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amici di emma e di sacconi
Mi stavo domandando come vivano, coloro che hanno votato sì al referendum sull’intesa con la Fiat a Pomigliano d’Arco, il fatto che Sacconi osi dire che grazie a loro «da oggi il Paese è più moderno», e il fatto che la Marcegaglia dica che la verosimile vittoria del sì è espressione di «responsabilità».
Capisco che possano aver votato sì; lavoro da quasi vent’anni e le logiche di potere, di sopraffazione e di disponibilità schiavile che ho visto e vedo nei posti di lavoro mi indignano ma non mi stupiscono più.
Ma quando dovessi scoprire di essere d’accordo con Sacconi e con la Marcegaglia – o quantomeno di essere stata uno strumento che consente a entrambi di dichiararsi vincitori – io mi farei delle domande alle quali darei probabilmente risposte per me stessa molto dolorose.
Dice Sacconi che è stata «isolata la logica del conflitto».
Cosa vuol dire?
Il conflitto o è nelle cose o non è.
Non c’è una «logica» del conflitto; c’è una realtà del conflitto, oppure un’assenza di conflitto.
Parlare di «logica del conflitto» significa usare le parole in modo ideologico, insultante (il sottosenso è che c’è chi vuole creare un conflitto fasullo in assenza di un conflitto reale; il che significa essere disonesti) e – a rigore – insignificante.
L’ennesimo esempio di quanto le parole abbiano perso il loro senso originario.
Di quanto esse, grazie a noi, siano diventate schiave dei contenuti apparenti di cui le hanno riempite gli altri.
Di quanto, ucciso anche grazie a noi il loro senso originario, esse abbiano creato, nella loro nuova insignificanza, un nuovo universo parallelo e alternativo alla realtà.
E questo Sofri, a differenza di quello sulla querelle nata dal libro di Dal Lago, mi pare molto bello.
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