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bottegai e leghisti, pulizia etnica a tavola
Ci son momenti in cui una si domanda se questo è un incubo.
Zaia va a mangiare in un ristorante cinese di Padova.
I ristoratori indigeni si infuriano e scrivono a un giornale locale:
«Con perplessità e discutibilità abbiamo mal digerito (cioè, letteralmente, è discutibile il fatto che noi abbiamo mal digerito, ndr) la foto apparsa sul Mattino che ritrae il governatore Zaia con l’amico Marco Hu Lishuang nella serata di Capodanno al ristorante Wok-sushi.
Con quale soddisfazione (soddisfazione?, ndr) il governatore si batte in difesa dei saporiti prodotti veneti?
(…) I prezzi che pratichiamo sono lo specchio dell’equità e dell’onestà. E siamo soggetti agli studi di settore con dei parametri ben definiti per i giusti ricarichi.
(…) Invitiamo poi il Governatore Luca Zaia a frequentare pure i nostri locali.
Assieme al calore familiare e a eleganti tavoli (non striminziti e non self service) (bel complimento all’«amico Marco», ndr) il governatore (tornato minuscolo, ndr) troverà e degusterà vini e cibi con prodotti della nostra meravigliosa agricoltura, di quella terra che è anche la sua, con accattivanti ricette non di importazione».
Un delirio.
Ma la risposta del Governatore – carica inesistente, maiuscola deferente – fa accapponare la pelle.
Cari signori,
ho letto con grande attenzione e con tutto l’affetto dovuto ad una categoria così importante per il Veneto, dal punto di vista identitario, economico e della promozione turistica, la lettera che avete inviato al direttore del mattino di Padova (minuscolo, ndr).Posto che chi scrive, come è arcinoto, non è un frequentatore di cucina etnica, il ristoratore in questione usa prodotti delle nostre campagne e dei nostri mercati, e offre lavoro a ben sessantotto persone.
Di più. Investe nel marketing.
Non è certo un caso che, saputo della nostra prenotazione, si sia organizzato chiamando una giornalista e un fotografo per arricchire così la sua già nutrita raccolta fotografica di personalitàQuella sera, a mia insaputa, era già tutto predisposto per dare risalto alla presenza, fra i commensali, del presidente della Regione.
Ricapitolando.
I ristoratori padovani vorrebbero che chiunque cucina cose del proprio Paese, magari con il valore aggiunto di materie prime importate da quel posto – e non provenienti dalla nostra «meravigliosa agricoltura» – a garanzia del sapore tradizionale di quella cucina, venisse trascurato e negletto, lasciato solo, a languire inerte nel suo «striminzito self service» privo di «calore familiare», tanto più che i suoi prezzi probabilmente non saranno manco «specchio dell’equità e dell’onestà».
Lui, Zaia, replica quattro cose:
a) innanzitutto, fa una riverenza etnico-professionale dicendo che la categoria dei ristoratori è importante perfino «identitariamente»;
b) poi, dice che «l’amico Marco» usa effettivamente i prodotti della «nostra meravigliosa agricoltura» (cioè, se usasse prodotti cinesi i ristoratori avrebbero ragione, se non fosse per il terzo punto);
c) in terzo luogo, argomenta su un piano economicistico-aziendalista la legittimità ad operare dell’«amico Marco» dicendo che – capperi – dà lavoro a 68 persone;
d) infine, dice che – santa pace – questo «amico Marco» la sa lunga, e appena appreso che arrivava il Sire, il Doge, il Governatore, il Grandissimo Ex Ministro, ha chiamato giornalista e fotografo per fare la ruota del pavone.
Cioè, praticamente, io sono figo e famoso; non è colpa mia se quando vado in un posto dò lustro a quel posto.
E sulla via della personaggizzazione, direi che siamo arrivati a un punto di non ritorno.
Sì, è ufficiale.
Si tratta di un incubo: solo che tutti ancora dormono e nessuno si è svegliato.
come dite dalle vostre parti, a proposito di tacon e buso?
Mah, mi sembra un po’ esagerato trarre queste conclusioni apocalittiche. La risposta di Zaia (che ho anche sentito intervistato telefonicamente a Caterpillar, Radiodue, la trasmissione condotta da Massimo Cirri) è perfettamente in linea, ad esempio, con il concetto di “consumi a km zero”, e anche con alcune tesi di “Slow Food” sulla ristorazione di qualità. Entrambe le cose difficilmente possono essere considerate sintomo di grettezza e meschinità.
Il fatto poi che un ristoratore possa usare a fini pubblicitari la presenza di un personaggio famoso, fa parte della storia della ristorazione. Moltissimi ristoranti (anche quello di un mio amico progressista, colto ed estremamente illuminato, oltre che esponente di una minoranza etnica perseguitata da secoli) lo fanno da decenni, compreso informare la stampa.
Gianni, benvenuto.
Non vedo niente di apocalittico nelle mie conclusioni. Non ho scritto che investire nel marketing è negativo, ma che è ridicolo che questo Zaia si consideri una specie di vedette.
Se anche noi lo troviamo normale, e diciamo che fa parte della storia della ristorazione, beh, mi arrendo. Vuol dire che il presidente di una giunta regionale non conta perché fa politica, ma perché è famosetto, perché è visibile, e in quanto visibile la sua presenza fa uscire dall’invisibilità ciò che con le proprie forze invisibile rimarrebbe.
Temo, poi, che la retorica del «chilometri zero» si presti a usi ideologici di genere – per capirci – autarchico. Meglio avere prodotti che viaggiano poco, certo. Ma in termini generali, meglio avere prodotti migliori, no?
E a me, poi, chi dà la garanzia che i prodotti della nostra «meravigliosa agricoltura» siano migliori di quelli della meravigliosa agricoltura degli altri?
Quanto alla «personaggizzazione», mi rendo conto che non dipende da Zaia e gli preesiste. Lo so.
Ma da chiunque dipenda e da qualunque fenomeno storico o attuale tragga radici e alimento, mi riservo il diritto di considerarlo un fenomeno non positivo.
Tanto più – e qui secondo me sta il quid – quando non esis…te una camera di compensazione politica; quando la politica non esiste se non in termini di appartenenza a universi ideologici semplificati e brutali.
beh, l “ideologia” leghista fa molto leva sul rispetto (un culto) del territorio come scaturigine di ogni sanità. Peccato che sia solo retorica, solo chiacchiere, perché poi il territorio è maltrattato e presenta il conto ogni volta che piove un po’ di più.
Poi, invece, ogni mezzo è buono. Ci si è resi conto che da molto tempo è in atto una crisi di autorità e si cerca di approfittarne per avvicendarsi. Mi spiace dirlo, ma sono proprio brutti giorni, questi.
Bruittissimissimi, Sir Robin.
Benvenuto!
avevo visto questa notizia e volevo segnalartela. Uno scambio davvero demenziale. Il fatto che uno che va al ristorante cinese si debba giustificare non so se e’ piu’ comico o agghiacciante.
ps: buon anno
Secondo me è più agghiacciante.
Qualcuno, su Fb, scrive che esagero; che non è il nazismo.
Ecco: io non so davvero se da questo nuovo razzismo – che è rifiuto del non omologato, dell’irregolare – possa nascere una nuova persecuzione.
Mi auguro di no, naturalmente, e penso – dovendoci ragionare a mente fredda – che gran parte dell’epilogo dipenda dal ruolo che si consentirà di avere alla Ue (che si può anche distruggere a partire dall’euro, per esempio; e non mi risulta che la destra si distingua per il suo europeismo, adesso. Neanche la sinistra, ma questa è un’altra questione).
Ma so anche che se la gran parte dei cittadini tedeschi, invece di sottovalutare quel che succedeva, magari ridicolizzando la misera statura umana di Hitler o il suo povero retroterra culturale, avesse preso atto che non c’era niente di folcloristico, niente di leggero, niente da ridere, beh, magari qualche ebreo in più se ne andava dalla Germania e viveva invece che finire annichilito nei campi di sterminio; qualche rom in più si salvava; qualche handicappato in più conservava la vita.
Ps: buon anno anche a te ma soprattutto a Emma!