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giornali, adesso è proprio finita
Sta succedendo qualcosa di grave nei giornali italiani.
Lo sapevamo, certamente.
Ma queste parole di de Bortoli (qui) certificano che il passaggio è straordinariamente grave:
Non è più accettabile che perduri la norma che prevede il consenso dell’interessato a ogni spostamento, a parità di mansione. Prima vengono le esigenze del giornale poi le pur legittime aspirazioni dei giornalisti.
Ma una cosa deve essere chiara fin dall’inizio. Se non vi sarà accordo, i patti integrativi verranno denunciati, con il mio assenso.
I diritti sono privilegi corporativi.
Prima l’azienda, poi le persone.
Competenze, aspirazioni, capacità, esperienza, ambizioni, aspettative buttate nel cestino in nome della Suprema Necessità Aziendale che ti vuole da un’altra parte e del tuo assenso non sa che farsi.
Le priorità sono altre, le persone non contano.
In fila per due, testa bassa.
E in più, il ricatto finale: se non state con me, allora vi massacro.
Intendiamoci: i direttori e i cosiddetti «quadri» lo fanno tutti i giorni, per carità.
Ma qui De Bortoli lo fa pubblicamente, assumendo la responsabilità e il ruolo di un Marchionne dei giornalisti e utilizzando di Marchionne tutto l’armamentario delle più viete retoriche modernistico-populiste.
Segno che i tempi sono maturi per la spallata finale.
Anche perché, nel frattempo, proprio le persone come De Bortoli – stipendi milionari e posizioni di privilegio – hanno contribuito (con molti altri, e per motivi diversi) a far detestare i giornalisti dalla gente.
E per inciso: proprio da uno così io (è un «io» generico, è ovvio) devo sentirmi dire che devono cessare i «miei» privilegi corporativi?
Ma con quale faccia?
E che diranno le signorine grandi firme del Corriere?
Si esibiranno in un dignitosissimo silenzio?
Il sindacato interno dei giornalisti del Corriere risponde così (qui):
Chi scrive deve poterlo fare senza pressioni, minacce, ricatti.
Ma il direttore De Bortoli di questo non dice una parola.
Non un fiato.
Niente.
Nessuna menzione.
Teniamoci pronti.
Mentre stiamo a disucutere di non so che, oppure stiamo zitti, questi ci riportano in miniera.
Bene, dirà qualcuno. Ve lo meritate.
Forse.
Ma io no che non lo merito. E come me non lo meritano tanti: quelli che hanno misurato su di sé l’impatto del potere dei debortoli e dei loro affini.
Adesso è tutto ben chiaro.
Adesso è proprio finita.
Spalle alte chiappe strette, non c’è alterantiva per chi non ha le spalle coperte da ben altri privilegi che l’appartentenza pura e semplice all’ordine. Ma anche questa è una vecchia storia
A me pare che DE Bortoli abbia ragione. I giornalisti sono arrivati ad essere invisi a molti troppi e con la loro collaborazione libera. Che i vari direttori abbiano tracciato la strada per fare diventare le signorine grandi firme tali è sicuro ma le complicità di tali figuri è indubbia.
Da molti anni sul web si critica aspramente il giornalismo della carta stampata e del mainstream in generale e da molti anni si leggono articoli dei principali giornali che trasudano sufficienza e talvolta disprezzo e ignoranza nei confronti del medium Internet e del giornalismo dal basso proprio del web.
Adesso sono col cul* per terra e devono fare i conti con ciò che hanno disprezzato fino a ieri e De Bortoli glielo ha semplicemente ricordato.
Poi ci sono le questioni interne dei giornalisti ben descritte qui:
http://goo.gl/TS31
in cui i precari fanno presente ai nonni da che parte sta il giornalismo che la gente interessa.
Saluti. Sandro kensan. kensan@kensan.it
Sono in disaccordo per moltissimi motivi, Sandro.
L’ho scritto qui tante volte.
Benvenuto.