Tags
Related Posts
Share This
la arcuri e le altre
Me ne sono dovuta occupare per lavoro, ma ho cercato di farlo come se la cosa non mi riguardasse da vicino.
Un senso di autoprotezione, forse; o un rifiuto di guardare alle cose nel modo in cui me le stavano presentando, magari, in attesa di avere gli occhi liberi e puliti per poterle guardare come sembrava a me.
Parlo delle intercettazioni delle telefonate di Berlusconi. Parlo delle ragazze che si dovevano vestire di nero, con un vestitino che – sublime ironia – Tarantini definiva «sobrio», come se andare là, a quelle cene, non fosse un’azione che già in se stessa la soglia della sobrietà l’aveva superata anche se a parteciparvi fossero stati uomini e donne con un camice bianco.
Manuela Arcuri – abbiamo letto tutti – ha rifiutato di prostituirsi a Berlusconi.
C’è gente, in giro, che ora pensa che in lei brilli la luce della specchiata moralità che ha invece abbandonato le altre ragazze, quelle che andavano a casa di Berlusconi sapendo che gli si sarebbero date.
Manuela Arcuri è stata a pranzo e a cena da Berlusconi.
«Ricevimenti conviviali», pare che li abbia definiti. Niente sesso.
Sì.
Va bene.
Niente sesso.
Io, però, ho una domanda: Manuela Arcuri pensava che Berlusconi la invitasse a pranzo o a cena per chiederle un’opinione su come va il mondo? Credeva che la chiamasse per motivi diversi dal tipo di corpo su cui si regge il suo volto?
Faccio la domanda in un altro modo: poteva, la Arcuri, ignorare il tipo di sguardi da cui sarebbe stata toccata in quelle cene?
Certo. Niente sesso.
Ma cos’è che veramente crea la compromissione?
Solo il concedersi fisicamente a un uomo potente che ti paga?
Non c’è un elemento di acquiescenza all’«aria che tira» anche nel concedersi a una logica che fa di te uno strumento indifferenziato di piacere o di decorazione?
Basse, magre, capelli lunghi e sciolti, tubini neri: è come la scelta di un mobile per il salotto.
Quando un essere umano è considerato un mobile, perché si dia una sopraffazione ai suoi danni è veramente così cruciale che il mobile venga utilizzato?
E quando un essere umano accetta di essere considerato un tavolino tornito, il fatto che poi proibisca a chi l’ha reso un tavolino di appoggiarci sopra un bicchiere di whisky fa veramente la differenza?
Post scriptum: leggo ora qui che Tarantini ha sostenuto – se le trascrizioni dicono il vero – che la Arcuri era troppo volgare per la raffinatezza di un uomo come Berlusconi. E che lui, il Sire, gli ha risposto «meno male che non è stata qui, perché sennò mi sarei sentito imbarazzato di essere andato con una t… così. Vabbè: cancellata».
Immagino che «t» coi puntini non sia un complimento.
Mi sembra un distinguo interessante.
Eh sì, l’idolo del web di ieri trattava sul menage a trois, che santa donna.
Ciao, Luca.
Però io non credo che il problema sia la santità, o il rifiuto del menage a trois.
Per quel che mi riguarda, chiunque può fare quel che gli va, purché senza sopraffazione. Il fatto è che non sono sicura che ci sia una differenza fra il rendersi oggetto e farsi usare e il rendersi oggetto e il non farsi usare.
Resta che ci si rende oggetto, che si accetta un’idea di sé come oggetto.
Che se ne tragga o no profitto, non fa differenza, perché l’oggetto – usato o no che sia – ha comunque un «valore di mercato».
Sì certo, è proprio quello che mi irrita ,è l’automercificazione vanesia, è l’adesione alla servitù, è il dire di sì ad un machista anni 50 che ti reifica e se ne vanta.
T era per Tapina (o Topina?)
così fan tutte, a livelli bassi e alti (?)
è sempre e comunque una questione di etica profonda: come ti comporti col capo branco che poi ti chiama t.
sento un profondo malessere, come donna
è una questione di buon gusto che ormai in italia manca, come diceva iersera scheneider dalla gruber
Eh… Io ho scritto l’ultimo appello qui, agli uomini: http://cdv.splinder.com/post/25558316/a-conti-fatti Perché quell’individuo si è pur definito “il sogno degli italiani” e, se la parte maschile di questi ultimi non si ribella apertamente, se ne deve dedurre che… Omissis (diventerei anch’io volgare).
Daniela, io penso che il punto sia politico, e non morale.
Berlusconi va bene in quanto va bene la sua politica.
La ribellione, in casi come questi, si fa quando si va a votare, temo: non con le manifestazioni.
Cosa me ne faccio, di un uomo che urla il suo disgusto contro Berlusconi in piazza e poi, però, lo vota?