bigotti a chi, per gentilezza?

Dapprima mi sono detta «conta fino a dieci».
Poi «ora fino a cento, Fede».
Nel frattempo, sono arrivata a contare fino a un milione, e due parole da dire su questa faccenda ce le ho ancora.

La storia è quella della quale han parlato dapprima i giornali locali di Treviso, poi le trasmissioni televisive per famiglie, e in mezzo – ma anche adesso, ininterrottamente – gli interessati su Facebook.

Luogo di svolgimento, una scuola media.
Personaggi, gli scolari e una società che si chiama Paradoxa.
Uau.

Questa società è (era?) incaricata di un ciclo di incontri sull’educazione all’affettività, e in uno di questi incontri – dice un giornale – s’è finito per discutere (ovviamente su iniziativa dei ragazzi) di temi come il sesso con gli animali e ciò che viene definito «perversioni».

Apriti cielo.
I genitori si sono risentiti, la scuola ha replicato, Facebook s’è riempita di solidarietà per il povero psicologo accusato da questi bacchettoni retrogradi, e s’è pure creato un gruppo in difesa di quest’uomo.
Al gruppo mi sono ritrovata misteriosamente iscritta anch’io, che pure non avevo mai aderito.
E – dirò la verità – mi sono cancellata.

Ora.
Poiché da Facebook lo psicologo più intervistato della settimana rilancia i suoi video delle interviste, scrive decine di «status» in cui spiega quanto egli sia avanti, miete più consensi di una velina, e «ringrazia tutte le splendide persone che sostengono le idee di Paradoxa, ma soprattutto quelle che, criticando, ci aiutano a metterci in discussione per migliorare…», mi sento autorizzata a dirgli due parole anch’io, che splendida persona, a occhio, non sono; se non altro per trovarmi nella situazione di non sostenere le idee della sua società.
Non tutte, almeno.

Da dire ho veramente poco: in tutto, quattro cose e una piccola conclusione.
Uno: perché viene così scontato pensare che i padri e le madri dei ragazzini siano incapaci di dir loro qualcosa su affettività e sesso?
Perché io dovrei delegare la faccenda a uno splendido psicologo che non ho scelto io?

Due: d’accordo che la cosa dei rapporti sessuali con gli animali l’han tirata fuori i ragazzi e non lo splendido psicologo.
Ma io mi domando: se qualcuno degli altri compagni non aveva la minima idea del fatto che al mondo c’è qualcuno che intrattiene relazioni sessuali con gli animali, perché l’ha dovuto sapere dalle conversazioni con lo splendido psicologo?
Vero che il contesto è per così dire «protetto»; ma allora torniamo al punto uno: perché dovrei delegare la faccenda a uno splendido psicologo che non ho scelto io?

Tre. Perché la reazione automatica che scatta è questa: oh quant’è fico lo splendido psicologo, e quanto fiche sono le splendide persone che splendidamente condividono la splendida filosofia della splendida società, e oh quanto sono bigotti bacchettoni questi sciocchi genitori che poi, figuriamoci, in una città come Treviso dove in fatto di sesso ne succedono di tutti i colori, chissà quanto saranno porcelli in gran segreto?

Quattro: io non solo rivendico il diritto dei genitori di dire ai figli quel che sanno dir loro sul sesso, ma addirittura penso che questo sia un loro dovere.
Dice: eh, ma poi le «porcate» le imparano dai compagni.
Eh.
E allora?
Qualcuno mi spiega cosa diavolo c’è di male a imparare le «porcate» dai compagni?
Perché dovrebbe essere sbagliato?

Conclusioni.
Forse che chi impara le «porcate» dai compagni poi da grande diventa una persona non splendida?
E chi lo dice?
Lo splendido psicologo e tutte le splendide persone che condividono le splendide idee della splendida società incaricata dello splendido ciclo di splendidi incontri sono state forse «vaccinate» alle medie dalle «porcate»?
Hanno potuto contare anche loro sull’intervento di qualche altro splendido psicologo dell’epoca?
O sono riusciti ad essere splendide persone – e, per inciso, non violentatrici di bipedi né utilizzatori finali di quadrupedi – in splendida autonomia (familiare o no, che importa)?