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feltri e i direttori di d’avanzo
Ho letto l’articolo che oggi Giuseppe D’Avanzo dedica su Repubblica alla sanzione che l’Ordine dei giornalisti ha inflitto a Vittorio Feltri per l’increscioso affaire Boffo.
A un certo punto D’Avanzo scrive:
Facciamola corta, Vittorio Feltri – a credergli – non sa nulla. È il direttore che non dirige, non controlla, non filtra, non sceglie. Fanno tutto gli altri.
Vorrei dire a D’Avanzo che forse lui è stato fortunato.
La ricostruzione ironica dello scenario feltro-sallustiano che egli piazza in questa frase presuppone l’esistenza «normale» di direttori che, invece, sanno, decidono e controllano, e agli «scherani» non lasciano altro che la responsabilità tecnica di eseguire.
Io sono convinta, invece, che – caso Feltri a parte – il mio Paese sia pieno di giornali in cui i direttori non sono responsabili di niente, meri prestanome, figurine ritagliate nella carta, pronte a chinarsi al passaggio dei tornado, di modo che le responsabilità facciano infine capo ad altri ed essi possano limitarsi a usare il loro potere di tagliare le teste, stroncare le carriere, promettere e spromettere.
Se anche questa non fosse l’esperienza di D’Avanzo, io comunque non capisco perché egli dica di ignorare tutto questo.
È vero che Feltri, davanti all’Ordine, sembra accreditare una ricostruzione dei fatti addomesticata.
Ma a me pare che anche i direttori di D’Avanzo, quelli che filtrano, controllano, scelgono e dirigono, siano un’astrazione, un’ipotesi di scuola, assai più spesso di quanto non si immagini.
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