incazzaia, il contro-razzista

Dall’Ansa.

TV: ZAIA, STOP AGLI STEREOTIPI SU NORD IN FICTION MEDIASET
PER GOVERNATORE REGIONE È STANCA DI CULTURAME RAZZISTA

(ANSA) – VENEZIA, 21 SET – Il governatore del Veneto Luca Zaia ha scritto al presidente di Mediaset Fedele Confalonieri lamentando che «questa grande azienda del Nord» utilizza nei programmi di fiction – in questo caso la serie ’Distretto di Polizia 10’ – «stereotipi offensivi nei confronti della gente del Nord».

Zaia rileva che nella serie poliziesca in onda su Canale 5 uno dei personaggi è un agente bergamasco poco intelligente e sensibile.
«Caro presidente mi rivolgo a te per l’amicizia e la stima che ho nei tuoi confronti – scrive Zaia – e perchè mi spiace constatare che la più grande rete televisiva commerciale d’Italia, Mediaset, che nasce al Nord e vive di pubblicità raccolta dalle aziende che sono in gran parte al Nord abbia sposato l’andazzo di culturame razzista nei confronti del Nord e dei suoi abitanti. Mi riferisco – spiega il governatore – all’ultima trovata del personaggio dell’agente scelto Giovanni Brenta entrato di recente a far parte della decima serie della fiction ’Distretto di Polizià in onda su Canale 5 che sfodera un indubitabile bergamasco, e mostra un carattere che la stessa presentazione fatta dagli autori spiega che ’non brilla nè per sensibilità nè per intelligenzà».

«So che non ho il potere di cambiare le produzioni nè i palinsesti televisivi – conclude Zaia – ma almeno voglio farti sentire la forte incazzatura mia personale e di milioni di miei concittadini veneti a est e a ovest del Tagliamento e dell’Adda. Posto poi che i tuoi autori sappiano andare oltre il Tevere e l’Aniene».

Rilevo:

– il ricorso alla maiuscola per l’indicazione «nord»;
– l’uso della qualifica istituzionalmente inesistente di «governatore»;
– il silenzio decennale di chiunque sugli stereotipi che toccavano/toccano la gente del sud;
– la volgare minacciosità intrinseca alla frase «la forte incazzatura mia personale e di milioni di miei concittadini veneti», che ha il sapore delle pallottole di cui parlò Bossi;
– lo spiacevolissimo utilizzo del dispregiativo «culturame»;
– lo spregiudicato e rivoltante aggettivo di «razzista» rivolto a un’opera (con la conseguenza che ne risulta immediatamente chiara la natura illiberale delle pretese censorie di questa gente);
– l’incredibile istituzione di una relazione – anche qui minacciosa – fra la «settentrionalità» della rete tv e delle aziende che investono in pubblicità e la conseguente (per lui) necessità di ripulire i palinsesti.

Mi domando: ma che razza di categorie interpretative del reale deve avere uno che argomenta in questo modo?
Che idea di socialità?
Quale concetto di giustizia, di equità?
E quanto enorme è l’orrore che si para davanti ai nostri occhi quando frasi arroganti e padronali come queste squarciano il velo della pretesa bonomia di questi personaggi inquietanti?