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berlusconismo in pagina e toga (più un annuncio)
Primo dovere del lunedì: segnalare con piacere la nascita, su Scrittori precari, di una rubrica curata da Jacopo Nacci e Matteo Pascoletti. Sono due bestiacce, lo giuro.
La rubrica si intitola «La società dello spettacaaargh!», e – oso immaginare – discuterà di questa cosa sempre più cruciale che va sotto il nome di «società dello spettacaargh».
Come? Non si chiama così?
Ma sì! C’è anche un libro di Debaaargh!
E ora, il post.
Al momento, l’immagine che c’è qui sopra è il titolo di apertura di Repubblica.it.
Un uomo, appena eletto presidente della Corte costituzionale, decide di prendere immediatamente posizione su un tema piuttosto spinoso: i referendum e la possibilità che essi, come chiede il presidente del Consiglio, vengano bloccati.
Repubblica.it coglie l’occasione con lo stesso entusiasmo con cui un bambino di campagna individua e e afferra, arrampicandosi sull’albero, le più belle ciliegie rosse della stagione.
Sembra del tutto poco rilevante il fatto che la Corte costituzionale è un organo collegiale, e che il presidente – fortunatamente – non decide da solo.
Io non so se mi sento tanto rasserenata dal fatto che a far da presidente alla Consulta ci sia un magistrato che, appena gliene viene data la possibilità, risponde ai giornalisti su cose specifiche del suo incarico, e prima ancora di prenderne possesso.
Il batterio della personaggizzazione viaggia con velocità superiore a quello dell’escherichia coli, sembra.
«Questa mia elezione fa giustizia di ogni illazione sulla presunta politicizzazione della corte, che spero cessi».
L’affermazione di Quaranta a me pare in primo luogo contraddittoria: come si può dire che la sua elezione fa giustizia delle illazioni su una «politicizzazione» che egli stesso attesta esistente nel suo augurarsi che finalmente cessi?
Ma in quelle parole vedo anche un azzardo.
Per molti motivi, ma soprattutto perché non si capisce in virtù di quale ragionamento egli si ritenga in condizione di poter credibilmente essere garante per se stesso.
Non dico che non lo sia: dico che non capisco perché un autoapprezzamento debba risultarmi convincente, soprattutto se pronunciato da un uomo che prima ancora di riunirsi coi colleghi decide di dire al paese fin da subito che i referendum si faranno; che ciò su cui la Consulta è chiamata a decidere collegialmente lui, praticamente, l’ha già sostanzialmente deciso da solo.
E la cosa più stramba, francamente, a me pare questa: che anche se il fatto di avere egli parlato con eccesso di precipitazione finisce per rendere meno «istituzionale» la sua figura e giustifica un qualche ragionevole e temperato scetticismo, a Repubblica non par vero di poter titolare con soddisfazione che un giudice «gradito al centrodestra» (vedi sommario del pezzo interno) ha intenzione di fregare Berlusconi.
Non c’è scritto da nessuna parte che avrebbe fatto meglio, forse, a tacere.
Io esagero, e dico che se il presidente della Corte costituzionale avesse detto che il referendum era ancora evitabile Repubblica avrebbe scritto che:
a) è improprio che un giudice si pronunci prima del tempo; e
b) quel giudice era un berlusconiano.
Tra l’altro, dovendo prossimamente presiedere i lavori della Consulta anche in faccende delicate come l’ammissibilità del conflitto tra Camera e magistratura di Milano sul caso per il quale Berlusconi è imputato di prostituzione minorile e di concussione, il conflitto sul caso Mediatrade sollevato da Palazzo Chigi contro i giudici di Milano; e la legittimità di alcuni punti della famigerata e vergognosa legge sulla fecondazione assistita, non è che un giudice «gradito al centrodestra» (notare il pudìco prefisso «centro-») – mi domando – possa eventualmente usare del suo potere quantomeno mediatico per fare qualche sorpresina?
Chiedo scusa ai sommi colleghi di Repubblica se io, come donna, preferisco aspettare che la Corte costituzionale si occupi di questa bazzecola della legge 40 prima di saltellare per l’aia come un’oca soddisfatta.
Chiedo scusa ai sommi colleghi di Repubblica se io, come cittadina, mi domando cosa posso aspettarmi da un presidente di Corte costituzionale che, di fronte a scelte così spinose come quelle a cui la Consulta è attesa, parla coi giornalisti anticipando il proprio parere, come se si trattasse del segretario di un partito politico, avete presente? Parlo di quelle cose che non esistono più…
Che poi.
Se anche fosse il segretario di un partito politico, e parlasse prima – per dire – del direttivo o del congresso, a me le palle girerebbero lo stesso.
Anch’io a una prima lettura ho pensato che quell’affermazione fosse contraddittoria. In realtà credo che il problema sia la sintassi di quel periodo: dal contesto è abbastanza chiaro che è l’illazione (e non la politicizzazione) a dover cessare. Detto questo, condivido tutto il resto.
In effetti il pronome relativo dovrebbe riferirsi all’ultimo termine menzionato…
Geniacci anche da quel punto di vista?
😉
Condivido quel che fai notare. Inoltre, se fossi un componente della Corte Costituzionale sarei profondamente irritato nei confronti del neopresidente.