la forza e l’orgoglio

Da Repubblica, qui.

La forza sbandierata da Masi potrebbe essere messa in crisi già domani.
Da una nuova prova di forza e di orgoglio di Roberto Saviano e dello staff che sta lavorando a “Vieni via con me”, la trasmissione ideata dallo scrittore e da Fabio Fazio.

Sì, è vero, la questione con Endemol, produttrice del programma, è stata risolta.
Manca quasi tutto il resto.
Saviano ormai ci crede a metà. E lancia un ultimatum al direttore generale. “Se tutti i contratti non vengono firmati entro venerdì, io lascio e salta tutto”.

In 48 ore bisogna recuperare il pasticcio fatto negli ultimi giorni. Dimostrare che era solo “un problema di gestione aziendale e non di contenuti perché io non faccio censure preventive”, come ha scolpito nella pietra Masi l’altra sera.
Due giorni e poi Saviano toglie il disturbo.


A me pare curioso che la questione – un ricatto («salta tutto») – sia trattata in toni moralistici (e compiacenti).
Che poi sia il ricatto di un «buono» contro le basse furberie dei «cattivi» fa poca differenza.
Anzi: corrobora la sensazione che quando si tratta di personaggi-simbolo il linguaggio inevitabilmente deraglia nella direzione del moralismo e della bipartizione dell’universo in amici-nemici; nella direzione del rifiuto della complessità.

Tu stai con me e sei buono, perciò io perdono a te qualunque cosa; anche un atteggiamento che messo in atto da chiunque altro mi farebbe gridare allo scandalo.

L’idea che la forzatura sia una modalità accettabile – anzi: una sorta di autodifesa civile militante – s’era già vista con Santoro, che aveva invitato i gli abbonati della Rai a firmare un appello affinché non fossero essi a dover pagare per l’eventuale soppressione di due delle puntate del programma Annozero.
In quel caso, peraltro, l’argomento era dannatamente simile a quello più comunemente usato contro il diritto di sciopero: perché io utente devo pagare i disagi di uno sciopero che nasce per un problema del lavoratore?

Giova ripetere che sono certa che la censura esiste, che sono altrettanto certa che sia inaccettabile, e che se nella querelle («è censura!»-«no, è solo un problema organizzativo!») devo credere a qualcuno credo a Saviano.