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non c’era risveglio
La lama disse: «Non posso chiederti il permesso, devo trafiggerti e basta. Vedi là dietro? Siamo tante, non puoi far niente contro di noi».
Lei piangeva e faceva uno strano rumore; come un sibilo, una specie di i che si confondeva con una e.
«Non fare così», disse un’altra lama. «Pensavi veramente che non ti avremmo trovato? Su, non fare la femmina».
Lei stava rannicchiata su un tavolo, la faccia gonfia di pianto, la testa immersa nell’incubo.
Zac.
Non poteva più muoversi. La lama l’aveva fermata al legno.
Altre lame stavano arrivando, insieme a tante torce accese di fuoco.
Piangeva, e i singhiozzi allargavano la ferita intorno alla lama che l’aveva trafitta.
«Ci avevi lasciato da qualche parte», gridarono tutte le lame in coro, senza perfidia, con l’aria di chi prende atto. «Ti eri mossa, ci avevi schivato. Correvi, tu. Andavi avanti. Ti mettevi vestiti pesanti e scappavi via scivolando. Pensavi che quel che non si fa oggi si può fare domani. Be’, non è vero. Non è vero per te, perlomeno. È vero per altri, ma non è vero per te. È vero perfino per noi».
Lei piangeva. Il grido era diventato una rauca a. Tossiva forte.
«Vedi? Ora ti dobbiamo sbucciare come se fossi una pesca», dissero le lame.
Il suo seno diventava sempre più liquido, piccolo; palloncino bucato. Lei piangeva e urlava, ormai.
«L’ho visto!», ripeteva. «Io l’ho visto! C’era! Dov’è adesso?».
Arrivarono anche le fiaccole.
«Pensavi davvero di potere?», dissero le lame ridendo. «Muovi quel braccio, su. Dàccelo. Dobbiamo toglierti la pelle, non fare tante storie».
«Sì!», urlò lei. «Pensavo di potere!!!».
«Ferma», dissero le fiaccole. «E invece non puoi, scema. Adesso hai imparato qualcosa? Non ti muovere, dobbiamo bruciarti il cuore».
«Lo sapevo già! Non posso più sognare, è questo quel che dovevo capire! E lo sapevo già!».
«No che non lo sapevi», dissero alcune delle lame infilandosi tutte contemporaneamente sotto le costole e conficcandosi nel legno.
Sto liquefacendomi, sto cadendo liquida dal tavolo, si disse lei.
«No», dissero le fiaccole e le lame. «Ti abbiamo sentita, sai? Noi ti sentiamo pensare. Non stai liquefacendoti tutta: solo un po’. I piedi, per esempio. Ora ti bruceremo il cuore e il ventre, e poi potrai liquefare il resto».
Lei piangeva forte.
Quando le bruciarono il cuore non sentì male.
Fu quando il ventre crepitò che capì che tutto il resto era già scivolato giù dal tavolo, gocciolando.
Son sempre stata pancia, si disse.
Solo pancia.
Ogni donna è pancia.
Ero pancia.
Pancia.
Il dolore era enorme.
E non c’era risveglio.
inchino,
con piacere.
v
(piacere? ma se ci ho badato 2 giorni per leggere tutto ‘sto post? che mi faceva paura! lame, liquefazioni e parole, tutte ste parole in mezzo a corpo ed oggetti pericolosi!! ci penso….)
Il corpo è un campo minato, il luogo della vita.