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al signorino vestito di bianco
Mio caro signorino vestito di bianco,
lasci che le dica una cosa.
Il fatto che lei possa un giorno ottenere, grazie al servilismo di gente che conosciamo entrambi ma lei certamente meglio di me, che questo Paese faccia tornare l’aborto nella clandestinità non significa affatto che lei avesse il diritto di ottenerlo, né che le donne – al contrario – non abbiano il diritto (sì: il di-rit-to, trattandosi del loro corpo e della loro vita, e non della sua, signorino vestito di bianco) di abortire.
D’altra parte, essendo l’aborto un’opzione praticabile da sempre, non si vede chi possa avere il diritto di scegliere se farlo oppure no se non la donna.
Chi argomenta contro l’esistenza di un «diritto» argomenta assai male; giacché sostiene che la donna non ha il diritto di abortire ma altri hanno il diritto di impedirglielo.
Come stupirsene, in realtà, se lei pensa che un embrione – che nessuno sa se diventerà una persona – abbia più diritti di una donna.
Sa cosa le dico, signorino vestito di bianco?
Che mi piacerebbe che fosse incinto lei.
La vedrei benissimo con un bel pancione.
Ma lei la vita, signorino, non la può dare.
La possono dare solo le donne, caro signorino.
Sappia, lei, che non ci sarà mai nessuna legge che potrà impedire a una donna determinata di abortire.
Le donne sanno decidere, anche se lei non vorrebbe.
Che peccatone, eh?
Su una cosa lei ce l’avrà vinta: che se l’aborto torna clandestino un po’ di donne moriranno.
Ma a lei non dispiace, vero?
In fondo se non ci fossero le donne l’inferno sarebbe un posto tristissimo.
Non ci sono nemmeno abbastanza sordomuti per tutti voi!
Federica, non c’è nulla da aggiungere, solo grazie per averlo scritto.
Grazie a te.
Non sono solo i blog a fare sentire meno soli quelli che li leggono (come a volte mi capita di sentire); sono anche le persone che leggono a far sentire i blogger meno soli!
ma secondo te, sotto il vestitino bianco, è il pistolino che parla oppure tutta quella fuffa che usa per nasconderlo? o forse è proprio per mantenerlo nascosto, e apparentemente silente, che mister White gonfia a dismisura quella fuffa e fa discorsi, anatemi, minacci, bolle, scomuniche…un vociare che tenga a cuccia quel piccolo sputatore, improvvido talvolta latore di scelte difficili e di trasformazioni di corpi, soldatino rigido che rapido si spegne in vermicello, compiuto il gesto -magari senza avvisare e magari senza lasciar godere.
Attaccare l’aborto fa il paio (o il triplo o il quadruplo) con la femminilizzazione della politica dell’era contemporanea: le bellissme scosciate disponibili escort-velette-candidate ‘tutti alla festa, dai’ sono sistematicamente sterili, chimicamente e caucciuamente attrezzare all’anti-ingravidanza. Ma il signorino Bianco, porcalavacca, non si accorge che mentre vede la pagliuzzina della ragazzine di 17 anni rimasta incinta con l’amico 21enne che non aveva mai fatto l’amore prima e non sapeva chiaramente fare, ecco prima di questa pagliuzzina, non si accorge dell’orchestra gigante che suona il puttanaismo maschiofemmineo, inneggiante all’accoppiamento multiplo e ripetuto e rigorosamente infecondo??
non si accorge che il diavolo è lì che lavora e non nei consultori? e intanto i soldatini iniziano la battaglia….
v
Ti copio un commento che ho ricevuto su Facebook.
«Che brutto tono il tuo incipit, Federica. Indispone anche chi starebbe volentieri a seguire il tuo ragionamento. Mi sembra eccessivo, ingeneroso, saccente. Era davvero necessario quel “mio caro signorino vestito di bianco”?»
federica, non sono d’accordo. semplicemente.
non sulla sostanza del tuo giudizio, intendo; e nemmeno riguardo lo stile irriverente ma efficace con il quale tu ci arrivi. è la catena logica che dell’argomentate che non mi convince.
ad esempio: l’aborto è “un’opzione praticabile da sempre” dalle donne. “dunque”, è un diritto.
si potrebbe rispondere secondo la stessa consequenzialità: l’omicidio è un opzione praticabile da sempre dagli uomini, “dunque” è un diritto.
no federica, sappiamo benissimo che le cose non stanno a questo modo. e se non stanno a questo modo, le cose, nemmeno le catene logiche che saldano premesse a conseguenze, conducono alla “necessarietà giuridica” che tu prospetti.
direi addirittura che non si dia utilizzo della congiunzione “dunque”, clava linguistica interna a ogni processo logico-sillogistico, nel discorso delicato che tu provi a sbrogliare a questo modo: con i “dunque”, più che con i se e con i ma.
perché, ad esempio, la guida spirituale di una delle religioni con più adepti al mondo, non potrebbe esprimersi su una questione che riguarda qualcosa la cui essenza è intimamente sacra, prima ancora che religiosa?
sì federica, l’origine ma anche il termine della vita, contengono fatalmente un elemento “spirituale”, che la religione prova a interpretare secondo ciò che a noi appare come un assurdo codice braille, mentre le nostre categorie logiche brancolano nel buio
un mio amico, professore universitario di biologia, mi spiegava proprio ieri che non solo la scienza non ha la minima idea su cosa sia la vita, e su come si sia giunti ad essa, ma come anche la morte rappresenti un enigma per la scienza: quando inizia la morte, quando si finisce biologicamente di morire, e perché?
federica, per carità, non voglio ora mettermi a fare il professorino. a maggior ragione a farlo qui, sul tuo blog, il tuo spazio bellissimo da cui sempre mi congedo con piacere e nuove idee.
penso però che la questione che tu affronti sia mal posta, tanto che questo errore di prospettiva finisce col proiettarsi sul giudizio finale; al quale per altro approdo anche io, ma secondo tracciati assai più lambiccati e sofferti.
a rischio di essere pedante e noioso, provo dunque a riassumerli:
– io credo con convinzione che il papa della chiesa cattolica romana abbia tutto il diritto ad esprimersi su un’azione umana volontaria, quale l’aborto certamente è. un’azione che, in forme oggettivamente incerte per la scienza, misteriose, coinvolge la vita e la morte in una misura non solo potenziale.
– con l’aborto “qualcosa” cessa infatti di vivere, è un fatto federica. altro fatto è che io non sappia minimamente cosa sia quella cosa lì, che si interrompe attraverso la pratica volontaria dell’aborto. il papa ha però delle ottime ragioni (morali), e perfino un “dovere” nei confronti della comunità dei fedeli che a lui si riferisce. e ricordo di volata che la religione cattolica non prevede, come altre religioni, la moltiplicazione delle interpretazioni, richiamando la propria guida pastorale a tale responsabilità: ermeneutica ma anche profetica.
– l’interpretazione offerta dal papa sull’aborto, riguarda dunque categorie che non sono fattuali. piuttosto religiose, profetiche.
– abbiamo così un fatto che riguarda il corpo della donna. o meglio un fatto che riguarda “principalmente” il corpo della donna, il personale sistema di valori e la biografia e perfino la fisiologia di chi lo sperimenta: “quella” donna. ma anche, in forme indirette, il “fatto-aborto” coinvolge l’intera comunità umana, già che tale fatto (l’embrione) appartiene a una specifica donna essendo al contempo “oltre” la donna, in quanto partecipe dell’attributo dell'”umano”. i cui confini, come abbiamo visto, non sono fattuali ma incerti e misteriosi.
– nei termini del diritto storico, o perfino naturale, a cui tu federica ti appelli, la questione mi pare che debba essere quindi riformulata in modo differente. ad esempio assicurando alle donne un diritto fattuale: abortire oppure no, fare o non fare qualcosa “con” e “sopra” e “attraverso” il proprio corpo. ma allo stesso tempo è necessario garantire un diffuso diritto cognitivo e d’espressione, meglio d’interpretazione, verso qualcosa che obiettivamente ci è nei fatti ancora ignoto, ma anche profondamente riguarda nella sua radice umana che tutti coinvolge.
– in conclusione. io credo che papa benedetto XVI non stia facendo davvero nulla di illecito, non da una prospettiva religiosa ma nemmeno laica, nell’esprimersi in modo recisamente contrario all’aborto. illecito, da un punto di vista logico e quindi politico e quindi giuridico, sarebbe però che la sua opinione (la sua “interpretazione”) venisse assunta, per la semplice autorevolezza della sua figura, quale principio d’ordine giuridico di una comunità estesa: non più religiosa ma politica. con ciò confondendo, truccando, la misura dell’intepretazione con quella del diritto.
– diritto che, al termine del legittimo e democratico confronto delle interpretazioni, deve vedere prevalere il diritto “operativo” (non interpretativo, attenzione) della soggettività maggiormente coinvolta da un qualsiasi fatto che abbia ricadute nel bios. e pertanto fino a che non che non ci si possa esprimere con certezza, ma solo attraverso vaghe interpretazioni e slanci dell’emotività, sulla dubitabile condizione di soggettività dell’embrione – che gli conferirebbe nel caso diritto umano, quindi tutela biologica – ritengo fatale che la parola ultima del diritto formale finisca con l’essere consegnata alla donna.
– ma ciò al termine di un percorso logico ma anche umano ma anche spirituale e perfino religioso, che come si può intuire è assai sofferto. e che non potrà mai essere riassunto nell’araldica ludica di una femminista che congiunge indici e pollici delle due mani, proclamando il più imbecille degli slogan. “l’utero è mio e lo gestisco io”.
sperando di non essere stato arrogante o pretenzioso, e augurando le cose più belle a te e a questo blog (e anche buona pasqua, dai)
guido hauser
Non parlavo di diritto naturale.
Sul diritto naturale non ho niente da dire e dichiaro incompetenza. Di diritto naturale pretende di parlare il papa, e parli tu.
Il tema del diritto naturale mi è di nullo interesse, in questa situazione.
Il papa può parlare quanto e come vuole, ma non di diritti in senso politico.
Non può decidere al posto mio.
Parli pure ai suoi. Lasci stare la legge. Non sono cazzi suoi, ma miei.
Il fatto che le donne abbiano sempre abortito e che nessuno sia mai stato in grado di proibirglielo per me configura un diritto. Paragonare la cosa all’omicidio è specioso.
L’omicidio non avviene all’interno del corpo di una donna o di un uomo. Avviene in (a danno di) un corpo “altro”.
Dimenticarlo è sbagliato.
L’umanità è coinvolta dal fenomeno in termini generali; non volta per volta nella singola scelta. Nella singola scelta c’è solo una donna.
Nella scelta non ha il diritto di mettere becco nessuno che non sia la donna.
In altri termini – chiedo scusa – credo che un uomo non possa sapere e – mi spiace – nemmeno parlare, se non all’interno di un rapporto sentimentale in cui il diritto di parlare gli venga riconosciuto dalla donna.
Il fatto che con l’aborto qualcosa cessi di vivere è irrilevante. Non perché mi piaccia, o perché sia bello, o perché sia commendevole.
Ma solo perché nessuno può pretendere che quel qualcosa debba per forza continuare a vivere se non lo vuole la donna il cui corpo fa di quella “cosa” una “cosa” che punta alla vita (o vive già, non importa).
Quando una donna decide di abortire, lo fa tenendo presente che quella è la sua vita.
Fuori tutti.
Ps. Cosa ti fa pensare che il mio tragitto non sia sofferto, Guido? Solo il fatto che mi esprimo in modo tranchant? Ti garantisco che il tuo è un giudizio estremamente affrettato.
Scusa se sono così passionale, ma questo è un tema su cui a mano a mano che passa il tempo divento sempre più radicale.
Una cosa son le donne, un’altra gli uomini.
Pensate a voi, grazie, ché a me ci penso io.
😉
federica, ti avevo scritto una lunga risposta. persa, non so perché, in un copia incolla.
lo prendo dunque come un segno, riservandomi di sviluppare l’argomento in altri luoghi, altri tempi, chissà…
aggiungo solo una cosa veloce. con tutta la simpatia che provo per te e le cose che scrivi, trovo questa tua secondo aggiunta molto grave. da un punto di vista della forma dell’argomentare, intendo. in cui ci sono tutte le premesse per i peggiori esiti dell’irrazionalismo militante; quello che nella sostanza affermi di contrastare.
solo un breve esempio, allora.
la tua affermazione “Il fatto che le donne abbiano sempre abortito e che nessuno sia mai stato in grado di proibirglielo per me configura un diritto”, può essere replicata nello schema logico-sillogistico a questo modo:
tutto ciò che da sempre avviene senza efficace impedimento, si configura come diritto (premessa maggiore)
gli uomini da sempre hanno stuprato le donne (premessa minore)
dunque, lo stupro è un diritto (conclusione)
e il fatto che a tale affermazione tu subito dopo aggiunga:”Paragonare la cosa all’omicidio è specioso.
L’omicidio non avviene all’interno del corpo di una donna o di un uomo. Avviene in (a danno di) un corpo “altro”. secondo me non fa che aggravare il quadro concettuale.
infatti il paragone che io ponevo non era tra aborto e omicidio – questa analogia viene istituita discrezionalmente da te – ma tra una azione di cui si pretenda la legittimità giuridica e il fatto che quella stessa azione, qualsiasi essa sia, da sempre venga replicata senza che si sia riusciti a contenerla.
come si è visto, lo stesso paragone può essere infatti ritrovato con lo stupro, o con il furto, la tortura, il razzismo. tutte azioni replicabili, e replicate, senza che un diritto negativo abbia saputo opporsi con efficacia duratura.
ecco, da un punto di vista logico-formale, l’operazione che tu fai è quella di prendere un diritto negativo e volgerlo in diritto positivo, secondo quell’impulso giusnaturale che affermi in altri passaggi di disconoscere.
insomma, è davvero molto complicato arrivare a un confronto di opinioni in questo modo – opinioni che sono in verità molto vicine, quando ad allontanarci è la forma del pensiero.
forma, e quindi sostanza, che trova la sua estrema distanza nell’equivalenza tra corpo femminile e feto:
“L’omicidio non avviene all’interno del corpo di una donna o di un uomo. Avviene in (a danno di) un corpo “altro”.”
o ancora.
“Quando una donna decide di abortire, lo fa tenendo presente che quella è la sua vita.
Fuori tutti.”
ecco, da un punto di vista ancora della forma del ragionamento, questa affermazione ha natura dogmatica. si pone infatti come dato acquisito un’equivalenza (tra feto e corpo femminile) che non è suffragata da nessun dato scientifico o filosofico o semplicemente razionale.
è una semplice affermazione, insomma. che va a costituirsi come premessa di un argomentare che sarebbe anche corretto, al netto di quel vizio d’origine.
prendere un’affermazione arbitraria (il corpo della donna è omologo al feto) ponendolo come fondamento ad un discorso che vuole essere persuasivo, è infatti quanto fanno anche le gerarchie vaticane. solamente, loro invertono le lenti del binocolo.
il dogma, travestito da apodissi, diventa dunque: il feto è completamento altro alla donna, in quanto soggettività umana già determinata.
e chi lo dice, e chi lo sa che il feto è già una soggettività umana determinata?
se però noi prendiamo per buona la loro dogmatica travestita, siamo costretti a seguirli in un sillogismo simile al tuo:
togliere la vita a un essere umana è un delitto.
il feto è un essere umano.
dunque, l’aborto è un diritto.
come vedi, lo stesso processo viziato può portare a esisti contrapposti. e in fin dei conti a me interessava mostrare proprio questo. come in in certe posizioni apparentemente democratiche e progressive, al fondo si celi una premessa di tipo irrazionale, non verificata. cioè un’adesione emotiva e appassionata al tema.
e per quanto le emozioni e le passioni, che tu giustamente rivendichi, sono quella cosa che muovono i tacchi dei ballerini e le sciarpe al vento sulle montagne russe, io temo molto le emozioni e le passione nei ragionamenti.
specie in quelli che toccano una materia così incerta e dubitabile. dove, invece che “fuori tutti”, io davvero direi: dentro tutti.
purché si rispettino le regole del gioco, e non si prenda la palla a calci a pallacanestro e con le mani a calcio. per quanto la palla sempre rotonda è, come ripeteva il mio allenatore di minibasket…
(spedisco senza rileggere, scusa, non sono ancora andato a dormire le sette pasate)
un sorriso e buona pasqua
gh
No, Guido.
Un conto è buttarla sul logico-filosofico.
Un conto è vivere le cose.
Un uomo ci ragiona perché è l’unica cosa che può fare.
Una donna ci ragiona se vuole, perché ha anche la possibilità di pensare «sono cazzi miei, fuori tutti».
Non ragionavo, nel post. Il che naturalmente non equivale a dire che s-ragionavo.
Dicevo solo che il papa dovrebbe star fuori dall’idea dei diritti politicamente negoziati, e che il papa dovrebbe star fuori dai fatti miei.
Non ho costruito nessun sillogismo del genere di quelli citati da te.
L’unico dogma che ho è che io sono una femmina, che le cose avvengono dentro di me, e che nessuno ha il diritto di dirmi che cosa devo fare.
Che parlino, per carità.
Ma che non decidano per me.
Dice: ma tu uccidi un essere umano.
Non lo so, e non sono in condizione di domandarmelo, perché IN QUELLA SPECIFICA SITUAZIONE è un «o me o lui/lei/esso».
Né rileva se il corpo del feto/embrione sia o no altro da quello della donna che lo porta; giacché non so immaginare chi altri potrebbe costringere una donna a fare di quel feto/embrione ciò che lui (l’altro) vuole, se non qualcuno che si arroga un diritto che non ha.
Se si incingessero gli uomini, sarei forse io, qui, a dirti, vedi, Guido, ma il sillogismo e la premsessa maggiore, e la logica, e la passione, bella, per carità, ma mi fa paura.
Buona Pasqua anche a te.
(Il fatto è che su aborto, maternità e fecondazione sono inavvicinabile).
Ps. Non volevo in alcun modo essere persuasiva.
Se anche faccio come le gerarchie vaticane (?!), lo faccio – come dire? – sul «mio», su di me.
Dice: non è tuo.
Vabbè, pazienza. La pensiamo in modo diverso.
Per un uomo un figlio è sempre un’astrazione.
A te interessava dimostrare che l’argomentare era inficiato dalla passione?
A me non interessa che la mia posizione venga rubricata fra quelle democratiche e progressive.
A me interessa dire che l’aborto sono fatti delle donne.
Irrazionale?
Argomentare fallace?
Forse.
Fatto sta che l’unico modo che ha un uomo per impedire a una donna di abortire è costituirsi in potere fittiziamente superiore a quello che in quel momento, sulla vita e sulla morte, detiene una donna.
Il mio problema non è far dialettica col papa, i papisti, i razionalisti, i progressivi, i democratici.
Il mio problema è che io sono – in qualità di donna – l’unica che può decidere.
Ciao Federica,
sono un po’ sconnessa e ho mal di testa. Volevo dirti che non trovo per nulla eccessivo, ingeneroso, saccente il tuo incipit; che l’idea che per un uomo un figlio sia sempre un’astrazione mi sembra formulata in modo impeccabile. Ma mi limiterò a esprimere il mio completo senso di appartenenza al genere femmina come tu lo descrivi.
Grazie, bacio
Anna!
Ciao!
Come stai?
Qui butta malone…
Casa? Resto? Lavoro?
Grazie del commento (mi rincuora: sai, su queste cose io sono estremamente radicale, ma il «ragionamento» mi irrita, è più forte di me. La corporeità viene prima di ogni ragionamento. Niente è astratto, per me, in queste materie. Non lo può diventare, non lo potrà essere nemmeno quando avrò cent’anni).
Baci, cara Anna.
ciao federica, scusa se ti rispondo con ritardo. e dunque, mi chiedi:
“A te interessava dimostrare che l’argomentare era inficiato dalla passione?”
no, a me interessava “dimostrare” che stai dicendo delle cose profondamente sbagliate: nelle premesse, principalmente. e quindi nelle conclusioni che da quelle premesse ricavi.
invece di avventurarmi dentro la pedanteria di una struttura logico-persuasiva, avrei potuto, certo, dire che “sento” che stai dicendo delle minchiate colossali.
ma intanto non lo penso, e poi credo che a questo mondo non si proceda molto in un confronto di opinioni (specie su internet, dove l’aggressività e l’irrazionalismo vendicativo sono sempre in agguato, a ogni giro di frase)
un ragionamento, dunque. a cui tu nuovamente opponi il “dato biologico”, chiamiamolo così, per cui la tua carne percepisce che le cose stanno, inequivocabilmente e “naturalmente”, a questo modo.
un sentire della carne, insomma. che non è mai discutibile e io rispetto.
ma in fin dei conti anche un leghista, anche un nazista, dispone di un sentire della carne. e da certe premesse “carnali” arriva a certe conclusioni operative.
io non penso, attenzione, che il sentire della tua carne sia in alcun modo paragonabile a quello di un leghista o di un nazista. prendo però atto che la struttura logica del tuo ragionamento è ad essi equiparabile, per tua precisa e rivendicata volontà.
condividendo con queste culture pre-razionali l’esaltazione del dato di natura – il “bios” – che si oppone all’elemento civilizzante, percepito come spurio (“fittiziamente superiore”, tu lo chiami)
ecco, io credo invece che un potere (fittiziamente) superiore non debba essere considerato come necessariamente invasivo di una presunta “verità della carne”, ma possa essere anche un potere negoziale, logico, persuasivo. che di quella percepita “verità” smentisca alcune intime premesse d’arbitrio, mostrandone gli schemi irrazionali soggiacenti.
hitler era nella condizione “naturale” – ne deteneva cioè la forza e le risorse materiali – per sterminare gli ebrei che si trovavano “innaturalmente” in germania, un luogo estraneo ai loro antenati.
l’aborto non è la shoah, ripeto.
l’aborto non è la shoah, ripeto una seconda volta a scanso di equivoci.
ma la struttura del ragionamento è la medesima: assumere un dato naturale e una consuetudine storica come elemento di pretesa fondazione di un diritto positivo (sterminare gli ebrei, cacciare i terroni etc)
le ragioni – i diritti – per cui gli ebrei non vanno sterminati e i terroni cacciati a calci nel culo, sono viceversa meno immediate. il diritto negativo è sempre figlio di un processo.
eppure al termine di questo processo ci sembra di poter concordare su questo dato: più nessuno tocchi caino!
ugualmente io credo che il ragionamento intorno all’aborto debba essere considerato come un processo tutt’ora in corso, sui ci mancano ancora troppe variabili per poterci pronunciare con certezza: come uomini ma anche come donne, come cittadini. e per poter infine rivendicare una verità di sintesi morale, che faccia da premessa fondativa a un diritto percepito come non più negoziabile.
e però, allo stesso tempo, abbiamo l’urgenza di sintesi procedurali, con cui tamponare l’incalzare dei singoli casi specifici.
da un punto di vista disciplinare, anche a me pare dunque che la voce della singola donna coinvolta, come già ti ho scritto ormai molte volte, sia da ritenere quale elemento di discrimine; ci si debba insomma affidare al sua parola ultima: abortisco o non abortisco.
ma ciò NON in base a un preteso “diritto naturale” e definitivo nei confronti di “qualcosa” che la riguarda, certo, e anche molto profondamente, ma anche l’esorbita in un enigma che richiama l’intero consorzio umano, la soglia e il limite della vita (vita di quella donna ma vita anche di quella “cosa” altra, che in quella donna non si risolve)
per l’insieme delle ragioni nuovamente esposte, io continuo a pensare che l’aborto NON sia un “fatto delle donne”, come tu scrivi, riscrivi, ribadisci e affermi.
l’aborto è un evento che si consuma alle soglie dell’umano, dentro un corpo femminile, certo, ma che non si esaurisce in un corpo femminile.
l’aborto è un fatto che riguarda l’umano.
e così non solo tu, io ma anche il maggior rappresentante di una delle maggiori religioni al mondo, credo abbia il diritto di esprimersi sull’umano.
anzi, credo che ne abbia il dovere.
ti auguro giorni buoni, federica.
guido h.
La verità del corpo non è paragonabile al diritto naturale, Guido.
Io penso che un conto sia ragionare in termini generali, da legislatori, mi verrebbe da dire.
Un conto è parlare da donne e da uomini.
Nel mio post parlavo da donna.
Come ti ho già detto, non pretendevo di svolgere un ragionamento, anche se questo – naturalmente – non implicava il fatto che io stessi s-ragionando.
Semplicemente, parlavo da corpo di donna.
Niente di strano che non ci si capisca, credo.
Lasciami solo dire che il paragone con il “sentire della carne” di un nazista o di un leghista fa acqua.
Carne significa corpo.
Buoni giorni anche a te, Guido.
Spero che l’esser così distanti su questa cosa non ti induca a pensare che non si possa discutere ancora, e magari esse d’accordo su altre cose.
Ciao.
cara federica, ti rispondo con molto ritardo. assente dal pc per problemi tecnici ma anche pigrizia, depressione e vari malumori della carne.
la carne, dunque. il corpo e la sua presunta verità.
la “verità del corpo”, quale tu scrivi, non è certamente paragonabile al diritto naturale. di più: la verità del corpo non è vera; è cioè parziale, spesso intransitiva.
per questa ragione, e davvero per concludere, il mio intervento intendeva in fondo mostrare solamente la scarsa ragionevolezza della carne, quando siano in gioco diritti che in essa non si esauriscono.
l’aborto è con tutta evidenza uno di questi casi – dove l’evidenza non consiste in ciò che l’aborto è, ma in quel che non è.
tanto che possiamo affermare senza tema di smentita che il feto rimosso chirurgicamente NON è il corpo della madre; per quanto, con uguale sicurezza, possiamo aggiungere che il feto NON è nemmeno estraneo a tale corpo.
il feto come parte esorbitante della carne della madre, potremmo dire con un paradosso. e proprio perché di paradosso si tratta, nella fondazione di un diritto culturale quale quello dell’aborto, io credo che sia necessario ascoltare molte voci.
riconsegnando infine la scelta definitiva a quella voce parziale – ripeto: parziale – che è la donna che ospita nella propria carne il paradosso di una vita in fieri.
spero anche io di ritrovarti per altre parole, magari meno spigolose (ad esempio quelle del tuo romanzo, che ho acquistato ieri)
un sorriso e un buon giorno per te, federica
guido h.
Grazie, Guido. Dei commenti e per il romanzo, dico.
Mi dispiace per i tuoi malumori, non sono cose belle.
La carne è carne.
La carne è debole.
La carne è femmina.
Forse…