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un indiano non può stare dalla parte dei cowboys
Non so quando troverò il tempo di descrivere per bene l’effetto che mi fa allontanarmi dal luogo dove vivo. A volte mi sembra che mi consenta di vedere le cose come in una prospettiva assonometrica (che è poi come mi capitava di sognare il mondo in un periodo speciale della mia vita), contemporaneamente percependo il dentro e il fuori delle cose, e il dentro e il fuori di me.
Uscire dal luogo dove vivo mi dà un punto di vista non solo fisicamente diverso. Per questo – e non dico niente di nuovo – l’esperienza del viaggio è cruciale.
Ma oggi io voglio usare il mio blog – che effettivamente è mio e dunque mi consente di dire quel che mi piace, anche se entro i limiti del penalmente e del moralmente lecito – per dire una cosa a un mio amico.
La cosa è questa, e per me è importante.
Non c’è alcun modo – ricordatelo, amico mio – per riuscire ad essere contemporaneamente da una parte e anche dall’altra.
È bello sognare che si possa stare dalla parte dei cowboys pur essendo indiani (o viceversa, che in fondo è più simpatico).
È bello pensare che «Do the right thing» di Spike Lee potesse finire anche in un altro modo.
È bello. Ma non è possibile.
Amico mio, ascolta qui.
Delle proprie omissioni si porta la responsabilità esattamente allo stesso modo in cui si porta la responsabilità delle proprie azioni.
Ognuno vive la sua realtà e ne porta il peso e la responsabilità.
Non si può contemporaneamente essere se stessi e essere un altro: è una questione non solo tecnico-fisica, ma anche e soprattutto morale.
Non si può chiedere indulgenza agli indiani per le cose che si fanno in quanto cowboys (visto che abbiamo invertito i termini).
Le cose da cowboy van fatte e basta.
Un indiano non può stare dalla tua parte.
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