storie a 80 all’ora

Gli irlandesi sono un po’ pazzi.
Prendiamo i limiti di velocità, per esempio.
La strada che porta a questo bed and breakfast è così stretta che il problema di tenere la sinistra neanche si pone, perché ci passa una macchina sola
Ecco.
Lì c’è il limite degli ottanta all’ora.

Un giorno giuro che provo a farla agli ottanta.
Ricordatevi che voglio essere cremata.

Ultimissime dal festival di Listowel.
Stasera al ristorante Jimmy Deenihan, il ministro della Cultura (anche qui il ministro della Cultura è stato, prima, ministro dell’Agricoltura), si è avvicinato a me e alla Francesca e ha detto «Hello, how are you?». Si ricordava di averci visto alla cerimonia di apertura, probabilmente.

A tavola avevamo vicino il poeta Harry Clifton – che è anche vissuto in Italia – e ha speso un po’ di tempo a chiacchierare con noi del più e del meno, insieme a una psicologa dell’università di Galway.

Oggi pomeriggio in libreria John Connolly ci ha visto e ha detto «Ehi, ciao. Grazie per essere rimaste fino in fondo, ieri, alla mia conferenza». (Una conferenza bellissima sulla crime novel).
Ieri pomeriggio dico a John Lynch che mi ricordavo che la madre era italiana e lui mi guarda e fa «ah, sì, mi pareva che la tua fosse un’aria familiare».

Va bene: saranno marpionazzi abituati chi a sedurre, chi a prender voti e chi a recitare. Però danno veramente l’impressione che le persone con cui parlano siano persone, e non ologrammi o immaginette.
Questa cosa è molto sorprendente per chiunque abbia avuto a che fare, in Italia, con gente che scrive; o con gente – come dire? – di potere.

Tra l’altro, Neil Jordan – mica pizza e fichi: il fratello di Giulio Mozzi in persona, separati alla nascita – ha tenuto ieri il suo reading in una sala che aveva il nome pomposo di Plaza, ma in realtà è una specie di sala parrocchiale che puzza di muffa e la domenica sera viene data al gruppo anziani per farci il bingo.

E insomma, c’è questa cosa che agli irlandesi piace raccontare.
A loro piacciono le storie.
Stasera sono andata a sentire Gerry O’Carroll, il primo poliziotto irlandese a portare un’arma, attivo dagli anni dei Troubles, undicesimo di quindici figli a cui il padre diceva «studiare vi darà la libertà», autore di libri, giornalista, e anche consulente in un film hollywoodiano con Jon Voight, che interpretava proprio Gerry.

Quante storie. Di quando raccolse i cadaveri di due bambini (s’è messo a piangere), di quando parlò con il tal serial killer, di quando andò dal sergente e quello gli disse che così e così, di quando sua moglie gli disse, e di quando a Dublino successe.

Stamattina abbiamo fatto il tour letterario di Listowel («Ogni abitante di Listowel», ha detto Gerry, «sogna da piccolo di diventare scrittore»), e la nostra guida Vincent ci raccontava le storie della cuoca della Casa Bianca che abitava lì in Upper Market street, e di Tizio che affittò la casa, là, e di questo tale qui e di quel tale là.

A fare il giro dei luoghi letterari di Listowel (cimitero compreso, non so se mi spiego) c’erano parecchie persone di una certa età. Una signora di Dublino mi ha chiesto da dove venivo. Lei era qui non perché sia una scrittrice, mi ha detto, ma perché le piace la letteratura.
C’erano tiponzi strani, con cappelli giganti turchesi. Una donna coi capelli grigio-gialli e la bocca col rossetto spalmato ben oltre i confini delle labbra, tipo quando mangi la Nutella a quattro palmenti, da sola in casa, senza che nessuno ti veda, e la cioccolata ti resta tutta intorno e sui denti.
Una super-gnocca, come.
Icona di raffinatezza con salamino a nord del calzone.

Storie, storie, storie.
Mica pippe barocche sulla lingua e sul respiro petrarchesco del fraseggio.

Stamattina a colazione, ecco spuntare una coppia di americani della Florida. Lei abbastanza carina, lui un panzacchione di mezz’età. La figlia ha vissuto due anni in Italia, con marito e figli. Zona Firenze; cioè: Impruneta, lassù in collina, oh yeah. Non Sesto San Giovanni nord, come.
Dico: «Ma lavorava?».
«Oh, no. She studied».
No.
Niente lavoro.
Studied, she.
Ah.
Cosa?
«Come fare il vino… Come cucinare… Tre mesi di arte, anche».
Ah.
Sì.
Arte.
Non lavorava.

Che culo che c’hanno certi americani.
E anche non americani.
Magari, boh, si chiamavano Kennedy. Chi lo sa.

Mentre mangiavamo, in giardino è passato un pavone.
Dietro di lui c’era il mare; o meglio: la foce dello Shannon.
Siamo qui, noi. A pochi minuti da qui si prende il traghetto degli Shannon Ferries.

Storie, storie.
Mi viene in mente mio nonno coi suoi racconti sull’Argentina e qualunque altra cosa.
I pranzi fino alle cinque del pomeriggio, per ascoltarlo.
Cosa sono i libri, senza le storie?