il piacere della parola che vola libera, potente e feconda

Grazie a James O’Neill (god bless you, man), ho scoperto i podcast di Stephen Fry, che ho gratuitamente scaricato da iTunes.

Quello sul linguaggio – mezz’oretta di ascolto a tratti un po’ ostico – è estremamente interessante per il gran numero di pieghe interiori che – tra mente, pancia e cuore – distende, sollecita e stiracchia.
Lo si trova qui.
Ne riporto un passaggio secondo me cruciale.

If you are the kind of person who insists on this and that «correct use» I hope I can convince you to abandon your pedantry.
Dive into the open flowing waters and leave the stagnant canals be.

But above all, let there be pleasure.
Let there be textural delight, let there be silken words and flinty words and sodden speeches and crackling utterance and utterance that quivers and wobbles like rennet.
Let there be rapid firecracker phrases and language that oozes like a lake of lava.

Words are your birthright.
Unlike music, painting, dance and raffia work, you don’t have to be taught any part of language or buy any equipment to use it.
All the power of it was in you from the moment the head od daddy’s little wiggler fused with the wall of mummy’s little bubble.

So if you’ve got it, use it.
Don’t be afraid of it, don’t believe it belongs to anyone else, don’t let anyone bully you into believing that there are rules and secrets of grammar and verbal deployment that you are not privy to.
(…)
Just let the words fly from your lips and your pen.

Give them rhythm and depth and height and silliness.
Give them filth and form and noble stupidity.
Words are free, and all words, light and frothy, firm and sculpted as they may be, bear the history of their passage fron lip to lip over thousand of years.

Cioe, più o meno:

«Se sei quel tipo di persona che batte costantemente sul tasto dell’«uso corretto» di questo e di quello, spero di riuscire a convincerti ad abbandonare la tua pedanteria. Nuota nell’acqua che scorre senz’argini e lascia perdere le acque stagnanti.

Ma soprattutto, consèntiti di percepire il piacere. Consèntiti di percepire il piacere del testo, lascia spazio a parole morbide come la seta e parole affilate come la selce, a discorsi intrisi d’acqua e discorsi che grondano linfa, a dichiarazioni crepitanti e a dichiarazioni che tremolano e oscillano come il caglio.
Lascia spazio a rapide frasi-petardo e a una lingua che fluisce senza fretta come un fiume di lava.

Le parole sono un diritto naturale di chiunque.
A differenza di quel che accade nella musica, nella pittura, nella danza o nella lavorazione della rafia, non hai bisogno che della lingua ti sia insegnato alcun elemento, e per poterla utilizzare non devi acquistare nessun equipaggiamento speciale.

Tutto il potere della lingua è dentro di te fin dall’istante in cui la testa dello spermino di papà s’è fuso con l’ovettino di mamma perforandone le difese.

E se ce l’hai, quel potere, usalo.
Non averne timore, non credere che esso appartenga a qualcun altro, non permettere a nessuno di esercitare la sua prepotenza per convincerti che esistono regole e segreti di grammatica e «schieramento» verbale alla cui condivisione iniziatica tu non sei ammesso.
(…)
Lascia semplicemente che le parole volino fuori dalle labbra e dalla penna.
Da’ loro ritmo, e profondità, e altezza, e insensatezza.
Da’ loro il sudiciume, e la forma, e una magnifica stupidità.

Le parole sono libere, e tutte le parole, per quanto leggere e vacue o solide e scolpite possano essere, portano con sé la storia del loro passaggio di bocca in bocca lungo il corso di migliaia d’anni».