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tv e scrittori, orgoglio e pregiudizio
Aldo Grasso, qui, fa a pezzettini la D’Urso, e dice:
Per capire dove va la letteratura italiana fissiamo bene la scena. In questa imbarazzante e penosa trasmissione si celebravano i 150 anni dell’unità d’Italia, si evocavano i soliti luoghi comuni fra Nord e Sud, si parlava di altre varie amenità che dovrebbero far scappare a gambe levate ogni essere pensante.
E invece, a fornire un modesto alibi intellettuale, c’erano Giorgio Forattini, Mauro Corona (quello che parla con le piante ma non disdegna le piantane), Chiara Gamberale, Antonio Pennacchi (quattro autori Mondadori) e Fulvio Abbate (opinionista de «Il fatto quotidiano» e di «(ah)iPiroso», ha scritto «Manuale italiano di sopravvivenza. Come fare una televisione monolocale e vivere felici in un paese perduto»).
Poiché i «soliti luoghi comuni fra nord e sud» (minuscolizzo, scusate) son quelli su cui molti autorevoli intellettuali costruiscono i loro pezzi su tutti i maggiori quotidiani nazionali, mi domando se – seguendo la logica di Grasso – questa circostanza non serva a dare un’idea dello stato del giornalismo e della statura dei nostri intellettuali.
Collateralmente, a me piacerebbe tanto che qualcuno mi spiegasse perché dalla D’Urso no e da Fazio sì.
Per carità: vedo benissimo che fra i loro programmi c’è una bella differenza.
Ma veramente qualcuno ritiene in buona fede che il gioco a cui si gioca – dall’una o dall’altra parte – sia così radicalmente diverso?
Perché Coelho che va da Fazio è fico (oppure è fico Fazio che ospita Coelho: è lo stesso), e la D’Urso che invita – insieme ad altri – Corona, la Gamberale, e Pennacchi è sfigata (oppure Corona, la Gamberale e Pennacchi sono sfigati se vanno dalla D’Urso)?
Trovo pure curioso il fatto che Grasso sostenga la rilevanza del fatto che quattro degli ospiti che «sbraitavano» e «cazzeggiavano» fossero autori Mondadori.
Cosa significa? Che se quattro mondadoriani vanno a un programma su La7 o alla trasmissione di Fazio è tutto a posto ma se gli stessi quattro vanno dalla D’Urso su Mediaset allora tutti capiamo in quale stato pietoso versi la nostra letteratura?
credo che la risposta migliore l’abbia data, tempo fa, proprio Fulvio Abbate (ma temo se la sia dimenticata).