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saviano, la delegittimazione e i mediocri risentiti
Da Repubblica.it.
Saviano incontra Bono, che ha chiesto di vederlo:
Piuttosto chiedo a Bono della delegittimazione. Il suo impegno spesso viene deriso e attaccato, la rockstar milionaria che interviene a favore dei poveri, come una sorta di postura.
Anche lui non è immune dalla macchina della delegittimazione, che i poteri usano sempre utilizzando l’esercito del risentimento, legioni di mediocri pronti ad eseguire l’ordine della maldicenza.
Al di là di come la si pensi su Bono e su Saviano.
È così difficile pensare che esiste una cosa che si chiama critica, disaccordo?
Perché chiunque sia critico dev’essere necessariamente un mediocre soldatino dell’esercito del risentimento?
Non è una forzatura della realtà?
Non è delegittimazione, questa?
Scrive Saviano:
Cerco di spiegare perché tutto è così ideologico, perché in Italia spesso sembra esserci una battaglia tra contrade, dove bisogna pensarla in serie, e quasi mai c’è un confronto sui fatti. La cappa delle ideologie anestetizza ogni dialogo come se compromettesse il futuro.
E io mi dico: ma se una persona, per esempio, critica Saviano e – finora dai suoi corifei, e ora anche da Saviano in persona – viene istantaneamente annessa all’immondo coro dei mediocri risentiti, non è che forse fra coloro che «la pensano in serie» e non ammettono confronto sui fatti c’è anche Saviano?
Ripeto: massimo rispetto per lui e la sua storia.
Massimo orrore per le minacce che riceve.
Massimo dispiacere per la sua vita blindata.
Semplicemente, alcune idee ce le ho diverse.
Evidentemente sono una mediocre risentita.
ma di “gomorra”, come testo, invece, cos’è che non ti piace, anzi, che criticamente non ti convince?
Hai una mail?
Anche io vorrei farti la stessa domanda…
Nel senso che in effetti non riesco a capire quali siano le idee diverse che hai.
Grazie
Simona
Benvenuta, Simona.
Le mie idee diverse da quelle di Saviano non riguardano il suo libro più noto, ma il suo ruolo di «uomo pubblico», incarnazione di una «personaggizzazione» che considero una delle cose più tremende di questa fase che vive il mio Paese.
Se cerchi – se ti va, ci mancherebbe altro – i post col tag «Saviano», troverai alcuni esempi dei miei modi di vedere diversi dai suoi.
E in nessuno di essi c’entra il libro, che fa storia a sé, piace oppure no per motivi che non hanno a che vedere con il ruolo di «personaggio» che – volente o no – Saviano ha.
Grazie 🙂
Ti leggo con interesse e appena avrò letto i tuoi post a riguardo, se posso, ti dirò anche il mio pensiero.
A presto
Grazie a te, Simona.
Certo che puoi, ci mancherebbe altro.
Saviano scrive male, il suo libro – pur venendo letto – è illeggibile. Io non discuto sull’importanza sociale della sua denuncia, ma sulla qualità artistica del suo libro. Anche Zola ha scritto opere di denuncia sociale, ma erano scritte ben diversamnete.
Saviano, nel suo furore, è sciatto. In un punto del libro dice che la sabbia napoletana è al posto del cemento nei condominii di Varese. Io ho un caro amico che è imprenditore in questo settore, e mai e poi mai sarebbe possibile, per i costi di trasporto, usare materiali inerti a 1000 km di distanza.
Spero che si possa ancora dire, e che la critica artistica e culturale possa ancora avvenire al di fuori di questo tristissimo conformismo dove basta che uno si lanci contro la mafia e contro Berlusconi (che io pure non amo) per essere santificato nel Gotha degli scrittori.
Ciao, Rodolfo.
Secondo me, nel momento in cui una persona scrive un libro d’invenzione non è essenziale che le cose che scrive siano verosimili.
Nella creazione di storie si può scegliere che profilo tenere, ed è ovvio che ad alcuni si piacerà e ad altri no.
Io non sono un’accanita supporter di Saviano-uomo pubblico; e quel che non mi piace è la sua «iconizzazione». L’idea che ci si possa accodare dietro le sue insegne (o quelle di altri, non fa differenza), firmare appelli, lanciare petizioni, e sperare – con questo – di modificare il mondo…
L’idea di una particolare forma di democrazia diretta che ci rende fintamente protagonisti di processi di cui in realtà non solo siamo vittime, ma sempre più vittime diventiamo nel momento in cui accettiamo la logica della cosiddetta – chiedo scusa – «società dello spettacolo» (e alludo, appunto, alle petizioni e ai gruppi Fb, alle lettere aperte e agli appelli da sottoscrivere) per affermare quel che ci pare siano i nostri punti.