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- Ooooops, la buccia di banana giornalistica - [...] in maniera conformistica, senza approfondimento. Ecco il vero dramma del giornalismo moderno, se ne parlava l’altro giorno sul blog…
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About Me
Scrittrice e giornalista, ho lavorato per oltre vent'anni nei quotidiani, dimettendomi in agosto 2012 da un contratto a tempo indeterminato.
Ho scritto il noir 'Due colonne taglio basso' (Sironi editore), la storia d'amore 'L'Avvocato G' (Senza Patria editore), e il saggio 'Il paese dei buoni e dei cattivi' (minimum fax), in cui esamino e decostruisco le retoriche giornalistiche (*qui* tutti i link a tutti i pezzi giornalistici citati nel libro).
Alcuni miei racconti sono stati pubblicati in riviste e raccolte.
Mi occupo anche di scambi culturali fra l'Italia e l'Irlanda.
il paese dei buoni e dei cattivi
l'avvocato g
due colonne taglio basso
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ecco ora posso andare a dormire sereno, me lo domandavo da ANNI, meno male che sono stati spesi dei soldi per appurarlo.
A me l’argomento dei soldi non fa un grande effetto.
Nel senso che credo che gli etologi – se a scoprire questa cosa sono stati degli etologi – facciano questo di mestiere.
Visto che questo è il loro mestiere, noi potremmo o decidere di abolire l’etologia, perché giudichiamo che non sia utile a nessuno (io però ne dubito), oppure accettare che un etologo prenda uno stipendio come ogni altro (ok: quasi ogni altro) lavoratore e spenda del denaro per le sue ricerche.
Osservando le pagine si scienza di repubblica e della carta stampata sembra che i miei collighi si occupino solo e sempre di sesso. Azz… sono proprio uno sfigato, io.
mah guarda in linea teorica concordo nel caso specifico, ma l’ironia era indirizzata a quegli studi e sono davvero tanti dall’utilità pari a zero, come quello che ha studiato per quale motivo se metti una canotta ti si formano le pallette di cotone nell’ombelico. O quelli che fanno studi per dire quante calorie bruciamo facendo sesso: ma chissene! Intanto facciamolo. Cioè trovo che in alcuni casi queste notizie non meritino l’attenzione che gli si dà.
Spiego, che un pipistrello faccia sesso orale sta bene, anzi benissimo, ma in che contesto dai questa notizia? Su un amagazine specializzato in etologia? O sul Corriere della Sera? Sarò un po’ fissato con i contesti, ma il primo caso lo trovo adeguato, il secondo no. Puntualmente sul corriere troviamo valangate di questi studi recenti dimostrano che, uno studio condotto all’università di berkeley dimostra che… ma cosa c’è dietro? Divulgazione? Io credo di no. Mi viene da pensare che quello che interessi realmente sia mettere in home page notizie pruriginose, a prescindere dal tipo di prurito, basta che incuriosiscano. Anche se mi spieghi perché si formano le pallette di cotone nel mio ombelico… 😉
Dalovi, se loro se ne occupano tu potresti fare i fatti!
@Eleas: sono molto d’accordo sulla totale inutilità – anzi: sulla frequente dannosità – delle notizie di divulgazione scientifica. Noi giornalisti siamo completamente impreparati, in generale e fatte le debite eccezioni, a gestire statistiche, numeri, percentuali.
Ci dan da bere ciò che vogliono, e noi prepariamo bevande ancor più diluite e sghembe per i lettori dei nostri giornali.
Però secondo me sui giornali può trovar posto tutto.
Capisco la questione del contesto a cui tu ti riferisci. Ma io credo che il giornale sia un contesto in cui può stare tutto.
L’accento lo sposterei sul «come», e poi discuterei volentieri sui «perché».
guarda federica proprio ieri mi trovavo a pranzo dai miei genitori che hanno la pessima abitudine di guardare il TG5 che io proprio non reggo per la pessima preparazione degli anchor men (si scrive così?). Avrò contato nel corso di pochi minuti almeno una decina di errori gravi di italiano (congiutivi e condizionali questi sconosciuti), e non so quante frasi poste in maniera tale da non fare capire niente a chi ascoltava (es: hanno ritrovato ad ischia un bambino dentro una macchina… sì ma vivo o morto? Cioè manco la notizia più importante mi dai).
Questo per dire che troppo spesso l’impreparazione dei giornalisti è davvero impressionante già su materie, come la lingua italiana, che dovrebbero possedere a menadito. Ovvio che appena si entra nel tecnico, ma anche solo si affrontano periodi storici complessi i bibitoni come li chiami tu diventano roba al cui confronto la coca-cola è una passeggiata di salute.
Esempio: hai mai da qualche parte sentito un giornalista che abbia in un servizio in Tv, ma anche su carta stampata descritto le origini storiche del conflitto arabo-israeliano? Qualcuno ne sa qualcosa? Mi sono fatto un’indaginina personale, nella maggioranza dei casi viene fatto risalire al ’48, in altri (pochi invero) si arriva agli anni ’30. Stop. Niente altro.
in linea generale sono d’accordo nel dire che un giornale debba poter parlare di tutto, ma che lo faccia con cognizione di causa! La divulgazione scientifica se non la sai fare o la fai solo se implica parlare di quante calorie bruci facendo sesso, è meglio o non farla affatto (che quella non è scienza) o pagare dei consulenti (chiamate piero o alberto angela almeno loro sono del mestiere).
Lo so che ti sembro piuttosto avvelenato nei confronti dei giornalisti, ma ti garantisco che ho le mie ragioni 😉
Se ti va di dire qui perché sei avvelenato nei confronti dei giornalisti, magari – chissà – si può aprire una discussione che ha un suo perché…
beh è roba vecchia, risale a quando tentai di prendere il tesserino di pubblicista e mi scontrai con una realtà a dir poco assurda in cui anche a livelli infimi venivi azzannato da chi ti stava accanto, una realtà in cui all’occorrenza ti veniva attribuito un articolo che non avevi scritto senza nemmeno interpellarti, una realtà in cui se esprimevi opinioni politicamente scomode, finivi etichettato come fascista, no peggio antisemita e in cui ti dicevano che se volevi continuare a collaborare dovevi scrivere sotto pseudonimo perché la tua firma non era più gradita.
La cosa più assurda è che il tutto avveniva a livelli davvero bassi parliamo di piccoli periodici a dir poco locali. E dire che c’è stato un tempo in cui avrei voluto seguire le orme di mio nonno che scriveva sulla Gazzetta di Parma. Ma forse del giornalismo avevo un’idea non rispondente alla realtà e sbattere il muso così violentemente mi ha lasciato con non poco veleno in corpo.
La cosa ridicola sai qual’è? Che mi mancavano pochi mesi per i fatidici 22 articoli, credo una cosa come sei mesi. Magari sono motivi estremamente banali, ma certi atteggiamenti che dovetti affrontare al tempo, li ritrovo oggi (facendo il tecnico informatico) in tante redazioni che visito.
Siccome mi occupo di informatica dalla notte dei tempi, so cosa vuole dire seguire un numero speciale o comunque un articolo in cui devi avere una solida preparazione di base per non dire vaccate. Per quello nel mio intervento precedente notavo con un certo disgusto la superficialità che spesso contraddistingue il mondo giornalistico odierno.