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saviano e il referendum aziendale
Nella risposta di Saviano alla lettera con cui Marina Berlusconi ha replicato alle prese di posizione del giovane uomo dopo l’uscita del presidente del Consiglio, c’è una frase sen-sa-zio-na-le.
Prima puntata: Berlusconi dice che la mafia è famosa per colpa di chi ne scrive o di chi ci fa i film (idiozia marchiana e politicamente inescusabile).
Seconda puntata: insurrezione dei savianidi e di Saviano ipse. Caro Berlusconi, scrive, «il potere mafioso è determinato da chi racconta il crimine o da chi commette il crimine?» (parole sante). E poi: «La cosa che farò sarà incontrare le persone nella casa editrice che in questi anni hanno lavorato con me, donne e uomini che hanno creduto nelle mie parole e sono riuscite a far arrivare le mie storie al grande pubblico. Persone che hanno spesso dovuto difendersi dall’accusa di essere editor, uffici stampa, dirigenti, “comprati”. E che invece fino ad ora hanno svolto un grande lavoro. È da loro che voglio risposte».
Terza puntata: risposta dell’editrice, cioè Marina Berlusconi-Mariah Carey (non sono identiche?). Caro Saviano, «il gruppo Mondadori ha garantito» a lei «e a tutti gli altri suoi autori la massima libertà di espressione. Lo ha sempre fatto e continuerà a farlo».
Quarta puntata: dopo che la sua casa editrice, nella persona della sua presidentessa, gli dice certo che puoi continuare a scrivere qui, la tua libertà è garantita, lui le risponde: «ci mancherebbe che uno scrittore non fosse libero nella sua professione» (professione, eh).
La frase sensazionale è questa:
«Una libertà esiste però solo se viene difesa, raccolta, costruita nell’agire quotidiano da tutti coloro che lavorano e vivono in una azienda. Ed è infatti proprio a questi che mi sono rivolto ed è da loro che mi aspetto come ho già scritto una presa di posizione in merito alla possibilità di continuare a scrivere liberamente nonostante queste dichiarazioni».
Io trovo semplicemente incredibile che quest’uomo chieda ai dipendenti della Mondadori – a «tutti», precisa – una «presa di posizione» su di lui.
È incredibile che non gli basti la presidentessa della società editrice.
Ma cosa vuole? Un plebiscito?
Un referendum aziendale?
Ma è uscito di senno?
Sulla questione del silenzio ha ragioni da vendere, va senza dire.
Ma quest’idea di chiamare in causa i dipendenti della Mondadori a me sembra completamente priva di senso. Politico e della misura.
A me sembra che lui voglia fre una distinzione tra i Berlusconi (e la loro religione pubblicitaria) e i mondadoriani liberi che lavorano per loro. Lui, legittimamente, chiede la loro adesione, non quella di chi gli dice che pubblicherà sempre quello che vuole, l’importante è che venda sempre. L’antimafia prescinde dalle separazioni partitiche ed ideologiche, nulla di strano che lui chieda una presa di posizione contro l’idea che le verità dolorose vadano taciute.
Viene in mente la Janeczek quando scrisse: “Chiunque abbia letto l’opera di René Girard centrata sulla funzione del capro espiatorio o conosca il mito e il rito del Re del Bosco analizzati dal Ramo d’oro di Frazer ha dimestichezza con la logica per cui figure investite collettivamente di un valore positivo e persino salvifico, siano per questa stessa ragione, destinate al sacrificio”.
A me sembra che scomodare la categoria religiosa del capro espiatorio sia fuor di luogo.
Con la Mondadori ha pubblicato lui; è lui che sa se ha avuto o no la libertà di scrivere quel che voleva.
E Berlusconi non è la prima volta che sostiene la stronzata (imperdonabile, questo assolutamente sì) che parlare della mafia sia un comportamento antiitaliano.
Se lui, Saviano, se n’è accorto solo quando Berlusconi ha pronunciato apertis verbis il suo nome, beh, è un problema suo. Di Saviano, intendo.
Tutti sappiamo cosa pensa e soprattutto – purtroppo – cosa dice e, ancora più «purtroppamente», fa Berlusconi.
Pretendere che alla Mondadori facciano un sondaggio sul tipo dei referendum che vengono indetti sugli accordi integrativi aziendali non mi pare un comportamento da capro espiatorio: mi pare un comportamento da ego gravemente ipertrofico.
Però sono consapevole che la mia è solamente un’opinione, e non ho la pretesa di convincere. Mi basta avere ancora la libertà di esprimerla. So accontentarmi.
Se poi egli intende promuovere ciò che va sotto il nome di «apertura del dibattito», a me viene da dire che i fenomeni non si producono perché qualcuno, una mattina, si sveglia e dice «ehi, facciamo che apriamo un dibattito, ché mi serve a capire un po’ di cose?».
I fenomeni si producono quando e se i tempi son maturi.
Se alla Mondadori c’è qualcuno che ritiene abbia senso pubblicamente parlare della questione della libertà di chi scrive per la casa editrice, bene.
In caso diverso, a me (a me, ripeto) la sollecitazione di Saviano pare un’inutile forzatura.
Mi domandavo: ma l’ha avuta, la risposta, o no?