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romiti e marchionne, che abisso
Riporto un pezzo dell’intervista che Cazzullo ha fatto sul Corriere di oggi all’ex amministratore delegato della Fiat Cesare Romiti a proposito del «lodo Marchionne» (il conflitto non c’è, siamo tutti fratelli però io ho sempre ragione).
Non sono d’accordo su tutto – e vorrei ben vedere! – ma qui c’è un’idea di relazioni industriali, di ruoli e funzioni. Oserei dire che c’è perfino un’idea di Stato (non con questo che io intenda dare a Romiti la statura di statista, tanto più che forse molto di quel che c’è ora cominciò con-grazie a lui).
Là, dalle parti di Marchionne, sembra di stare in un giardino dove un gruppetto di ragazzi si son bevuti le fole degli anni Ottanta e come se fossero in pieno trip da cocaina volessero liberarsi di tutte le zavorre che ostacolano il loro libero volo nei cieli blu dove non ci son lacciuoli. Zavorre tipo, per esempio, il peso del loro stesso corpo.
Ecco qui.
Ci sono altri temi su cui Marchionne non la convince?
«Sì. Quando tratteggia un futuro in cui non esiste la lotta di classe. Ora, guai se mancasse non dico la lotta, ma la contrapposizione degli interessi. Sarebbe un guaio che non finisce mai. Un conto è trovare la formula per ricomporre la contrapposizione, come in Germania, con la partecipazione dei lavoratori ai risultati dell’impresa. Ma la contrapposizione degli interessi ci sarà sempre, ed è un bene che ci sia».
Marchionne chiede un nuovo patto sociale.
«Ecco il punto principale. Vede, la situazione che affrontammo noi nel 1980 era un po’ più complicata di quella di oggi. Oggi per fortuna non scorre il sangue. Allora scorreva il sangue. Ci ammazzarono il vicedirettore della Stampa, Carlo Casalegno, e il responsabile della pianificazione, Carlo Ghiglieno. Le Br ci azzoppavano un caposquadra ogni settimana. Di fronte avevamo leader sindacali che si chiamavano Lama, Carniti, Benvenuto, Bertinotti; non voglio fare paragoni con quelli di oggi, ma diciamo che erano leader di un certo calibro. Eppure noi non ci siamo mai sognati di dividere il sindacato, o anche solo di provarci. Il sindacato lo puoi battere, non dividere. Dividere il sindacato è un errore grave, perché il sindacato escluso ti tormenterà nelle fabbriche; a maggior ragione se è il sindacato più grande. Ed è proprio quel che sta accadendo».
Guardi che la Fiat ha tentato a lungo di raggiungere un accordo con la Cgil e la Fiom.
«Il rapporto tra azienda e sindacato è un rapporto dialettico. È sbagliato rinunciare a parlarsi, cercare accordi separati, lasciar fuori qualcuno».
Marchionne dice di essere disposto a incontrare Epifani.
«Ma intanto elogia gli altri due leader sindacali, chiamandoli pure per nome, tra gli applausi. Mi pare un crinale pericoloso. Nel momento in cui sarebbe meglio placare le divisioni, le si alimenta. Mi auguro sinceramente che tutto si risolva bene per la Fiat, ma la situazione è delicata. Anche perché ogni sindacato è da sempre legato a un partito, o comunque a posizioni politiche, pro o contro il governo. Anche per questo dividere il sindacato porta sempre svantaggi».
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