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pochi bocciati, occheppeccatone
Lo so, ne aveva già scritto (per esempio, qui) Repubblica.
Scrive oggi il Corriere, qui:
[…] quanto si temeva è stato confermato: addio severità, il numero dei bocciati nelle scuole superiori diminuisce sensibilmente.
Qualcuno mi spieghi per quale motivo io dovrei essere contenta che alle superiori si boccia di più, quando l’invocata «severità» dovrebbe misurarsi su parametri che nessuno mi spiega. Io potrei anche non condividerli… O è vietato?
Può, la «severità», essere un valore in sé?
Come l’«unità a tutti i costi» anche se non so con chi e per fare che, o il «dialogo» con persone con cui non ho la minima intenzione di parlare?
È ancora consentito avere la curiosità di sapere se l’invocata «severità» non sia uno strumento classista? O è una curiosità di troppo?
L’uso ideologico di nuove parole d’ordine ha creato un nuovo senso comune contro il quale non ci sono altre armi se non lo spirito critico.
Ma quello non te lo insegnano più nemmeno a scuola.
E quale severità vuoi invocare, a questo punto?
Quella dell’eseguire gli ordini a puntino?
Non so allontanare da me il sospetto che qualunque sia l’argomento, qualunque sia la conclusione alla quale un pezzo indirizza, l’obiettivo essenziale del momento sia sparare addosso al governo. E basta.
Post scriptum.
Mi pare curioso che nessuno si faccia venire questo dubbio: e se i promossi «in eccesso» rispetto alle stime dei Nostri avessero veramente meritato la promozione?
perfettamente d’accordo. Tra l’altro, senza renderesene conto, questi ‘oppositori’ del ministro sposano la stessa ideologia secondo cui il miglior indice della severita’ della scuola e’ dato dal numero di bocciature. Non da una valutazione della bravura degli studenti, delle loro capacita’: perche’ quelle in effetti sono davvero difficili da misurare. Mi verrebbe da chiedere: ma quanti esattamente vanno bocciati? Il cinque per cento in piu’ ogni anno? O forse il dieci, il cinquanta per cento? O forse bisogna bocciarli tutti.
è la gara di chi è più cattivo, facendolo passare per esser il più buono (quello che fa il bene).
al solito, parole d’ordine e vagoni di sottotracce che ci rendono sempre più incapaci di stare nel complesso.
Ed il libro, Federica, mi è piaciuto davvero…
v
Grazie, Vittorio.
Tengo al tuo giudizio.
A proposito di percentuali, avete presente la demenziale proposta di Brunetta per premiare il merito nel settore pubblico (“nuovi criteri generali sull’ordinamente degli uffici e dei servizi” nell’ambito del cosiddetto Decreto Brunetta – Dlgs 150/2009)?
Esso (approvato dagli enti locali nel 2010) stabilisce:
In ogni amministrazione viene costituito un Organismo indipendente di valutazione della performance, che, sulla base dei livelli di performance attribuiti ai valutati, compila una graduatoria delle valutazioni individuali del personale.
Con questa graduatoria:
a) il venticinque per cento del personale è collocato nella fascia di merito alta, alla quale corrisponde l’attribuzione del cinquanta per cento delle risorse destinate al salario accessorio collegato alla performance individuale;
b) il cinquanta per cento è collocato nella fascia di merito intermedia, alla quale corrisponde l’attribuzione del cinquanta per cento delle risorse destinate al trattamento accessorio collegato alla performance individuale;
c)il restante venticinque per cento è collocato nella fascia di merito bassa, alla quale non corrisponde l’attribuzione di alcun trattamento accessorio collegato alla performance individuale.
d)Sono previste deroghe alla percentuale del venticinque per cento in misura non superiore a cinque punti percentuali in aumento o in diminuzione, con corrispondente variazione compensativa delle percentuali.
Capite? Il merito non è una questione individuale od organizzativa, ma meramente percentile. Un quarto del mondo è bravo, la metà mediocre e un quarto fannullone. My God.