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fuori di qui
A volte succede – e chissà perché – che un post venga commentato da qualcuno a distanza di mesi e mesi dal momento in cui l’ho scritto.
Questa volta il commento riguardava una storia accaduta a Napoli nel gennaio 2009: madre e figlio rom bloccati dalla polizia; il bambino mandato in istituto, la donna denunciata.
Ne parlavo qui; dicevo che se io fossi quel bambino odierei la polizia.
Qualcuno, ieri, ha commentato così:
Ma ai tuoi figli chi gli ha dato i vestiti ed un cappottino?
Babbo Natale non credo!
Se vogliono sfruttare la pietà che suscita un bambino poco vestito per mettere su qualche altra moneta, vadano a farlo a casa loro! Lontano dai miei occhi!
Ah dimenticavo, perchè non porti tuoi figlio ad un semaforo al freddo o sotto il sole a respirare quel megnifico smog che sicuramente gli fa di gran lunga meglio dell’aria viziata dei centri commerciali! Può essere che se lo svesti abbastanza oltre a tirar su una bella sommetta ti regalino pure qualche cappottino!
Questa ferocia io non so sopportarla. Non ho il fisico.
E così, ho risposto.
Se i tuoi occhi non vogliono vedere immagini che impietosiscono il tuo cuore, questo è un problema del tuo cuore. Non di chi mendica.
Quanto a mio figlio, lo porto dove voglio io.
Parla dei tuoi figli, se ne hai, e non sognarti mai più di parlare del mio.Infine: qui dentro razzisti non ne entrano.
Perciò, questo è l’ultimo commento tuo che passerà di qui.
Ah. Conoscerti non è stato un piacere.
Che se ne stiano fuori di qui.
Posti in cui parlare ne hanno perfino troppi.
Io non li voglio.
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