manoscritti? solo se richiesti

Leggevo di recente un libro edito dalla Feltrinelli, presentato a festival e mostre di grande importanza.

C’erano errori di consecutio temporum e molti refusi, e già questo mi ha fatto impressione.
Quel che però mi ha colpita di più è stata l’assoluta inconsistenza interna delle tesi enunciate (non era un testo di narrativa), la totale disorganicità delle parti di cui il testo si componeva, l’assenza frequente delle fonti a cui l’autore aveva attinto per i virgolettati, la non paragonabilità fra le cifre che, relative a quantità disomogenee, venivano fornite con lo scopo apparente di consentire il confronto tra situazioni differenti.

A questa pagina web si legge questo:

Manoscritti
Al momento non prendiamo in esame manoscritti non richiesti.

La cosa non mi pare significativa solamente per il fatto che, dunque, un libro così approssimativo può essere stato pubblicato solo perché qualcuno l’ha espressamente richiesto, in virtù – ne deduco – della fama acquisita altrove dal suo autore, o dell’ampiezza delle sue relazioni.

Mi sembra curiosa anche perché uno dei pezzi più autorevoli e cospicui dell’industria culturale italiana dice in sostanza che non gli interessa minimamente promuovere la diffusione di cose nuove e di libri nuovi, ma preferisce – come dire? – andare sul sicuro, facendo lavorare su commissione gente che conosce già.

Ci sono molti modi per definire una scelta di questo genere (ancorché temperata da un complemento di tempo – «al momento» – che già ricordo di aver letto nel 2005).
Non ne voglio usare neanche uno, perché quel che mi interessa dire è che ne viene fuori una verità spiacevole che ai più sembrerà magari ovvia e comprensibile.

Questa: che chi è dentro è dentro, e non importa se scrive libri bruttini, perché la fama e le relazioni della casa editrice e dell’autore farà far loro molta strada.
E chi è fuori è fuori.

Niente di grave, per carità.
Soprattutto, forse: niente di nuovo.