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il grande romano e l’incurabile comunismo
Adoro quest’uomo:
«Abbiamo approvato il principio del federalismo fiscale perché vogliamo che ogni Regione sia responsabile delle proprie spese e gli elettori apprendano a scegliere rappresentanti onesti, capaci, attenti all’uso del pubblico denaro».
Vorrei dirgli che non ho approvato un accidenti, io.
Che la frase «perché gli elettori apprendano a scegliere rappresentanti onesti» eccetera è volgarmente paternalista e pure sciocca, perché non c’è nessuna regola che possa insegnare un criterio di scelta.
E perché non è che l’onestà, la capacità (mi dica Romano, per favore, la capacità di fare che cosa) e l’attenzione all’uso del pubblico denaro sia tutto ciò che un elettore ha da chiedere all’eletto.
Ma faccio la brava.
Resisto e vado avanti.
E scopro che la colpa di tutto è dei cortei, di queste cose da casinisti maleducati che hanno avuto «già alcuni effetti perniciosi»…
«Queste due manifestazioni nazionali hanno già avuto alcuni effetti perniciosi.
In primo luogo hanno interamente oscurato il dibattito pre-elettorale sui contenuti delle diverse candidature».
È un grande o no, Sergio Romano?
È un grande o no un uomo che riesce a dire che non c’è dibattito elettorale per colpa dei cortei?
A me sembrerebbe che i dibattiti sui contenuti (sempre che si accetti che ciò che ora elenco non siano contenuti che interferiscono con le scelte elettorali, e ho qualche dubbio) siano stati oscurati – per esempio – dalle regole della cosiddetta par condicio, dal decreto eversivo con cui il governo s’è cambiato una legge che non aveva il potere di cambiare, dall’aggressione fisica che il ministro della Difesa (!) ha portato a un cittadino, dal progressivo venire a conoscenza delle ingerenze del presidente del Consiglio (già evidenti, per carità) nella programmazione del palinsesto giornalistico della Rai, dall’approvazione con la fiducia di quella sconcia legge che è andata sotto il nome surreale di «legittimo impedimento»…
Romano è un grandissimo.
Questi sono gli intellettuali che vogliamo.
Terzisti. Equidistanti, alla «tu sei stronzo, ma anche quell’altro rimane pur sempre un bastardo pedofilo», profeti del «ma-anchismo»…
Per esempio:
«Invece di essere invitati a scegliere fra amministratori e programmi, siamo chiamati a scegliere fra il Bene e il Male, fra la dittatura strisciante della destra e l’incurabile comunismo della sinistra».
Un capolavoro.
A destra, dittatura strisciante (mamma mia, che accusona!).
A sinistra, «l’incurabile comunismo».
L’incurabile comunismo?
Eh?
Ma che cosa vuol dire?
Che ha ragione Berlusconi?
Ma allora che terzismo è?
Fedric hai colto davvero un punto dolente. Questo terzismo è una tabe mefitica. L’avversione alle strombazzate da stadio si muta in timidezza relativista, l’attenzione ai giudizi equilibrati in equilibrismo. Se il tale ha commesso qualcosa di grave non possiamo condannarlo: il suo avversario ha fatto una cosa simile qualche anno fa! Perchè stupirsi se, davanti alle assoluzioni per strage, la maggioranza pensa di sorvolare? Non si può protestare se c’è chi dice che con la mafia occorre convivere: guardiamo cos’hanno fatto gli altri! Tifosi dello strabismo che li costringe a stare un po’ di qua, un po’ di là, permettono che tutto si equivalga: Bush e Bin Laden, destra e sinistra, israeliani e palestinesi, partigiani e fascisti. C’è chi addebita questa ricerca delle posizioni terze-nulle al bipolarismo politico. No, non è vecchia di dieci anni, è molto più radicata questa malattia! Gli ultras del centrismo pacioso riescono a gabellare la loro ansia di diserzione per coraggio della complessità, l’ equidistanza, super partes e sopra le atrocità, per libera ricerca! Se un uomo fazioso non può essere contemporaneamente un ricercatore della verità, ciò è vero ancor di più per questi faziosi della moderazione! Il terzo-nullismo crede che l’equidistanza timorosa sia più economica della parzialità obiettiva. La cosa più importante è non sbilanciarsi troppo: si diventa estremisti! Buoni per tutte le stagioni parlamentari, muoiono dalla voglia di far passare per sottili le loro merci abusate e vincenti da secoli, riverniciate ogni volta, capaci di pretendere qualche ritocco alla baracca senza chiedere che diventi davvero una casa. Ostellini, battisti, merli, panebianchi, galli dellelogge, riottini, romani e laide panse, i nomi sono tanti ed altri potrebbero essere elencati, ma meglio fermarsi perché ogni giorno ne nasce uno ed in tutti i paesi. Sono utili a chi vuol sembrare scomodo senza scomodarsi: sembrano intellettuali, ma danno la certezza di non smuovere neppure una foglia. Altro che terzismo, qui si tratta sempre di non ferire troppo il potente di turno.
Ciao, Luca.
Non so se sia il caso di Romano; non ho elementi per dire su di lui più di quel che ho scritto nel post.
Quel che però a volte sospetto è che – al di là delle possibili motivazioni ideologiche (giacché l’assioma del rifiuto dell’ideologia è quel che di più ideologico posso immaginare) – in alcuni casi i sedicenti terzisti siano semplicemente servi.
Se non di qualcuno, almeno della propria viltà intellettuale.