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l’ortodossia del negazionismo
Mi domando cosa abbia convinto Saviano che, così come oggi scrive su Repubblica (qui),
«negli ultimi venti anni non è successo niente per il Paese.
Non una delle riforme promesse nel 1994 e che avrebbero contribuito a scongiurare la crisi che ora l’Italia sta vivendo, è stata fatta».
Niente?
Niente in che senso?
Com’è possibile che lungo le linee rette del pensiero dominante si stia facendo strada un’interpretazione così profondamente riduzionista (se non addirittura negazionista!) del ventennio berlusconiano?
Vado a memoria.
Le impronte ai rom.
I superpoteri ai sindaci.
La legge 40 sull(‘impedimento dell)a fecondazione assistita.
I permessi di soggiorno a punti.
Il reato di clandestinità.
La conclusione di accordi sindacali separati.
L’esclusione dalle fabbriche dei sindacati «scomodi».
La vicenda Alitalia.
La sanzione penale per chi vìola i cantieri Tav.
La proposta di bordelli condominiali.
L’orrore della cosiddetta «riforma federalista» dello Stato (di cui tutti, ora fingono di dimenticarsi).
Non sono tutte leggi, e su alcune è intervenuta la Consulta, sì.
Ma quel che dalla «promessa» di queste leggi e di questi cambiamenti è nato è infinitamente superiore al loro potere strettamente normativo.
Se ora sentiamo dire che il diritto di voto ce lo dobbiamo guadagnare dimostrando di esserne degni; se ora leggiamo che (l’ha fatto anche l’altro giorno Serra (vedi qui, grazie a Triskel)
l’uomo più ricco d’Italia, che ebbe la tessera P2 numero 1816 e per quasi vent’anni é stato applaudito dai confindustriali come colui che finalmente avrebbe messo in mora la politica rimpiazzandola con le scoppiettanti categorie dell’aziendalismo [ha avuto come r]isultati in diciassette anni: zero
è proprio perché l’azione di Berlusconi – preparata da processi storici che gli preesistevano, certo – è stata così fortemente radicale e profonda da farci perdere perfino la coscienza di quanto – e in quale univoca direzione – sia cambiato questo Paese nei quasi vent’anni del suo «regno».
Sostiene ancora Saviano:
«Non la riforma della giustizia, non quella delle pensioni, nessuna prospettiva per le nuove generazioni vittime, viceversa, di una nefasta deregolamentazione del mercato del lavoro che ha portato con sé una precarizzazione finalizzata solo a favorire le aziende, legittimate ad adottare un sistema di sfruttamento dei lavoratori, che non prevede alcuno spazio per la formazione».
Mi domandavo chi, secondo Saviano, potrebbe aver portato alla «nefasta deregolamentazione del mercato del lavoro», che di per se stessa – anche in mancanza di qualunque altra cosa – giustificherebbe ben altre accuse che quella di «immobilismo» che egli rivolge a Berlusconi.
Il fatto che la «riforma della giustizia» «promessa» (quasi che il problema sia l’inaffidabilità…) non sia stata fatta è un peccato? (E comunque lui le leggi le ha fatte, è la Consulta che ha detto no).
La «riforma» delle pensioni «promessa» non è stata fatta (ed è un peccato?).
E – di nuovo – la «nefasta deregolamentazione del mercato» che ha precarizzato «le nuove generazioni» s’è fatta da sola?
Saviano sta dicendo che se Berlusconi avesse attuato il suo programma, avrebbe contribuito a scongiurare la crisi.
Lo crede veramente?
E se lo crede veramente, quanti con lui?
La sua, dunque, è la critica di chi quelle «riforme promesse» le avrebbe volute ed è deluso dal non averle viste realizzate?
Come Serra, che dimentica completamente che – in effetti – una delle fondamentali sopravvivenze ideologiche legittimate dal berlusconismo in poi è veramente quella dell’aziendalismo?
E poi.
Quando Saviano parla della
[…] precarizzazione finalizzata solo a favorire le aziende, legittimate ad adottare un sistema di sfruttamento dei lavoratori, che non prevede alcuno spazio per la formazione,
dice, insomma, che:
– il sistema di sfruttamento dei lavoratori (soggetto);
– non prevede (predicato verbale);
– alcuno spazio per la formazione (complemento oggetto).
E la gerarchizzazione logica a me sembra la seguente:
a) precarizzazione;
b) sfruttamento;
c) assenza di formazione.
Mi domando: se prevedesse o avesse previsto spazio per la formazione, il sistema di sfruttamento dei lavoratori sarebbe stato anche in dose minima più accettabile?
In altre parole: sta dicendo che lo sfruttamento non sarebbe per forza suffucientemente male in sé, se non fosse che procede accoppiato col disinteresse alla formazione del lavoratore?
In un altro punto dell’articolo, sempre Saviano dice che
Il sogno liberale è divenuto un incubo di “lacci e lacciuoli”, quelli dai quali prometteva di liberare gli italiani e che invece ha solo contribuito a stringere più forte, come in una morsa.
«Lacci e lacciuoli» è una locuzione ben contrassegnata da un alone ideologico: non è invocabile in nome e per conto del – facciamo – «popolo», ma è indubitabilmente (né mi risulta che politicamente ne sia stato fatto un altro uso) invocata dalle aziende.
Che ora Saviano dica che siamo stretti da lacci e lacciuoli tutti quanti mi pare un’affermazione quantomeno ambigua, che meriterebbe qualche argomentazione in più.
E comunque, davvero: mi sfugge come sia possibile ricorrere a una lettura del cosiddetto «mercato» del lavoro (ma anche questa definizione significa qualcosa) che accomuna la categoria dello sfruttamento a quella della formazione senza cogliere che il corno della «formazione» è parte del sistema di parole, sensi e ideologia del berlusconismo, della retorica della managerialità e delle «risorse umane».
Quel berlusconismo che si accusa – da sinistra? – di non essere stato abbastanza incisivo, eppure ha completamente deformato il nostro lessico e i nostri significati.
Quelli di coloro che negli anni Novanta non erano nella fase della lallazione, ovviamente.
Federica, scrivi: “Niente?
Niente in che senso?
Com’è possibile che lungo le linee rette del pensiero dominante si stia facendo strada un’interpretazione così profondamente riduzionista (se non addirittura negazionista!) del ventennio berlusconiano?” Però Saviano non scrive “non è successo niente”, ma “non è successo niente per il Paese”. E cioè che le cose che sono state fatte non sono state fatte “per” il Paese. Ma, è la sua tesi, contro il Paese. Si può discutere se sia vero o falso, ma qui mi sembra che l’accusa di riduzionismo (o negazionismo) non calzi a perfezione.
Così nel secondo stralcio “Non la riforma della giustizia, non quella delle pensioni, nessuna prospettiva …etc” a me sembra si dica proprio che Silvio Berlusconi non ha fatto niente per il Paese, l’immobilismo si riferisce a questo. Con ciò non mi pare che Saviano neghi l’esistenza di quei provvedimenti che tu hai ricordato.
Anche a me sembra comunque che il pezzo rimescoli una serie di espressioni ricorrenti nei giornali come per creare un clima familiare di già detto, come è nello stile di Repubblica, e facendo questo rimane invischiato nelle retoriche berlusconiane da cui quelle espressioni sono venute fuori, forse Saviano legge con troppa attenzione il giornale per cui scrive.
Non credo, Daniele, che la critica di Saviano intendesse significare esclusivamente che tutto ciò che Berlusconi ha fatto è stato per se stesso e non per il Paese.
Parla di “immobilismo”.
Se le cose sono state fatte “contro” il Paese, comunque sono state fatte; e di immobilismo già non si può più parlare.
Quanto al fatto che non è stata fatta la riforma della giustizia (ma solo – secondo la tua interpretazione – una serie di leggi che, cassate o no, servivano esclusivamente agli interessi personali di Berlusconi), anche in questo caso dissento da te: se, infatti, si rimprovera a colpa di berlusconi il fatto di non aver fatto la riforma promessa si intende che quella riforma andava fatta; e che eventualmente, seguendo il tuo ragionamento, quel che invece ha fatto è stata solo una sequela di provvedimenti non organici fra loro come una riforma.
Ma dire che Berlusconi non ha mantenuto le promesse è come dire che Berlusconi non è stato abbastanza Berlusconi; è come dire che se le avesse fatte noi non avremmo di che lamentarci?
Sinceramente mi sento un po’ in imbarazzo a ragionare dell’interpretazione autentica del pezzo di Saviano. Però, Federica, Saviano scrive proprio che “tutto ciò che Berlusconi ha fatto è stato per se stesso e non per il Paese”. Scrive che “esiste una parola per descrivere ciò che il governo Berlusconi è stato per l’Italia”, immobilismo, ovvero “Negli ultimi venti anni non è successo niente per il Paese.” E più avanti aggiunge “Nessuna legge per l’Italia, solo leggi per lui.” Per cui è chiaro che l’immobilismo riguarda le “grandi riforme” promesse (non le piccole e medie malefatte che sono sicuramente da imputargli), a quanto pare salutate positivamente da Saviano, non saprei quali e con quali contenuti specifici, l’articolo non ne parla nel dettaglio.
Vorrei precisare che non ho niente a che spartire con il contenuto e la forma di quell’articolo. Non condivido però, questa volta, la sostanza della tua critica. Cioè a me sembra che gli errori logici che tu hai riportato siano bene o male risolti e riassorbiti nel discorso di Saviano, come spesso accade nei discorsi che non hanno la pretesa di un’analisi scientifica. Per quanto riguarda l’uso un po’ disinvolto di parole ricorrenti nel linguaggio parlato nei media, ho scritto prima come la penso. Non mi pare però che in questo caso l’imprecisione del linguaggio riguardi direttamente il berlusconismo. Forse una disattenzione o una disinvoltura del singolo. Nella mia opinione, ovviamente. 🙂
Daniele, ti ho già risposto.
Gli errori logici non sono riassorbiti nel discorso di Saviano; tant’è vero che lui non è da solo: quest’idea che Berlusconi NON abbia fatto, non abbia fatto ABBASTANZA, o non abbia fatta quel che ha promesso, sta diventando piuttosto ripetuta, in ambienti consimili.
1.Dice «niente per il Paese».
Se volesse dire «tutto contro il Paese», comunque non si potrebbe parlare di immobilismo perché avere reso un Paese razzista, intollerante, feroce e culturalmente arretrato (mica da solo, per carità) è qualcosa che a me pare molto diverso dall’immobilismo. Se poi a Saviano sembra che queste cose siano niente, beh, io ho da dire anche su questo.
2. Accusare Berlusconi di non aver fatto le riforme promesse dovrebbe essere qualcosa della quale si fa carico chi, dalla sua parte, abbia da rimproverargli di aver deluso le sue attese.
Se io non condivido le idee di Berlusconi sulla cosiddetta «riforma» della giustizia, sono solo contenta che lui non sia riuscito a condurla completamente in porto, e mai mi sognerò di rimproverargli di non aver tenuto fede a una promessa.
Chi non è berlusconiano è relativamente soddisfatto della circostanza che non tutte le «promesse» siano state onorate: non ti pare?
E infine: dire che il quasi ventennio di Berlusconi è stato caratterizzato da immobilismo è – per come la vedo io, per i motivi spiegati più volte sopra – effettivo riduzionismo, se non negazionismo.
Non puoi dimenticare che nell’attacco del pezzo c’è scritto che
«non una delle riforme promesse nel 1994 e che avrebbero contribuito a scongiurare la crisi che ora l’Italia sta vivendo, è stata fatta».
Porta pazienza, Daniele: secondo te cosa può voler dire?
Secondo me una cosa sola.
Esistono delle riforme promesse nel 1994.
Quelle promesse sarebbero state – per me che scrivo, cioè per RS – senz’altro positive, perché avrebberp contribuito a scongiurare la crisi che ora l’Italia sta vivendo.
Dunque: di cosa sto «accusando» Berlusconi?
Di non aver portato a compimento il suo programma.
Dunque, a me – RS – quel programma piaceva.
E a tal punto mi dispiace che non l’abbia completato, dedicandosi solo a fare cose contro il Paese (che poi: che cazzo di categoria è, da intellettuale, «per il Paese» o «contro il Paese»? Dai: son cose da Bersani, da Fini…), da sostenere che il suo ventennio sia stato caratterizzato da immobilismo.
E perché parli di analisi scientifica?
Il rigore è necessario. Perché dovrei accontentarmi di contraddizioni «bene o male» abbastanza riassorbite nel discorso?
No, capperi: sta dicendo cose importanti.
Sta dicendo cose importanti su cui non sono d’accordo.
Scusa Federica, il punto 1:
L’ho scritto, non condivido molto del contenuto e soprattutto della forma di quell’articolo, quindi su parecchie cose mi trovi d’accordo.
Tuttavia, se io cerco il significato di immobilismo nel dizionario Treccani trovo scritto questo:
“Nel linguaggio polit., con sfumatura polemica, atteggiamento, da parte di un governo, di staticità, di resistenza passiva, di opposizione di fatto, anche se non programmata, nei riguardi delle possibili soluzioni progressive o comunque profondamente innovatrici dei problemi politici, soprattutto nel campo della politica estera e sociale; in campo economico, assenza di provvedimenti capaci di mutare una situazione e di realizzare progressi tecnici che permettano di ridurre i costi e aumentare la produzione. Per estens., mancanza di iniziativa, tendenza a mantenere immutato uno stato di cose, opponendosi a ogni novità o trasformazione.”
In senso stretto immobilismo non significa non produrre alcune legge, non far nulla ma: atteggiamento di staticità, resistenza passiva, opposizione di fatto … nei riguardi delle possibili soluzioni progressive o comunque profondamente innovatrici dei problemi politici”. E non c’è dubbio che, per molti versi, questo governo può esser accusato di immobilismo.
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Sono d’accordo con te sul fatto che Berlusconi abbia contribuito a rendere l’Italia un Paese razzista, intollerante, feroce e culturalmente arretrato. Con questo però non significa che qualcuno non possa accusare Berlusconi e il suo governo di immobilismo, cioè di resistenza a produrre cambiamenti sostanziali e reali, che aveva promesso ai suoi elettori: vuoi per interessi personali, di lobby, vuoi per diverse ragioni economiche politiche e, diciamo così, logiche come l’insanabile contraddizione di un movimento politico bifronte, una faccia da liberismo e l’altra faccia da socialismo.
E l’accusa di Saviano (un luogo comune veramente, ma non per questo privo di fondamento) è proprio quella di non aver fatto nulla per il Paese (e molto per sè e le proprie aziende) e di non aver mantenuto le cosiddette “promesse”.
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Tra le “promesse” (e questo è in risposta al tuo punto 2), ci sono:
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– Abbattimento della pressione fiscale:
con l’esenzione totale dei redditi fino a 22 milioni di lire annui;
con la riduzione al 23% per i redditi fino a 200 milioni di lire annui;
con la riduzione al 33% per i redditi sopra i 200 milioni di lire annui;
con l’abolizione della tassa di successione e della tassa sulle donazioni.
– Attuazione del “Piano per la difesa dei cittadini e la prevenzione dei crimini” che prevede tra l’altro l’introduzione dell’istituto del “poliziotto o carabiniere o vigile di quartiere” nelle città, con un risultato di una forte riduzione del numero dei reati rispetto agli attuali 3 milioni.
– Innalzamento delle pensioni minime ad almeno 1 milione di lire al mese.
– Dimezzamento dell’attuale tasso di disoccupazione con la creazione di almeno 1 milione e mezzo di posti di lavoro.
– Apertura dei cantieri per almeno il 40% degli investimenti previsti dal “Piano decennale per le Grandi Opere” considerate di emergenza e comprendente strade, autostrade, metropolitane, ferrovie, reti idriche, e opere idro-geologiche per la difesa dalle alluvioni.
(Da qui)
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Federica, ammetterai che queste “promesse” non sono mica tutte da scartare. Ad esempio l’innalzamento delle pensioni minime e la creazione di un milione di posti di lavoro (non si sa se piangere o ridere a rileggerlo, ma vabbè) non sono delle “promesse” irricevibili. Anche chi dice di stare dall’altra parte rispetto al berlusconismo, come Saviano, avrebbe potuto ritenerne positivo il mantenimento. E quindi ora potrebbe rimarcare il fatto che non sono state mantenute. Senza che per questo lo si accusi di essersi mescolato culturalmente al berlusconismo.
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Non scrivo tutto questo per difendere a tutti i costi Saviano, per carità, dall’ultima discussione avuta qui (in cui probabilmente ho sbagliato toni e parole) ne ha combinate delle belle ed è diventato molto meno difendibile. Solo non condivido quelle critiche per le ragioni che ho scritto. Mia opinione, motivata ma pur sempre di uno che non conta nulla.
Se è per questo, Daniele, non conto nulla nemmeno io.
Continuo a non essere d’accordo, però. E un pochino d’impressione che tu voglia difendere Saviano a tutti i costi io ce l’ho…
😉
Ciao
C’è una “Sinistra” che adora Monti e Montezzemolo, si tiene in casa Colaninno e fa la corte a Della Valle. De Benedetti ha sempre la tessera n° 1 e poi si stupisce di Saviano? La differenza fra destra e sinistra è ormai limitata alle banche di riferimento.