saviano, io non ho più parole

Limitiamoci da soli.
Dimostriamo a papà-governo che sappiamo fare i bravi.
Forza.
Cerchiamo regole condivise con chi ci vuole schiacciare, con chi non riconosce la funzione democratica del giornalismo, con chi non ha rispetto delle istituzioni e delle loro funzioni.

Ma si! Autolimitiamoci, dai!
Facciamogli capire che non ce l’abbiamo con lui!
Rendiamo superflue le sue punizioni negoziando in prima persona la nostra resa e punendoci da soli, via!

Quello che mi sento di dire è che governo, magistratura e stampa, in questa vicenda, dovrebbero trovare un terreno comune di discussione, perché di questo si tratta, di riappropriarsi di un codice deontologico che renda inutile il varo di leggi che limitino la libertà di stampa, di espressione e di ricerca delle informazioni. Non è limitando la libertà di stampa e minacciando l’arresto dei giornalisti che si arriva a creare una regola condivisa.

Eppure, la capacità di leggere correttamente il contesto, e anche di comprendere chi sia colui con cui si ha a che fare dovrebbe essere un’abilità basilare per un giornalista, e penso pure per uno scrittore che ambisce alla militanza.

E invece no.
Lui, caro, vorrebbe le regole condivise.
Nuova, questa.
Non l’avevo mai mai sentita.
E ha funzionato, anche.
Tante volte.
Altroché. Come no.

D’altra parte, caro, va capito:

Se ci fosse stata questa legge non avrei potuto scrivere intere parti di Gomorra.

Da qui.

Post scriptum: due indizi fanno una prova. Tre indizi, una prova più consistente. Quattro, un provone. Cinque, una super-prova. Sei, sette, otto, nove, cento, che mai faranno?
Trasponendo questo rozzo principio alle corbellerie (nel senso di indizio uguale corbelleria), che conseguenze potrò mai trarne, ormai?