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il catalogo delle donne smarrite
Un mantello lungo, una lunghissima gonna a pieghe.
Una faccia segnata da rughe vicinissime, uno sguardo che non vede, e parole al vento, e piccole pagine ingiallite in mano.
È una mia ex compagna di liceo, non di classe, però. Figlia di famiglia cospicua.
Forse aveva qualche anno meno di me.
L’ho vista oggi.
L’avevo vista mesi fa parlare e parlare e girarsi sui tacchi, e parlare animatamente ancora. Pensavo avesse un auricolare.
No.
Parlava all’aria, al vuoto, al niente.
E un’altra.
Non la vedevo da molti anni.
La rivedo tempo fa per strada.
Piange. Mi racconta cose che non posso capire perché mi mancano troppe puntate: «Sai cosa mi ha detto quello là?», mi domanda.
Io non so chi è «quello là».
Lei puzza di alcool.
Ha lasciato il lavoro.
E un’altra.
L’ho incontrata una volta al pronto soccorso.
Trascurata, sola.
Da ragazzina si sentiva molto bella, i suoi bei capelli lunghi erano un formidabile strumento di seduzione, perfino sproporzionato rispetto all’età; utilizzato con eccessi di incoerente maestria, come i tacchi a spillo che portava sotto i quilt.
È stata a lungo all’estero, è tornata. Non ha lavoro.
E un’altra.
Cara, carissima. Dolce.
Vista un paio d’anni fa per caso.
Ha avuto qualche problema, non è riuscita a concepire un figlio. Lo diceva con grande dolore.
E un’altra.
Brillante, bellissima.
Vista di recente.
Ha avuto un figlio giovanissima, lasciando gli studi.
Assiste le persone che non possono badare a se stesse, mi pare.
E un’altra.
È stata uccisa dal marito (che era in classe con lei), come i loro tre bambini.
E un’altra.
Splendida. Alta, longilinea.
Non posso definirla di eccezionale intelligenza, ma splendida sì.
Sola.
E un’altra.
Di famiglia ricca; lavoro che rende bene.
Lei carina, ma tragicamente stupida; una pena.
Tempo fa, mi capita di fare una ricerca su di lei. È iscritta a uno di quei siti in cui si cerca compagnia.
E un’altra.
Sola.
A caccia di uomini.
Penosamente e improduttivamente seduttiva con chiunque; brutti, belli, medi, gobbi, dritti, scemi, interessanti.
Una cosa così patetica da farmi vergognare se le sto accanto.
Ma cos’è successo alle donne che sono state ragazze quando sono stata ragazza io?
Quale appoggio abbiamo mancato?
Dov’è che è scivolato il nostro piede?
Non siamo tutte così, certo.
E magari le situazioni che a me stringono il cuore non sono vissute con malinconia da chi ci naviga dentro.
Ma lo stesso: cos’è successo?
Cos’è passato addosso a donne per le quali per la politica era già troppo tardi, niente 68, niente 77, e per il riflusso era troppo presto?
mi dai da pensare. pensare agli uomini della mia generazione, a me, che non li frequento perchè mi sembrano vecchi -eppure…, adagiati, in perenne attesa di un gran premio. ho pensato spesso a questa cosa delle date: nel 68 avevamo due anni, niente rivolte al nido, anche se sessualmente ce la spassavamo, ancora indecisi rispetto all’amore, ma ben consapevoli dove desse gusto toccare; nel 1977 ci avevo l’esame di quinta ed al liceo di fianco tiravano i libri dalle finestre e le magistrali di fronte le avevano occupate, poi a Bologna hanno ucciso un ragazzo che era stato nel mio gruppo scout e tutti erano tristi ed alcuni capi (tipo Bagheera) se ne sono andati; nell’85 finito il liceo, primo anno università, niente ragazzi dell’85; nel 91, pantera, amen, già finita università e già al lavoro ed in procinto di cercare casa; poi forza, poi italia. tutte sfuggite via, le rivolte. ci era rimasto l’impegno, ma quello è complicato.
oddio, si fa, mica non si fa. Però vuoi mettere una bella occupazione, assemblee, notti in sacco a pelo, documenti da redarre, mozioni da presentare, collettivi, lezioni autogestite, espropri proletari, molotov, sassate, nonviolenza..
e così andrò a cercare i miei coetanei, i miei amici. su facebook. abitano tutti lì.
v
(grazie Federica!)