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manoscritti? solo se richiesti
Leggevo di recente un libro edito dalla Feltrinelli, presentato a festival e mostre di grande importanza.
C’erano errori di consecutio temporum e molti refusi, e già questo mi ha fatto impressione.
Quel che però mi ha colpita di più è stata l’assoluta inconsistenza interna delle tesi enunciate (non era un testo di narrativa), la totale disorganicità delle parti di cui il testo si componeva, l’assenza frequente delle fonti a cui l’autore aveva attinto per i virgolettati, la non paragonabilità fra le cifre che, relative a quantità disomogenee, venivano fornite con lo scopo apparente di consentire il confronto tra situazioni differenti.
A questa pagina web si legge questo:
Manoscritti
Al momento non prendiamo in esame manoscritti non richiesti.
La cosa non mi pare significativa solamente per il fatto che, dunque, un libro così approssimativo può essere stato pubblicato solo perché qualcuno l’ha espressamente richiesto, in virtù – ne deduco – della fama acquisita altrove dal suo autore, o dell’ampiezza delle sue relazioni.
Mi sembra curiosa anche perché uno dei pezzi più autorevoli e cospicui dell’industria culturale italiana dice in sostanza che non gli interessa minimamente promuovere la diffusione di cose nuove e di libri nuovi, ma preferisce – come dire? – andare sul sicuro, facendo lavorare su commissione gente che conosce già.
Ci sono molti modi per definire una scelta di questo genere (ancorché temperata da un complemento di tempo – «al momento» – che già ricordo di aver letto nel 2005).
Non ne voglio usare neanche uno, perché quel che mi interessa dire è che ne viene fuori una verità spiacevole che ai più sembrerà magari ovvia e comprensibile.
Questa: che chi è dentro è dentro, e non importa se scrive libri bruttini, perché la fama e le relazioni della casa editrice e dell’autore farà far loro molta strada.
E chi è fuori è fuori.
Niente di grave, per carità.
Soprattutto, forse: niente di nuovo.
E così, da Feltrinelli, per esordire occorrerà essere già famosi, conosciuti o, quanto meno, instradati nei salotti giusti. Sarei curioso di sapere quanto tale avvertenza abbia impedito il flusso degli inediti nei loro uffici
Feltrinelli …e non solo. Ecco la risposta di quasi tutte le case editrici da me contattate,e che nella sostanza è stata la seguente: perchè dovrei investire 50.000 euro su di lei che è una perfetta sconosciuta, e che scrive una spy-story su Barack Obama,che non so quanto venderà, quando ho l’opportunità di tradurne uno che è già un successo all’estero e che sono sicuro sarà un libro di successo anche in italia?
avrei voluto rispondere:
Perchè sei un editore, idiota!
Sarebbe strano se anche Feltrinelli nel tempo non avesse aderito all’essenza di questo paese in cui le uniche attività che non richiedono una eredità, rigorosamente paterna, o una entratura sono la manovalanza criminale.
Ed il tutto, poi, in nome della selezione, dell’eccellenza, della meritocrazia. Se non fosse che coloro che valutano questa eccellenza sono là, cooptati per lasciare tutto come sta.
Il sistema è così consistente che sembrano scontate le carriere come imprenditore dei figli di Berlusconi, quella come politico del figlio di Bossi e così via. Ed ormai non fa neanche più scandalo, contessa, che l’operaio volgia il filgio dottore. Perchè, poi, come dottore non farà certo il dottore. Nemmeno l’operaio, spesso.
per sapere se questo è atipico, bisognerebbe vedere come funzionano le cose in altri luoghi.
voglio dire, com’è che uno “sconosciuto” riesce ad arrivare alla pubblicazione in francia, in inghilterra o negli stati uniti (sempre che lì ci riescano)?
per conoscenze? dopo una lunga gavetta (in che settore)? o davvero ci sono quelle centinaia di impiegati che vedevo nei film di quando ero giovane, che svolgevano l’affascinante mestiere di leggere misteriosi manoscritti inediti e tirare fuori le pietre preziose dal fango.
ecco, bisognerebbe sapere come funziona lì, per dire se noi siamo un’eccezione (non è una critica, figurati se non sono incazzato anch’io, con tutti i manoscritti che ho mandato alle case editrici. è solo che dopo un po’ che sbatti la testa contro il muro ti viene da chiederti quanto è lungo sto muro…)
Va pure detto che in Italia non tutte le case editrici rifiutano i manoscritti non richiesti, tant’è che spedendo il mio primo manoscritto a nove-dieci case editrici due mi hanno risposto: la prima per dirmi grazie, non ci interessa, e la seconda per propormi la pubblicazione del manoscritto, e non a pagamento.
Quanto all’estero, non ne ho idea.
Posso solo riferirti l’impressione di apertura e curiosità che mi ha fatto la minuscola porzione di mondicino letterario irlandese che ho appena visto dal buco della serratura partecipando a un paio di attività dell’Irish Writers’ Centre. Ma non ho la minima idea del modo in cui quest’impressione corrisponda al vero, né se – corrispondendo al vero – produca percorsi di pubblicazione degli esordienti differenti dal nostro.
È però vero che, per esempio, mi veniva spiegato che in Irlanda devi comunque avere un agente letterario, anche se sei esordiente: la prima scrematura la fa comunque un agente, mi è stato detto.
È poi l’agente, in ragione della sua bravura e – presumo – della sua rete di relazioni, a fare il lavoro che qui gli esordienti fanno da casa propria.
Diverso è anche il regime dei contratti e dei diritti d’autore, ma a quel punto, mentre davanti a un sandwich che faceva piuttosto schifo mi stavano spiegando questa cosa, mi son messa a pensare alla pasta col pomodoro e mi son persa il resto.
Però, prometto che mi informo.
lol, ok 🙂 aspetto notizie.