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gomme da masticare
Il mio bambino è andato stamattina, insieme a mio cugino e a mia madre, a trovare mio zio.
Quando lo saluto, sistemandogli la sciarpina e calcandogli il berrettino sulla testa, gli vedo un’espressione di felicità pura negli occhi, quella di un bambino che va via, oltre che con la nonna, con un grande-che-però-è-un-ragazzo-e-dunque-questa-cosa-mi-fa-sentire-grande, e senza i genitori.
Uno sguardo limpido in cui gusta la gioia di essere quasi-grande, in cui si riflette la felicità di sentirsi crescere e la fiducia nel fatto che conquisterà pezzi di mondo.
Sulle spalle ha uno zainetto con libri e quaderni di matematica, per poter finire i compiti, e il pupazzo Lelli (nella foto, all’aeroporto di Dublino, triste per il ritorno a casa) sistemato in una tasca esterna con la testa ben alta, per guardarsi intorno.
Da qualche tempo – molto poco: tende a detestare le cose dolci – ha scoperto le gomme da masticare.
Preparando lo zainetto gli avevo detto «le mettiamo qui nella tasca, vuoi?».
Lui mi ha risposto «no, il pacchetto di gomme me lo devo tenere in mano».
Ogni tanto si tiene le scarpe slacciate e trascina i piedi.
Quando gli dico «ehi, alza i piedi!», lui risponde «non posso: sto facendo il figo».
Penso che le gomme da masticare lo facciano sentire figo, e grande.
Non può mettere questa conquista in tasca; è normale che la debba tenere tra le dita, per confermare a se stesso in ogni istante che è tutto vero, che il mondo sta per diventare suo.
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