieme alla torma di molti cosiddetti responsabili.
E’ indecoroso per un giornalista (televisivo o della carta stampata) tirar fuori l’argomento Scilipoti per accattivarsi una parte del pubblico. Veramente indecoroso.
Ed è assurdo come grazie a una moltitudine di comportamenti indecorosi, Scilipoti sia diventato uno pseudo-leader (praticamente solo grazie a queste uscite e alla popolarità che ne è derivata). Roba da matti.