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per favore, aiutatemi a capire
Lavoro in un quotidiano e vengo pagata quanto prevede il contratto nazionale di lavoro giornalistico; comunque meno dei miei colleghi assunti prima di me, perché il costo del lavoro giornalistico è andato via via diminuendo.
precaria
Prima di lavorare qui ho lavorato in tantissimi giornali: nella maggior parte dei casi ci ho lavorato con contratti a termine anche brevissimi, ma in alcune situazioni avevo qualche responsabilità.
Per lavorare ho fatto in macchina 350 mila chilometri in sette anni; durante quei sette anni di vita precaria e raminga – giornali a Belluno, Parma, Forlì, Trento, Rovereto, Vicenza… – ho avuto un figlio, che per lavorare ho lasciato a casa con mia madre e (quando non era al lavoro, anche lui fuori città) a mio marito.
di corsa
Facevo avanti e indietro in macchina con la pioggia e la nebbia, in estate e in inverno, e senza alcuna garanzia di assunzione.
Il preavviso con cui mi chiamavano era di uno o due giorni; la decisione se accettare o meno andava presa in pochi minuti, indipendentemente dalla distanza del luogo in cui mi proponevano di lavorare.
fiducia
Ma avevo il fisico, forse.
E credevo nel lavoro che facevo.
E credevo in me stessa.
E avevo fiducia.
E pensavo che ci fosse un senso.
qui
Quando mi è stato proposto un contratto a termine nella mia città, ero caporedattrice di un piccolo quotidiano romagnolo, e mi sono licenziata da un contratto a tempo indeterminato.
Ho scelto di stare più vicina a mio figlio, anche se – lavorando in una redazione dove si andava a casa molto tardi, a volte anche alle due di notte – la vicinanza a mio figlio è sempre stata un concetto relativo.
E poi, mi andava di vedere cos’aveva questa città da offrire a me.
stanca
Perché scrivo questo?
Perché sono stufa.
Agra.
spiego
Di che?, uno si potrebbe domandare.
Lo voglio spiegare.
destra e sinistra
Io non credo di poter venire definita una donna di destra.
Lavoro in un quotidiano che non credo possa venire definito un giornale di sinistra.
ferocia di replicanti
Vivo in una città leghista e feroce, in cui le relazioni umane sono difficilissime, e – in senso generale – moralisticamente orientate a trovare il «baco» nella persona che ti si para di fronte.
Trovare il neo negli altri riconferma la propria regolarità.
Qui, l’occupazione che prende la maggior parte del tempo consiste nel fornire a se stessi le condizioni per «sentirsi a norma». Magari non delle leggi, ma standard sì; omologati, direi.
Una bella comunità di uguali, replicanti certificati.
colleghi
Ho colleghi che lavorano con me; e altri che, in città, lavorano in altri giornali.
Alcuni li stimo; altri – com’è normale, ritengo, e forse pure reciproco – no, affatto.
web
Da qualche tempo lavoro al sito web del giornale: settore-non settore assai particolare per una lunghissima serie di motivi, in parte oggettivi e in parte peculiari dell’azienda in cui lavoro.
la domanda
Di cosa sono stufa, dunque?
un po’ di cautela
Di chi dimentica – o non sa, e la cosa gli sembra ininfluente: perché la questione è qui, nella rilevanza che si attribuisce al «non sapere» – chi sono, qual è la mia storia anche individuale, cosa faccio, cosa tento di fare, a quale prezzo, e con quanta passione, e decide di criticarmi senza rispetto, senza dubitazioni, per così dire da sinistra, sostenendo che sono una privilegiata perché prendo uno stipendio, e che non è proprio il caso che io tenti di spacciarmi per una che sta dalla parte della sinistra, perché quelli di sinistra lavorano tantissimissimo, vengono pagati pochissimissimo, e – aggiungo io, e purtroppo corrisponde a verità – in qualche caso, dall’alto della loro collocazione a sinistra, riescono perfino a non avere la minima crisi d’identità quando definiscono per iscritto i venditori ambulanti stranieri come «vù cumpra’».
pancia-piena
Sono stufa marcia di chi, percependo che non sono una donna di destra, mi dice che sono la solita comunista di merda, come tutti i giornalisti con la pancia piena, mentre loro, invece, prendono pochissimi soldi al mese, ed ecco perché votano la Lega, perché la Lega è l’unico partito di massa-popolare-moderno-rivoluzionario-cheintercettaibisognidellagente…
privilegi da vecchi
Di chi, più giovane di me, ritiene che io goda dell’incredibile privilegio di un posto fisso che invece spetterebbe certamente a qualcuno più giovane di me e – va senza dire – sicuramente più bravo di me (se un trentenne è precario, invece di incazzarsi con me potrebbe forse incazzarsi con chi lo rende precario; cioè i «padroni». Ma non fa niente).
romeni merda
Di chi, razzista, vorrebbe che scrivessi che i romeni e i terroni sono merda.
sinistra
Di chi, da sinistra, sostiene che come pretendo di dire cose di sinistra, io che lavoro in un giornale che non è di sinistra?
destra
Di chi, da destra, sostiene che come pretendo di dire cose di sinistra, io che lavoro in un giornale che non è di sinistra?
dentro
Di chi, da dentro il giornale, sostiene che come pretendo di dire cose di sinistra, io che lavoro in un giornale che non è di sinistra?
fuori
Di chi, fuori dal giornale, sostiene che come pretendo di dire cose di sinistra, io che lavoro in un giornale che non è di sinistra?
io non voglio
Ecco.
Io non voglio dire cose di sinistra. E non perché creda alla balla della morte (o, assai peggio, dell’inutilità) delle ideologie.
basta ferocia
Io vorrei solo essere una normale lavoratrice intellettuale, alla quale sia consentito esercitare il diritto di critica. Vorrei evitare di contribuire alla ferocia di questo Paese.
birra
Ieri pomeriggio sono passata davanti a un giardino del centro.
Un ragazzo straniero – forse dell’Africa del nord – era seduto su una panchina.
Gli si sono avvicinati un carabiniere e un soldato in mimetica.
Gli devono aver chiesto i documenti, perché lui tendeva il braccio in fuori, tra le dita un foglio.
Il carabiniere ha preso la lattina di birra di questo ragazzo e l’ha svuotata nel tombino.
tutti zitti, me compresa
Nel giardino c’era un sacco di gente.
Fidanzatini, gruppi di ragazzi, anziani.
Nessuno ha detto niente.
diritti
Di chi era quella birra? Chi l’aveva comprata? Chi dà a un carabiniere il diritto di buttare via una cosa che non è sua? Chi dà a chiunque il diritto di mancare così profondamente di rispetto a un altro essere umano?
ubriachi
Mi si potrebbe dire che quel ragazzo correva il rischio di ubriacarsi, o magari era già ubriaco fradicio.
Sì.
Ma la sua ubriachezza era ipotetica, e nessuno poteva dire se sarebbe diventata molesta oppure no, indipendentemente da quanti siano statisticamente i precedenti, per lui, i suoi amici, i suoi fratelli e i suoi parenti tutti.
cravatte
Nessuno avrebbe mai svuotato una lattina a un italiano.
Men che mai se fosse stato vestito bene.
Lui poteva essere ubriaco fradicio; poteva aver bevuto il mondo, se aveva – per esempio – la cravatta.
minoranza
Ragionevolmente, adesso: in una città come questa, con quest’amministrazione comunale (che nel comunicato stampa su un cagnolino lasciato morire specifica che la donna che aveva abbandonato il cane era «di origine meridionale»), e in un giornale mainstream, come si poteva raccontare, questa storia?
Come, se sei miei concittadini su dieci avrebbero detto che sono stanchi della violenza di questi bastardi di stranieri che vengono qui ci portano via il lavoro e ci violentano le donne e ci riempiono la città di rifiuti?
latte da veneti
Come, se il presidente leghista della giunta regionale Zaia dice che si ritiene offeso da chi giudica razzista la bozza di statuto regionale in cui vige il principio «prima i veneti», ritiene che a un «non veneto» siano sufficienti dieci anni per poter acquisire la qualifica di «veneto», e crede che un esame di «veneticità» serva a «dimostrare di conoscere quei principi fondanti che uno nato da queste parti beve con il latte materno»?
violenza
Sul sito del giornale dove lavoro, per esempio, arrivano commenti di violenza sconcertante. Me ne sento schiacciata. Se li pubblico, con uguale violenza reagisce chi se ne sente leso; se non li pubblico, vengo accusata di censurare la libera espressione dei pensieri dei lettori.
peso
Ma c’è – mi domando – un sistema per alleggerire il peso enorme della violenza anche inconsapevole di questo modo di dirsi le cose? C’è un sistema per non essere complice nella «scoreggizzazione» del reale? C’è una possibilità?
C’è un modo per ingentilire le relazioni umane?
energie
Perché, gira e rigira, il problema è sempre quello: io gli stronzi li posso anche ignorare, ma per ignorarli devo dilapidare tempo, risorse, energie. Devo ragionare, capire, inquadrare. Devo decidere che uno è stronzo; definitivamente stronzo, intendo, e perciò da ignorare. E decidere questa cosa mi richiede tempo.
brutalità
Invece, in giro c’è un sacco di gente che per prima cosa decide che tu – chiunque – sei stronzo. Poi – solo dopo, e a seconda della situazione – ti sputa in faccia (sputa in faccia a chiunque), ti accoltella (accoltella chiunque), ti dà uno schiaffo (dà uno schiaffo a chiunque), ti prende a maleparole (prende a maleparole chiunque), ti fa la guerra (fa la guerra a chiunque)…
politica
E la questione non è risolvibile nell’ambito delle relazioni e delle speranze individuali. Questa è politica.
E su questo il mio senso di isolamento è profondo e doloroso.
Anche perché la gente che potrebbe capire e non capisce è troppa.
Nel contesto dato, temo che questo sia il destino di quanti cercano di essere ‘nel mondo’ ma non ‘del mondo’.
Talvolta ho l’impressione che la violenza che percepiamo (ammesso che sia la stessa, visto che a volte non mi riconosco nelle tue idee) sia in molti casi involontaria. Ovvero, chi agisce in modo violento non si accorge di farlo. Se e’ cosi’, un inizio di relazione costruttiva con chi pratica le violenza puo’ essere semplicemente quello di farglielo notare (come fai in questo post) e vedere se la critica sortisce qualche effetto.
Mi sforzo di credere che il numero dei violenti sia inferiore al numero di quanti nei fatti contribuiscono inconsapevolmente alla ferocia. Coraggio.
Bello scritto.
Un consiglio geografico: quando mi si chiede se sono di destra o di sinistra, avendo molti amici di entrambe le estremità, rispondo che sono: sopra. E sputo giù.
Mirando all’occhio di chi non capisce, o di chi scalpita per essere colpito.
Passerà, non preoccuparti, a sangue e merda ma passerà.
Un abbraccio.
f.
Grazie, Fabiano.
Il fatto è che al di là di come sia ora la sinistra, e di quante siano le cose che posso eventualmente condividere con chi si dice di sinistra, resta il fatto che io non sono «sopra». Anche se a volte sono d’accordo con gente di destra; anche se a volte non sono proprio d’accordo con nessuno; anche se non è che io voglio scrivere cose di sinistra, resta che io sono proprio una donna di sinistra, non so che farci…
http://www.federicasgaggio.it/2010/08/per-favore-aiutatemi-a-capire/ http://fb.me/DRB5SQJi
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Un post sofferto e bello. Avverto il grido di dolore di una persona che ha una sensibilità spiccata. Non è una colpa, anzi, dovrebbe essere un merito; ma è difficile. A me danno fastidio perfino le piccole ingiustizie quotidiane, il rubare il posto a chi è in fila prima di te, il piccolo sopruso in macchina… figuriamoci le grandi ingiustizie. Che fare? Non lo so. Forse avere più fiducia, cercare di essere il meno cinico possibile. E non cambiare mai. Amare le parole (non i giochi di parole), l’intelletto e l’esistenza. E sapere che nel mondo quasi sempre trionfa l’ingiustizia e che molto spesso il furbo vince. E che la “gente”, in genere, preferisce essere pecora bianca che nera…
Ciao, Giuseppe. Ben arrivato da queste parti.
È pesante…
a te Federica, sento una sensibilità non lontana. Così ho messo il tuo blog tra i preferiti
Mi hai fatto pensare a quello che diceva Tabucchi in un suo libro, “L’oca al passo”, dove tra le tante cose ha scritto:
«Perché la sinistra ha permesso che questo miliardario della cui fortuna nessuno conosce l’origine usasse la parola “comunista” come se fosse un marchio d’infamia?»
«Berlusconi ha devastato perfino l’italiano. È tempo di ripristinarlo, di riabilitare le parole rubate, di rimediare ai danni subiti dalla nostra lingua, perché le parole sono le cose. Il giorno in cui Gianfranco Fini veniva nominato ministro degli Esteri, il giornale di Paolo Berlusconi, il fratellino con condanna passata in giudicato, titolava a tutta pagina: “Dopo Fiuggi il fascismo non è più tabù”. Se lo dicono loro, che la sinistra ne approfitti e si riappropri delle parole per dirlo: chiami fascisti i fascisti.»
«In un paese cattolico come il nostro si tende spesso a confondere la democrazia con il principio evangelico del porgere l’altra guancia. Ma la democrazia non è tolleranza della libertà altrui, è rispetto della libertà altrui, è diritto capace di garantire e delimitare la libertà di ciascuno.»
Le parole sono le cose, già. Nella sofferenza che provi c’è comunque una bella missione da portare avanti: quella di educare il proprio figlio. Magari insegnandogli a riconoscere gli stronzi e chiamarli per nome, senza paura.
In gamba, ciao!
E’ un grido per certi versi disperato ma estremamente dignitoso e drammaticamente lucido. E deciso, inoltre. Come sempre, però, non giungerà mai alle orecchie giuste, che non vogliono sentire. Onore a chi vive e lavora nel rispetto delle proprie idee, più che dei propri ideali. Non so se inorridire, di fronte a certe situazioni, sia di sinistra oppure di destra e ovviamente, anche se lo sapessi, non me ne importerebbe nulla; ma una cosa è certa: da persone, non se ne può proprio fare a meno.
federica, da leggere http://bit.ly/buDGqu
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Grazie, Giuseppe. Stasera aggiungo anch’io il tuo link.
Grazie A.
Grazie Francesco.
È un Paese difficile, sì…
Bello, commovente, durissimo.
Non ho risposte, io, perché condividendo tutte le tue constatazioni dolorose, non faccio il lavoro che fai tu, e non sono esposto come te a questa enorme onda di violenza. Domani per esempio passerò l’intera giornata nel bosco, e potrò illudermi che niente di tutto questo mi raggiunga. Ma tutto questo esiste e bisogna farci i conti. Il tuo modo di farci i conti mi sembra sempre lucido, appassionato eppure preciso, netto e mai sopra le righe. Privo di sconti e scorciatoie, sempre sincero Forza.
Credo che oggi sia stato il giorno in cui ho detto – vabbè: scritto – più volte la parola «grazie».
Grazie, Sandro.
Federica, mi identifico talmente con quello che hai scritto che mi sono messa a piangere. Dove dici “Sul sito del giornale dove lavoro, per esempio, arrivano commenti di violenza sconcertante. Me ne sento schiacciata”… mi capita ogni mattina la stessa cosa. Anzi, mi capitava. Da qualche settimana, essendo io solo un lettore, posso permettermi di non leggere i commenti. Ma mi sento schiacciata lo stesso.
Un abbraccio.
Lilli
scusa se come al solito faccio un po’ il “bastian contrario”, però mi pare che il problema non sia tanto la destra o la sinistra, il veneto o il meridione. il problema è che in italia c’è una cerchia (molto ristretta) di persone che per provincialismo o per avidità, per nepotismo o per semplice corruzione, ha occupato tutti gli spazi disponibili e non lascia voce a persone come te che magari dicono anche cose giuste, ma del tutto scomode e fuori dal coro. riconosco il tono di frustrazione che emerge da questo post, perché spesso è stato anche il mio, pur nel mio piccolissimo. io ho abitato in una regione minuscola (la val d’aosta) dove le cose che tu dici e senti erano acuite proprio da questa microrealtà, per cui ogni iniziativa si scontrava contro un’ottusità atavica. onestamente, alla fine ho gettato la spugna, salvo poi vedere questa corruzione espandersi fino al livello a cui purtroppo siamo arrivati oggi, con il rimorso di non aver fatto nulla per fermarla.
Whatsgoingon, non è questione di nord-sud, lo so.
È questione di barbarie che si declina in modi diversi.
Lilli, grazie. Ti capisco. Un abbraccio forte.
Federica, io sono contento che tu sei di sinistra, ma forse sarebbe meglio se tu fossi di destra. Così la destra diventerebbe un po’ più di sinistra. Per cui è un bene che tu lavori in un giornale non di sinistra, non solo perché sei di sinistra, soprattutto perché sei tu, una che ha messo in piedi un blog come questo, che dovrebbe essere straseguito: un buon leader di sinistra almeno una volta al giorno dovrebbe connettersi e dare un’occhiata, meglio ancora ricevere aggiornamenti via mail. Per quanto riguarda i commenti violenti sul sito del giornale: io qualche volta passavo per i blog di tiscali e effettivamente la situazione era sconcertante, però forse è meglio pubblicare e provare a gestire, anche se poi penso che chi fa certi commenti neanche si rilegge o aspetta che qualcuno reagisca. Per esempio su quei blog il titolare non interveniva mai, poteva anche essere insultato direttamente lui e niente. Con le dovute proporzioni questo ti tocca fare, magari non ci saranno le montagne, le raffiche di mitra e tutto il resto ma dal momento che hai deciso di resistere…
Quest’oggi un po’ di gente ha deciso di commuovermi.
I commenti in sé non sono IL problema, ma un piccolo sintomo della violenza delle relazioni personali.
Non mi fanno male in sé stessi, ma per quel che richiamano; per la facoltà che hanno di rendere immediatamente chiaro quante e di quale importanza siano le cose che si sono perse, che abbiamo lasciato correre, che abbiamo lasciato andare.
Grazie.
Mi tocca dirlo di nuovo. E in realtà è pure bello, dirlo. Avere una ragione per dirlo.
per favore, aiutatemi a capire http://bit.ly/cUvHlK , questo post mi lascia disarmata
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Aggiungo il mio piccolo contributo (da Roma, dove per fortuna, a mio avviso, la Lega è solo un’eco ridicolo e lontano ed è visivamente rappresentata solo dall’illustre gestaccio di Bossi): di fatto è in atto una guerra tra poveri che alcuni stanno cavalcando e che sicuramente viene rinfocolata per spostare l’attenzione dalla causa (l’icapacità politica) all’effetto (i vari fenomeni legati a disoccupazione, immigrazione, non-rispetto delle regole). Quello che mi viene in mente leggendo il tuo post, che ben rappresenta la dilagante povertà spirituale (lasciamo stare quella mentale, intellettuale etc…) in cui viviamo è il dare “energia” a queste spinte negative provenienti dall’ambiente che ti (ci) circonda. Credo che l’unico modo per reagire senza alimentarle è contrappore il buon senso, la tolleranza (intesa come quel sentimento che ci fa sentire accomunati a qualunque essere umano, pur se diverso da noi), la certezza incrollabile dentro di noi che l’uomo ha un’essenza migliore di quella che manifesta attraverso la “massa”. E in fondo la Lega cavalca proprio le insoddisfazioni della massa…ma il demone non sono la Lega, la destra e la sinistra, il demone è aver perso di vista l’uomo e l’obbligo morale di curarsi di esso. Devi essere forte e devi guardare alla tua professione come un’opportunità per gettare un po’ di luce, o perlomeno per dimostrare che c’è dell’altro. Ciao!!
belle parole! Storicamente la situazione economica e il clima di incertezza genera paura. La paura mette l’uomo sulla difensiva, e questo lo porta a vedere in ognuno un potenziale nemico. Quando di perde il controllo e ci si fa prendere dal sopravvento della paura, si agisce attaccando il prossimo visto come individuo che minaccia la nostra sopravvivenza (lo straniero che ci ruba il posto di lavoro, che stupra me nostre donne, che ruba in casa…) Il concetto di straniero è relativo! A Capri, il secolo scorso, tra gli abitanti di Capri e Anacapri c’era un vero odio reciproco. E’ una caratteristica umana.
Su Berlusconi & Co condivido le parole di Tabucchi. Un uomo che ha costruito un impero grazie a imbrogli, corruzioione, e altre bassezze inimmaginabili, con nessuna cultura, e educazione, che gioca sul discredito per distruggere l’avversario, e compra le sue alleanze con promesse che forse non potrà mantenere. Un uomo così ha vita breve, perché si circonda si persone avide e senza scrupoli, che lo “pugnaleranno” se non avranno il loro tornaconto. E’ semplice logica. Anche Berlusconi è destinato a finire.
Sulla qualità delle persone, la penso diversamente. Penso a un detto inglese che dice che gli uomini sono come le bustine del tè, conosci la loro vera essenza quando sono immersi nell’acqua bollente! Sono i momenti difficili della vita che mostrano la vera tempra delle persone! Come se le mettessero a nudo. Ci saranno sempre persone di valore e altre no. Meglio ignorare quelle senza qualità, senza perderci tempo ne energia. E volgere lo sguardo verso quelle di qualità! e a leggere i commenti e questo blog, direi che la prospettiva è buona. I troll? Hanno vite miserrime e tristi! Riguardo agli stranieri, è una triste verità umana. Se sei in terra straniera è meglio farsi notare il meno possibile e vivere nel rispetto delle leggi del paese ospitante, occorre comportarsi perfino meglio degli abitanti stessi. Questo è vero in ogni parte del mondo. Mi spiace per quel ragazzo, ora lo ha capito (forse). E’ come per le donne, al lavoro devono mostrare di valere il doppio e spesso sono pagate di meno! lentamente ma sicuramente ci avvicineremo verso un mondo migliore? A leggere testi molto antichi, direi che l’uomo si evolve molto lentamente, la storia sembra ripetersi, perché ci saranno sempre gli avidi, i furbi, i corrotti, ma anche i saggi, i geni, i santi. Io resto convinta però di una cosa, che se il male sembra dominare, e che sull’Italia c’è un ombra (fascista/opportunista) passerà, e il bene anche se latente è più potente. Non amo le etichette di destra e sinistra, preferisco un partito del Buon Senso se esistesse. Perché gli estremismi sono sempre sbagliati, e qualcosa di buono c’è in ogni cosa.
Al di là della questione destra/sinistra, ciò che spaventa è la violenza linguistica che da alcuni anni caratterizza il nostro paese… una violenza linguistica che molto spesso si traduce anche in atto, e nella città in cui vivo (Roma) questa trasformazione ha accelerato drasticamente negli ultimi 2-3 anni… una violenza che si riscontra ormai a tutti i livelli: dall’aggressione per il posto auto al razzismo verso il diverso, passando per una conflittualità sempre più accesa in campo lavorativo (conflittualità generazionale e non solo)… e qui, andando ad analizzare certe cause, forse la differenza fra destra e sinistra ci torna nuovamente utile…
Quello che non capisco è perchè tutto debba sempre finire in politica. sembra che non si sia capaci di avere una sensibilità personale senza doverla per forza condividere con un gruppo, e magari darle un’etichetta. la società e fatta di individui, e sono convinta che se ognuno di noi avesse una maggiore coscienza e conoscenza di se stesso i comportamenti scorretti o prevaricanti nei confronti di chiunque potrebbero essere evitati. Se vuoi davvero rendere conto a te stesso del tuo comportamento, non hai bisogno di identificarti proprio in nessuna corrente…
Io sono sotto chock dopo aver visto, a Chieti, una sede della Lega Nord…
Credo che in Italia si sia lavorato, come effetto collaterale consapevolmente ignorato da una certa politica e una certa sottocoltura, alla crezione di uno spazio logico per ciò che è illogico e non pertiene alla logica, ma solo all’identificazione tra uomo e urgenza, identificazione che vede la riflessione come un ostacolo, o una perdita di tempo.
Di corsa: la politica è ciò che tiene insieme gli esseri umani verso obiettivi comuni.
Non c’è niente di marcio nella politica.
È l’idea di mondo che si ha, Gloria.
Ci sono cose che sul piano personale non possono essere né affrontate né risolte.
Se a te non capita, beata te.
E benvenuta.
Scappo. A dopo.
Grazie.
Sono d’accordo con te su un piano ideologico, ma nella realtà è ben diverso: onestamente io non trovo nessuna differenza rilevante tra destra, sinistra, centro o quant’altro; vedo solo persone che in nome della “politica” cercano di ottenere il maggior quantitativo possibile di vantaggi personali, a scapito di chiunque e indipendentemente dalla corrente di appartenenza. Per questo preferisco affrontare le cose sul piano personale, e apprezzare le persone in quanto singole entità, non come parte di un tutto comune che non vedo proprio.
ciao e buona giornata.
tra ieri sera e stamani, l’avrò letto e riletto alcune volte, questo tuo post.
non posso che condividere in tutto.
la cosa che forse mi differenzia da te è la totale rassegnata assoluta sfiducia nella politica.
ogni giorno è sempre peggio, e ovviamente i “pesci piccoli” non possono che prendere esempio dai “pesci grandi”.
spero che tutto questo un giorno (presto(?)) finisca.
ti abbraccio,
a.
cara giornalista, la priorità era e resta comunque fare la giornalista a qualsiasi prezzo, no, rinunciando a crescere il figlio e in nome di una volontà stoica adeguarsi al mercato del lavoro di quest’itaglietta di piccoli e grandi coccodrilli cristiani. Lo sfogo è comprensibile e riguardo al fatto della prova di forza verso il debole, nel caso un ragazzo negro e la sua birretta, credo sia sintomatico e classico dell’educazione religiosa semplicente devota e infingarda verso il potere e prepotente nella sua piccola ma presuntuosa ignoranza con il capro epsiatorio di turno. Come lei sa, manca cultura e umanità, dietro le maschere di regioni cattoliche si rivela il peggio esistente, figli che uccidono padri o madri per soldi e imprenditori che salutano tutti e vanno a schiavizzare rumeni o altri popoli sottosviluppati per interesse e guadagno. Lei se ho ben capito, vive in veneto, che è secondo me il simbolo del momento attuale, quindi paga le contraddizioni di uno sviluppo indostriale costruito a fatica sulla schiena dei veneti ma, a mio parere non supportato da eccellenze tecniche e progettuli che ne avrebbero garantito il proseguo.
Industrie o meglio laboratori di produzioni a bassissima tecnologia, fatto con il sudore e l’ignoranza culturale di gnerazioni che alla fine si trovano senza strumenti critici, culturali e di analisi.
Dico ciò perchè il suo passaggio sul voler esercitare un diritto di critica implica che altre persone comprendano tal possibilità e decodifichino( scusi il parolone) il suo intento. Le faccio mille auguri e pur con il cuore in mano tenti di educare, fra le righe che può diffondere la sua visone del mondo, altrimenti tutti i cittadini consci o meno si relazioneranno sui modelli della vessazione e dell’ignavia, da menzolini alla prosseviva sicilianizzazione dell’italia, l’unica piccola cosa che possiamo fare e Resistenza. Dubito che serva, ma lo dobbiamo a noi stessi e se riesce si goda suo figlio che il tempo non torna indietro…con sincero rispetto carlo ferri
D’accordo con Federica che “pizzica” Gloria. 🙂
Siamo arrivati a “buttarla sempre in politica”, si dice, ci capita di dirlo, vero. Ecco, come consorzio umano siamo stati capaci di smantellare l’idea positiva della Politica.
Dimenticando che la politica siamo noi e che ogni scelta che compiamo è Politica, coinvolge direttamente o meno gli altri. Abbiamo perso questa consapevolezza, anzi, ci disgusta, la rifuggiamo. O peggio, ci schieriamo a priori senza conoscere profondamente i fatti. Quando Gaber cantava “libertà è partecipazione” intendeva dire che non bisogna semplicemente sbandierare colori a un comizio o a uno sciopero, seguire la massa: la partecipazione democratica è l’interesse e lo studio e il controllo e la critica di chi ti rappresenta politicamente.
Politica è anche l’uso delle Parole (quelle della Lega sono elementari, terribili e quindi potenti per un certo tipo di elettorato; dall’altra parte rimproveriamo alla Sinistra di non saper più comunicare e nemmeno di ascoltare il suo “popolo”… quanto è vero!).
Siamo oggi in un situazione soporifera e di comunicazione unilaterale. Subiamo senza reagire, trattenendo la nostra indignazione, mostrandoci falsamente indifferenti, magari perché abbiamo paura di nominare la verità… terrorizzati dal Potere (“chi può pagarsi un buon avvocato?”), terrorizzati dall’essere isolati (“se non la pensi così sei fuori dal partito”).
Non c’è bisogno di tirare in ballo la rivoluzione francese, le guerre d’indipendenza, le guerre mondiali, i processi di decolonizzazione del Novecento, le lotte per i diritti (voto alle donne, aborto, divorzio, statuto dei lavoratori…), per capire quanto la Politica sia importante. Il guaio è l’uso che se ne fa, oggi… e qui abbiamo tutti i dolori di pancia.
E quando molti iniziano ad avere la pancia vuota o non arrivano a fine mese o infilano la testa nel cassonetto (anche qui nella rossa Romagna solatia), allora la Politica dovrebbe emergere come soluzione dei problemi, come ricerca del “bene comune. Per ora, di comune, c’è l’amarezza… e tonnellate di problemi che non riusciamo a smaltire.
mi è piaciuto il suo sfogo, che condivido in parte; verona è una città chiusa, con la pancia piena, dove conta più apparire che essere.
ma chi effettivamente è, o meglio ha, preferisce il basso profilo e cerca di comandare senza clamore.
verona è la città dove la lega ha avuto successo ed ha generato flavio tosi, registrandolo nella nuova razza che ha, ed avrà, successo nell’agone politico con tutti i suoi difetti e, per chi li apprezza, pregi.
è la democrazia e prevede che chi si oppone prenda la propria croce, si esponga e testimoni la validità delle proprie idee. al costo che saprà sostenere.
senza fare crociate, sarà la testimonianza quotidiana, il dialogo ed il ragionamento che opporranno il pensiero agli slogan ed ai luoghi comuni.
il tempo sarà un buon giudice……….
Sergio, non so se condivido tutta questa fiducia!
😉
due colonne, un pugno allo stomaco. Perchè il mestiere del giornalista non è mai semplice.Perchè siamo esseri complessi, ma solo quando riguarda noi. Perchè tendiamo a semplificare, per noia e per pigrizia, quando riguarda gli altri
Ho cominciato seguendo la cronaca politica, Trippi; ma poi la politica locale ha finito per intrecciarsi con le vicende di tangenti, e – forse per questo, o forse per gli imperscrutabili motivi che presiedono alle logiche interne ai giornali – sono stata spostata alla giudiziaria.
Ogni sera, andando a letto, mi domandavo se avevo rispettato abbastanza le persone dei cui casi giudiziari avevo scritto. Mi domandavo come avrei accolto i miei articoli se li avesse scritti qualcun altro e fossero stati relativi a fatti miei.
Quando sei giovane – d’età e del mestiere – sviluppi una sorta di sentimento da «vendicatore mascherato» in virtù del quale quasi ritieni di poter scrivere qualunque cosa, in qualunque modo.
Poi capisci. Vedi. Impari a «sentire».
Capisci che fare il vendicatore mascherato è un modo scorretto di svolgere il tuo lavoro, perché l’ultima parola ce l’hai sempre tu.
Capisci che una cosa è raccontare i fatti e stare dalla parte dei cittadini, e un’altra cosa è attaccare a testa bassa il Male del Mondo.
Una cosa è avere a che fare con le maiuscole, come ti sembra di dover fare all’inizio: altra cosa è accorgersi che quel di cui si tratta merita le minuscole, perché è vita ordinaria, normale; e quel che oggi succede a qualcuno di cui scrivi domani può succedere a te o a qualcuno che ami: per un errore giudiziario, o per chissà cos’altro.
Non occorre che succeda davvero.
Però ti accorgi che se ti succedesse non vorresti che scrivessero di te cose tagliate con l’accetta; che calpestassero i tuoi sentimenti e la tua storia.
E allora cominci a scrivere le cose in un altro modo, senza il costume da Paperinik.
Mi fa molta paura – lo confesso – il giornalismo militante, perché produce un senso di esaltazione individuale, una specie di idea che noi siamo la voce dei cittadini quasi per investitura divina.
E altrettanta paura mi fa quella specie di cinismo apparentemente disincantato (in realtà, forse è opportunista) che pretende non ci si debba più stupire di niente; perché porta a ricercare vantaggi per sé, privilegi, case del Comune in centro storico a prezzi bassi, biglietti omaggio per gli spettacoli e le partite…
Forse ci ragiono un po’ di più e ci scrivo qualcosa. Chissà.
uff, mi spiace leggere queste cose, ti capisco e ti sono solidale, anche se abito vicino roma e non sono giornalista (ma conosco la mafia di roma).
c’è dentro un po’ di tutto.. Ignoranza (che è la madre di tutti i problemi legati al razzismo), Provincialismo (mediamente l’italiano è molto provinciale, non solo in Veneto), cialtroneria (forti coi deboli, deboli coi forti).
Che dire, ci vorrebbe una grande rivoluzione culturale (ma chi la fa? i giornali? la televisione? boh), le persone dovrebbero acquistare un minimo di consapevolezza in quello che sono, che fanno e che dicono… boh comunque ti mando un abbraccio e ti seguo sempre nel blog ciao
Grazie, Alessandro.
Un abbraccio a te.
secondo me per esempio si potrebbero scrivere storie “civetta” per scovare i razzisti… tipo raccontare di un carabiniere che svuota la lattina di un veneto in giacca e cravatta fermato per i documento, e poi dire – dopo i commenti indignati contro il carabiniere – che si trattava di un immigrato.
… e dopo fare opposizione al licenziamento per giusta causa!!!
😉
Ciao, Watchdogs!
Ci pensiamo su…
vorrei dedicare a tutti questa poesia di Erri De Luca. lorella
– VALORE – di Erri DE LUCA –
Valore
Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il mondo minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord, qual’è il nome del vento che sta asciungando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.
(( Erri DE LUCA ))
sono di verona e confermo tutto quello che hai scritto e anche temo sia un problema di tutto il veneto e,cosa grave,che si stia ulteriormente diffondendo..le cause sono varie,ma metterei in evidenza la crisi economica e quella politica….resta cravatta o valigia..io ho fatto la valigia…
;)..
Se non credi a un Dio inventatene uno. Ci metti quanto hai di meglio: passione per la vita, ricerca della verità, senso di giustizia. E cammina sotto i suoi occhi, davanti a lui scrivi quello che scrivi, e chiedigli di perdonare per te quello che tu non riesci a perdonare: sentirsi l’unico responsabile del proprio destino e imporsi la missione di cambiare il mondo è il modo migliore per fallire e sentirsi falliti in ogni cosa.
La Lega è il pisciatoio di tutte le pulsioni più basse del nord Italia, e quelli che a cuor leggere si definiscono di sinistra, dopo quello che è successo nella Sinistra dalla Bolognina in poi, hanno stomaco di struzzo e fette di salame sugli occhi.
E’ l’ora della grande confusione e dei falsi profeti.
La Bussola per tenere la barra a dritta non puoi chiederla a questo mondo, ma quella che chiami la parte migliore di te e con cui dialoghi in ogni momento è solo apparentemente muta.
Un abbraccio fraterno.
Grazie a tutti.
Valter, sai qual è la cosa più ridicola? Che io non voglio cambiare il mondo; vorrei un po’ di gentilezza, forse. E mi piacerebbe che il mio lavoro fosse anche solo di poco più gentile, o «vero».
Può darsi che tu abbia ragione, e che questo equivalga a voler cambiare il mondo.
E quanto a dio, forse sono le persone, i luoghi e le cose che amo; non so…
Io sono stanca della testimonianza. Non voglio dipingermi per l’eroina che non sono, però vorrei non testimoniare più niente. Non posso essere un’eroina perché dell’eroina mi manca la virtù principale, e cioè la perseveranza del crociato (della crociata, nel mio caso), e ho invece un paio di caratteristiche che l’eroina è in genere ritenuta non avere: il senso dell’umorismo e l’attaccamento alla vita.
Grazie a Lorella della poesia.
A David che ha fatto la valigia che io sogno tutte le volte che sulla mia testa vola un aereo.
C’è un bel libro degli anni Sessanta di Virgilio Budini, La scuola si diverte, dove in un passaggio strepitoso s’intetizza la sua idea di mondo:
«Credo nella santità senza corona e nell’umorismo come soluzione fenomenologica.»
Quando l’ho letta ho scoperto quello che dentro di me avevo sempre pensato. Ho provato un po’ di conforto.
Lo stesso che ci regali tu, Federica, perché pur nella difficoltà permetti a chi ti legge di sentire che non si è soli o distanti dal resto del mondo, proprio in questo periodo dove intelligenza e gentilezza sorprendono quasi fossero superpoteri o qualità aliene. La tua scrittura aggrega… infatti siamo in tanti a scriverti. 🙂
Buona giornata, ciao!
Grazie, A.
Minchia.
Non so se merito tutte queste belle parole…
😉
Cara Federica, il tuo post mi ha colpita perchè la tua storia è molto simile alla mia, perchè la tua rabbia e il tuo sgomento sono sentimenti che continuo a provare anch’io. Soprattutto mi sembri una bella persona.Ho 51 anni (‘ mazza come passa il tempo!).Ho un trascorso di opinionista per un tg di una emittente privata abbastanza conosciuta in Sicilia,licenziata perchè con più “spina dorsale” del direttore e perchè durante la mia collaborazione lo share, e di oonseguenza i contratti pubblicitari, sono aumentati in maniera esponenziale.Imperdonabile.Dire la verità ed avere più coraggio del padrone è stata la mia colpa.Ho fatto anche politica, ma di quella per la gente.e poi non ho più badato se destra o sinistra, l’importante che mi facessero fare quello che era giusto fare. Per la gente, per la fascia pù debole.Ho dato fastidio anche lì.Adesso sono blogger da 5 anni,sono abbastanza i lettori,ma quasi più nessuno viene a commentare…dico la verità e questo da fastidio.Ho subìto il razzismo, durante una vacanza quando ero poco più che una bimba, l’ho subìto da adulta, quando mi sono trasferita per lavoro in Toscana.E quello che ti fa onore è che tu non tolleri il razzismo.Il diritto di critica…è bellissimo questo postulato.E la critica espressa con onestà mentale è la verità. Quella che viene odiata. E la violenza verbale, hai ragione…sacrosanta ragione.Non si comunica più: ci sono soltanto scontri intrisi di fanatismo…deliranti. E fanatici, purtroppo, sono spesso coloro che ci governano.Vabbe’, smetto di scrivere, scusami se mi sono dilungata.Ti metto tra i miei siti amici e mi farebbe piacere una tua visita…ho scritto un post sulla lega che, ti giuro, mi sono divertita un sacco mentre battevo sui tasti…a volte l’ironia ci vuole perchè c’è troppo da piangere.Un caro saluto. Al più presto acquisterò il tuo libro. Con tanta simapatia e stima.Lorenza
Cara Lorenza, ti abbraccio forte.
Grazie.
E che fai, adesso?
Certo che vengo a trovarti!
Volevo solo dire che bere alcolici in luoghi pubblici (vedi parco) è reato in Italia e la multa è di 300€, quindi che fosse italiano o meno è vietato per tutti. Se non gli hanno fatto la multa ma gli hanno solo svuotato la lattina, in fondo hanno chiuso un occhio, forse perché lui ha detto di non esserne al corrente?
No, J.
Si sbaglia.
In Italia bere in luoghi pubblici non è affatto un reato.
È eventualmente – articolo 688 del codice penale – penalmente perseguito il fatto di trovarsi «in luogo pubblico o aperto al pubblico in stato di manifesta ubriachezza».
È diverso.
Può essere che qualche sindaco abbia deciso di emettere un’ordinanza (probabilmente dalla dubbia costituzionalità, peraltro) nella quale stabilisce il divieto di bere alcolici in pubblico e quantifica l’entità della multa nella misura dei trecento euro da lei citati.
Ma questo non significa che bere in pubblico sia un reato.
Fino a prova contraria, i sindaci non hanno ancora l’autorità per stabilire in proprio quali comportamenti configurino un reato e quali no.
Il potere legislativo – almeno formalmente – è ancora nelle mani del Parlamento.
questo nella mia città
http://www.comune.terni.it/portaldata/UserFiles/Ordinanza/2010/Ordinanza_Alcolici.pdf
Adesso faccio la blogger, in attesa di vedere un po’ di ritornare a fare politica, sempre intesa a servizio della gente. Il problema è: ma con chi? Chi è disposto ad accogliere me che cerco di lavorare con serietà? Dovrei trovare una mosca bianca…Ma ci sono le mosche albine? Una buona serata,cara.
PS: ancora ti aspetto…
Lorenza, son passata eccome, invece…
Mi piace!
Grazie, Paperinoramone.
Il divieto – leggo – vige fra le 22 e le 6: la scena che ho visto io si svolgeva di pomeriggio.