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carrie sgadshaw sgaggiotà (o dell’amore di sé)
Una seratina assai yè-yè.
Assaje assaje yè-yè.
Di quelle in cui mi viene da pensare che forse io non sono io con quella faccia lì e quella storia lì e quelle idee lì, ma un’abile controfigura di me stessa. Forse a modo mio sono Carrie Bradshaw, o perfino – chi può dirlo? – la Soncini, mioddio, se non addirittura un indegno succedaneo di MariaLauraRodotà.
Essendo acquirente della ditta dal 1996, sono stata invitata alla soirée di presentazione della nuova linea di creme «alta gamma» (io! io-Alta-Gamma! L’autostima, ragazzi; l’autostima…) di Estèe Lauder (ovvero Josephine Esther Mentzer, nella foto).
La location era un maxi-mega-super-extra-giga-fantalbergo con opere d’artissime spaziali, il lampadario più bello delle galassie, cibettini deliziosamente raffinati, finger food di purissimo stampo metropolitano, ooohyeeeah.
Bene.
Mi sono goduta, in ordine sparso, le seguenti cose.
1. Un profumo che andrò certamente ad annusare, anche se è profumo «industriale»: approfittando della mia maestria professionale e portando coraggiosamente allo scoperto il volpone che c’è in me ho scoperto che trattasi – quale inopinata coincidenza – del nuovo profumo Estèe Lauder in via di release.
Esso era stato opportunamente vaporizzato in tutta la sala acciocché quelle come me (o anche quelle meglio, visto che avevo due occhiaie monumentali) potessero domandare «scusi, ma che profumo è questo che sento in giro?»;
2. un fantastico massaggio al volto al termine del quale, richiesta di un parere, giuro di aver detto in perfetta sincerità al carissimo ragazzo che aveva agito «la vita è bella»;
3. una chiacchierata carinissima con una donna bionda piena di charme che sembrava portare l’intero brand (ri-ooohyeeah) tra le sue mani. Brava, proprio. Completamente padrona della situazione, serena, senza la minima agitazione sebbene issata su tacchi spropositatamente alti che le stavano da dio; d’altra parte, io sono così esperta dei prodotti EL da potere veramente andare al Rischiatutto (Come? Veramente non lo fanno più?) e da dare moderate soddisfazioni a chi, come lei, riceve da me la dichiarazione che non tradirò mai il marchio, la dimostrazione della mia conoscenza approfondita teorico-pratica di tutti i prodotti, dai solari al contorno occhi che appena lo compri scopri che te ne basta metà perché costa esattamente un occhio della testa, passando per sieri e booster e peeling termo-chimici;
4. una conversazione rasserenante con una ragazza piena di entusiastica fiducia nella mission, competentissima e dalla gestualità molto interessante, con sandali di camoscio beige caffellatte-virato-al-grigio e – somma, somma finesse – smalto della stessa identica nuance;
5. un numero ics di cofane, supercofane e cofanine avvizzite, perlopiù biondo-striate, con volti stravolti dalla spietata ferocia della gravità, nerissimi abiti pizzosi modello g’ho puntà sula rafinatessa, appena aderenti sul ciambellino epigastrico, avide di capire se quella crema può essere un passo in avanti per la tenuta del tessuto (alludo al derma) e addomesticare la disperazione che tutte noi avremo quando il nostro corpo, chiamato, non risponderà più «presente!», ma dirà un po’ il cazzo che gli pare;
6. una bellissima ragazza che pesava di sicuro più di sessanta chili, eppure faceva evidentemente parte dello staff della casa cosmetica: vedere che la katemossite è una malattia da cui si guarisce è motivo di grande consolazione.
C’erano anche uomini, eh.
E alcuni – va bene: non tantissimi – avevano anche dei loro perché.
Uno – rappresentante di una catena di profumerie in franchising; non sono completamente sicura che fosse fra quelli che avevano un perché del primo tipo – si è a tal punto stupito della mia fedeltà totale e assoluta alla causa da portarmi subito a conoscere un esteelauderiano di alta gamma che m’ha parlato delle cifre del mercato della cosmesi femminile paragonate a quelle del mercato maschile, ha ragionato di dopobarba (giuro: di dopobarba è possibile ragionare), di dentifricio.
E la cosa che uno non direbbe mai è che mi sono divertita.
C’è una parte di me che si domanda se questo mondo esista davvero, o sia solo un’invenzione che ha un senso economico ed emotivo, di resistenza alla paura della morte.
Qualunque cosa sia, adesso vado a struccarmi coi miei prodotti preferiti.
Poi metto la crema contorno occhi, poggiandola piano con il polpastrello, come se questo potesse fare La Differenza, L’Unica Differenza Che Conta.
Poi metto il siero, ooohyeeeah.
Poi la crema, tappo argento-nero e vasetto di ceramica.
Con lieve massaggio. Ovvio.
Qualunque cosa, pur di dirmi «Fede, ti voglio bene».
Si impiegano anni per imparare ad amarsi.
E come con un uomo o con una donna, senza rituali di corteggiamento non si va da nessuna parte.
uno va a leggere il blog della sgaggio (confesso che ci ho messo un po’ più del necessario per capire “sgadshaw”) pronto ad amare e condivise riflessioni sul presente e si trova a dover soffocare le risa per non farsi sgamare dagli astanti: no, dico, ti sembra corretto? :))))
😉