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le parole sono importanti
Va detto che non ho visto il video del dialogo fra Gore e Saviano, e dunque mi fermo a guardare solamente il titolo, che può anche aver forzato il pensiero di Saviano. Se è così, mi dispiace (ma anche un lapsus di questo tipo avrebbe un suo perché).
Un’altra cosa che voglio dire è che credo non esista nessuno che possa sostenere che Saviano abbia mai pensato di fiancheggiare la mafia; e dunque sono certa che egli sia senza il minimo dubbio animato dalle migliori possibili intenzioni.
Fatte queste due precisazioni che non sono affatto insensate, mi interessa però anche rilevare che immaginare di poter un giorno «sconfiggere» la mafia configura secondo me:
– un’opinione estremamente alta di se stessi (la cosa è assai secondaria, ma non mi sembra illogico sottolinearla);
– un’enorme fiducia nella propria (e tiriamocela, va’) «efficacy»;
– e una sconfinata sicurezza di riuscire ad attivare le alleanze giuste e i circoli virtuosi necessari.
Io non sono un’esperta, però ragionevolmente suppongo che per «sconfiggere» la mafia sia necessario il concorso di tutte le circostanze e le volontà che fino ad ora nessuno è mai stato in grado di sincronizzare neutralizzando le tensioni contrastanti e gli interessi divergenti camuffati da comunanza di vedute.
Quando parlo di «sincronizzazione» penso agli aspetti investigativi, al lavoro degli inquirenti, alla guardia altissima della politica, alla mobilitazione della società in direzione univoca, coordinata e concorde; penso alle questioni economiche che alla mafia sono legate, tanto in termini di reddito prodotto quanto in termini di legami con gli erogatori del credito…
Non credo, onestamente, che il mio elenco sia esaustivo.
E – al di là dei risultati diversi che ciascuno di questi pezzi ha saputo o potuto ottenere – mi vengono anche in mente la Rete, e Falcone, e Borsellino, e dalla Chiesa, e i giudici ragazzini, e i giornalisti, e i commercianti, e gli imprenditori, e i poliziotti, e i carabinieri…
Però.
Con tutto il rispetto per Saviano, e pure per la «parola», e anche per la grande risonanza del suo profetico nome: come può egli sensatamente sostenere di raccontare la mafia (tra l’altro, mi domando se veramente Saviano stia raccontando la mafia) «per sconfiggerla»?
Lo ripeto: non penso affatto e neanche per scherzo che egli la racconti per farla prosperare.
Ma – francamente – sconfiggere la mafia mi sembra un obiettivo fuori dalla portata di Saviano (come di un’infinità di altri).
Sentirselo possibile è con ogni evidenza il frutto di un errore marchiano in almeno uno dei segmenti in cui si è articolata la propria analisi dei fatti.
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