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festival del giornalismo un par di orecchie
Dopo aver ricevuto notizia dell’allestimento di un altro festival del giornalismo – stavolta si tratta nientemeno che del giornalismo d’inchiesta – annuncio pubblicamente che mi è venuta la dermatite.
Vero: la dermatite è un problema mio.
Ma il giornalismo, e il giornalismo d’inchiesta, sono un problema tendenzialmente di tutti.
Sui giornali non c’è il benché minimo spazio per la benché minima inchiesta, e questo per molte ragioni.
Un po’ per gli spazi che fisicamente si chiudono, visto che i pezzi diventano sempre più brevi.
Un po’ perché semplicemente non si possono dare le notizie.
Un po’ perché l’unico giornalismo d’inchiesta – ammesso che tale sia – attualmente ammesso sui nostri giornali è quello che su giornali che si pretendono d’opposizione smerda gente della maggioranza e sui giornali di maggioranza smerda gente dell’opposizione.
A dimostrazione della sostanziale inesistenza del giornalismo d’inchiesta – a me tutti questi festival sembrano de profundis alle inchieste, altro che feste – vale la considerazione che mai come adesso circolano libri che si autocertificano libri d’inchiesta, e questo indipendentemente dal fatto che chi li ha scritti (sempre che non ci siano, come in qualche caso, ghost writers) sia o no un giornalista.
Non illudiamoci: possiamo fare anche duemila bellissime inchiestone.
Ma ciò che apre una prospettiva diversa sulle cose non sono le inchiestone. Almeno finché nessuno presta loro attenzione (e succede esattamente così, altrimenti non mi spiego i risultati elettorali delle ultime regionali, per esempio).
Lo stato di salute del giornalismo si vede nei giornali piccoli, nei pezzi non firmati, nell’incapacità di prender distanza critica dalla fonte, nell’incapacità di far domande, nell’accettazione del fatto che siano gli uffici stampa a dettarci gli articoli che dobbiamo scrivere.
Festival del giornalismo un par di orecchie.
Ma fatemi il piacere.
E perché, poi, ai festival del giornalismo (d’inchiesta e no) c’è un così grande numero di scrittori? Il giornalismo è invenzione? È narrazione? È opinione?
E le notizie?
E cosa c’entra l’inchiesta con gli scrittori?
E perché gli scrittori sentono di essere implicati nella categoria dell’inchiesta?
Io vedo una confusione terribile, e questo mi preoccupa, perché mi sembra unicamente funzionale a promozioni personali, alla creazione di personaggi sempre nuovi, a caratterizzazioni militanti di figure intellettuali che si situano nella terra di mezzo fra giornalismo e qualche altro genere di professione «immateriale» dai contorni poco definiti.
Resto proprio perplessa.
Giornalismo d’inchiesta, sì.
Proprio.
Ah che giornalismo d’inchiesta.
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