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forse sono una stronza razzista
Uscendo dal lavoro ho visto un uomo disteso a terra sul marciapiede, con la schiena appoggiata alla facciata di un palazzo.
Davanti a lui c’era, rovesciato all’insù, un cappello con la visiera.
Quest’uomo mendica – ma sempre in piedi – da quelle parti.
Stasera singhiozzava disperatamente, era squassato dal pianto.
L’istinto mi diceva «vai, abbraccialo».
Poi mi è venuta la paura che puzzasse. Ci ripenso e mi pare impossibile: m’è venuta la paura che puzzasse, cazzo.
O che essendo io femmina lui potesse equivocare la natura del mio gesto, o anche solo aggrapparsi al mio gesto come un uomo disperato si aggrappa al corpo di una donna.
Che la volta che l’avessi rivisto non avrei più potuto dargli un’attenzione distratta mettendogli in mano due euro: avrei dovuto parlargli, ascoltare, esserci.
E poi ho pensato che tutti quanti ci allontanavamo da lui, e che in questo mondo assurdo non c’è nemmeno lo spazio per un abbraccio a un uomo disperato, solo, desolato, distrutto, sconfitto, fallito; per una carezza a un uomo che ha sognato e ha pagato caro ogni frammento del suo sogno.
Non so. Non ne esco.
Giovanni ha commentato: «È un uomo senza niente, senza se stesso».
E mi viene in mente che per molto meno di quel che ho scritto qui, quando avevo da poco aperto questo blog, ci fu chi mi diede della stronza razzista.
Forse sono una stronza razzista.
No, non lo sei. Mi permetto di segnalarti una situazione simile alla tua da me vissuta, e poi somatizzata, in questi versi.
Scusami la presunzione, ma mi piace farteli leggere. Questo il link. Ciao
http://www.alterlucas.com/2009/11/un-euro-in-meno.html
un post del genere andrebbe consultato ogni giorno.
Per esempio è il mio punto etico debole. Nel senso che aldilà delle belle parole, io quando incontro una persona che vive quel momento e lo vive in piazza, sono a disagio. Se basta dargli qualche moneta, certe volte la offro certe volte no. Qualche mese fa a casa mia di mattina capitava che una o più volte alla settimana suonassero dei giovani a vendere calzini asciugamani ecc.
io mi svegliavo di soprassalto, suonavano forte, andavo alla finestra mezzo addormentato e più o meno 4 volte su 5 rispondevo “mi spiace non compro nulla”, due tre volte ho dato 5 euro e mi sono preso dei calzini, tral’altro comodi perché li uso per andare in palestra. vabbè un giorno uno di loro mi pregò più volte “ho fame” ma io niente, poi se ne andò e mi sentii una merda. non sono più tornati, quindi manco ho potuto rimediare almeno una volta. Però se non ci fossero i soldi di mezzo a darci una mano saremmo ancora più nudi. Non credo di essere mai stato razzista, qualche volta stronzo, penso che per te sarà la stessa cosa.
Grazie, Luca e Paperinoramone.
Penso sia accaduto ad ognuno di noi…la consapevolezza che qualcosa irrimediabilmente è andato perso – la nostra spontaneità, la nostra umanità, una prigionia dei gesti e della mente che ci allontana da noi stessi e dagli altri. E se è il sistema che ha alzato le barriere chi altri se non noi stessi può abbatterle?
Questo post sembra il risarcimento di quell’abbraccio non dato. A lui no, a noi hai dato la possibilità di chiederci se darlo o no quando ci ritroveremo davanti ad un mendicante. Almeno, uno sguardo, un sorriso, privi di giudizio.
i poveri puzzano e pure tanto. Puzzano perché non si lavano, non lo possono fare, a volte non lo fanno per scelta o per ignoranza, ma sì puzzano. È una delle prime cose che vengono insegnate a chi fa volontariato. Puzzano da fare schifo. Probabilmente la loro puzza è proporzionale alla loro disperazione.
Eppure.
Eppure.
Sono loro che con il loro dolore danno a noi delle lezioni, il problema è se siamo o meno in condizione di comprenderle, in questo momento sono portato a dire che io non sono in grado. Ma grazie lo stesso per la riflessione.
Scusami, Eleas: il solo pensiero che «sono loro che con il loro dolore danno a noi delle lezioni» mi fa venire la nausea.
È un’impostazione cattolica che non sopporto: la sfiga esiste affinché io possa capire, imparare, e perfino essere buono.
Che culo, eh.
«Loro» siamo «noi» in un’altra situazione, sempre possibile nelle vite di tutti.
Il dolore insegna ciò che siam pronti a recepire; come tutte le cose della vita.
Ma non c’è nessun bisogno che qualcuno stia male per farci imparare qualche cosa.
La concezione utilitaristica della povertà mi indigna.
Lo dicevano sempre di mio fratello, quand’era piccolo: «Ah, quante cose ti insegnano, questi bambini!».
Quella frase è un insulto: per chi insegna, la cui esistenza pare valere in funzione della sua utilità per gli altri; per chi «impara», perché siccome sta imparando farebbe bene a non rompere i coglioni, a non lamentarsi e a non chiedere.
No, proprio no.
Le lezioni io le voglio da «noi».
Non tollero che ci sia un «loro» e un «noi», e non perché non mi vada di riconoscere le differenze; ma perché non amo fare comunità sulla base del tasso di sfiga, né fare comunella per guardarmi indietro alla ricerca di qualcuno più sfigato di me.
Se poi quell’uomo puzzasse io non lo so; l’ho solo supposto e temuto.
Puzzo anch’io, se non mi lavo.
vero fede verissimo, ma che ti piaccia o meno ammetterlo c’è un noi e un loro e il tuo atteggiamento di fuga (che sarebbe stato anche il mio, lo è tutte le volte che ne schifo uno al semaforo mentre mi vuol lavare il lavabile o vendere il vendibile o solo chiede l’elemosina), beh questo atteggiamento è già un fare comunella piaccai o meno, del resto se così non fosse scusami ma perché avresti messo un titolo del genere a questo post se non per un senso di colpa che forse è ancora più cattolico del mio atteggiamento utilitaristico?
Ho messo quel titolo per dire il fatto suo a chi mi prese per razzista per molto meno, quando scrissi un post su un fatto di cronaca che aveva coinvolto alcuni stranieri che venivano intervistati al Tg1.
Il senso di colpa l’hai visto tu.
Forse perché sei cattolico.
Ho messo quel titolo per dire il fatto suo a chi mi prese per razzista quando scrissi un post su un fatto di cronaca che aveva coinvolto alcuni stranieri che venivano intervistati al Tg1.
Il senso di colpa l’hai visto tu.
Forse perché sei cattolico.
scusa tu dici che “avresti voluto” abbracciarlo che non l’hai fatto, scrivi un post dal sapore abbastanza espiatorio e quello che vede i sensi di colpa sarei io? Mah, sìsì sono cattolico, ma questo perdonami ma che c’azzecca?
In quanto tale debbo necessariamente rispondere a tutti gli stereotipi sui cattolici? Mi pare non sensato.
Se non è per senso di colpa allora non comprendo il significato di questo post? È una cosa intellettuale? A me pare che umanamente tu ti sia resa conto che quel collettivo allontanarsi dal povero fosse una cosa vigliacca. Ma te lo dico perché mi capita 300 volte al giorno e anche io vigliaccamente scappo. Che quell’abbraccio si dovrebbe avere il coraggio di darlo anche se quello puzza o sconvolge il nostro modo di sentire. Ma non siamo capaci di darlo.
Io penso che la tua equazione «umanità» uguale «senso di colpa» non mi corrisponda. È solo questo.
Non è un post «espiatorio», ma se l’hai letto così va bene.
Non credo che l’abbraccio dovremmo comunque darlo; credo che spetti al nostro discernimento.
Se non ci viene di darlo sarebbe inutile darlo: sarebbe come un fioretto, e poi di corsa a lavarsi con il sapone forte.
L’umanità è condivisione, non abbraccio temporaneo forzoso per non sentirsi in colpa.
In questo post io sento la mancanza della condivisione, mi domando che mondo è quello che non condivide; non quello che non abbraccia perché sarebbe giusto farlo e poi via a lavarsi.
non so non è che mi convinca la storia della condivisione, condivisione vorrebbe dire andare molto al di là di un abbraccio, vorrebbe dire dividere assieme a lui qualcosa, le pene? Le proprie cose? Te l’ho detto sono cinico in questi giorni, ma non riesco a credere a questa idea della condivisione né se proposta da un comunista né se proposta da un prete. Mi blocco anche prima alla compassione che non ritengo possibile soffrire con uno sconosciuto per casini suoi, che tanto poi restano suoi.
La mia non era un’equazione comunque, non dico che sia una legge ferrea questa. Dico che si deve essere persone estremamente particolari per riuscire a condividere una pena con qualcuno e non usare poi come dici tu il sapone forte, che spesso le proprie di pene sono abbastanza incasinate.