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polemica ammazza-notizia
Ma perché scrivere un pezzo di giornale, se poi da quel pezzo di giornale non si capisce come sono andate le cose?
Per dare l’idea che comunque un titolo c’era?
Ho provato a leggere questo pezzo più volte, e non ho capito niente.
D’altra parte, il titolo non è che dice che i test Invalsi sono sbagliati.
Dice che c’è «polemica» sul fatto che possano essere sbagliati.
Insomma.
L’errore c’è o no?
Non si capisce.
E il comunicato del ministero è sensazionale: i fascicoli
«non contenevano alcun errore e la griglia di correzione delle prove e di attribuzione del voto è corretta. L’unico inconveniente che si è verificato, davvero marginale, riguarda il programma della maschera elettronica per la traduzione del punteggio in voto, fornita dall’Invalsi come strumento sostitutivo dei calcoli manuali che, per alcuni particolarissimi casi, effettuava un calcolo non del tutto corretto (si tratta di un coincidenza rarissima in termini statistici)».
Non sono pertanto richieste agli insegnanti attività ulteriori per la correzione, già effettuata, delle prove. Qualcuno vuole montare un caso che è privo di fondamento e che non ha provocato nessun disguido».
Non solo non si sa se gli errori c’erano, erano pochi, erano minimi, o non c’erano affatto. Ma non si sa nemmeno se gli errori che forse neanche c’erano hanno o non creato disguidi.
A cosa serve, allora, questo pezzo?
Forse a fare dire ai seguaci della Gelmini e di Berlusconi «ah, il solito polverone sul niente!», e agli avversari del governo «ah, il solito casino della Gelmini».
Quando c’è la «polemica», manca la notizia.
È quasi sempre così.
O se anche c’è – la notizia, dico – c’è una notizia che non si capisce, perché nessuno si sente in dovere di chiarirla.
Tanto, c’è la polemica.
Cosa la chiarisco a fare, no?
(Senza contare che questa cosa delle «valutazioni» e della «meritocrazia» mi sembra un delirio).
Sommando tre testimonianze dirette e dettagliate raccolte ieri; e avendo io per ragioni mie professionali un minimo di confidenza sia con le prove Invalsi in sé sia con i sistemi informatizzati di calcolo delle prestazioni; mi pare che il comunicato del ministero dica il vero. Mentre non dice il vero la Gilda quando sostiene che gli insegnanti sono stati “costretti a ripetere tutto il lavoro”.
Certo: il ministero minimizza. Dice che “non sono pertanto [state] richieste agli insegnanti attività ulteriori per la correzione, già effettuata, delle prove”, tralasciando che forse in un po’ di scuole sono impazziti per il calcolo automatico dei voti. Se è vero che solo in qualche caso il voto finale era influenzato dall’errore, è vero anche – se ho capito bene – che per scovare i pochissimi risultati falsati era necessario ricalcolarli tutti.
Questo per la sostanza.
Quanto all’articolo del “Corriere”, è effettivamente un capolavoro (nel suo genere).