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il corpo, l’urlo e la plastica
Rachel O’Connor dice che le succede spesso di arrivare tardi al lavoro perché durante la notte quel frastuono la tiene sveglia: «Non saprei descriverlo», racconta. «Non ho mai sentito un rumore simile. Come se provassero un grande dolore fisico».
Ma invece no. Decisamente no.
E’ solo che Caroline Cartwright, quando fa l’amore col marito, urla.
Per il disturbo ai vicini, Caroline è stata arrestata, e i giudici – che hanno ascoltato alcune registrazioni – hanno deciso che il diritto di urlare non ce l’ha.
«Il rumore è certamente intrusivo», dice la corte. «Si tratta di un rumore di natura effettivamente assai molesta, peraltro aggravato dalla sua durata: non è un fenomeno episodico e casuale, ma dura ogni volta per ore. In più, si fa sentire frequentemente: praticamente ogni notte».
La foto dei due, che la Repubblica prende dalla Bbc, è l’argomento più decisivo a favore dell’inutilità di plastiche e trattamenti di medicina estetica.
Sono un uomo e una donna normali, anche un po’ corpulenti.
Apparentemente non sono nemmeno particolarmente seduttivi, nel senso che la loro espressione – d’accordo: è solo una foto scattata in occasione di una delle udienze, perciò non ci si può attendere granché – è tutt’altro che languida o rapace.
Ma i corpi veri esistono. E funzionano. E amano.
E rivendicano il loro spazio, cercano di farsi largo.
Non sempre c’è bisogno di emendarsi, tingersi, tirarsi.
Non tutti ambiscono ad essere desiderati da chiunque.
Non tutti si vergognano di sé.
Anche: non tutti impongono al corpo contenimenti fisici ed emotivi.
Sì, giusto. Non tutti.
fantastico! No dico così perché
1. i rumori duravano per ore (quindi LEI era sicuramente soddisfatta)
2. i rumori si ripetevano ogni notte (quindi LUI era felice)
Insomma una coppia che poteva vivere la sua sessualità normalmente, si vabbè un po’ rumorosamente è stata castrata da un giudice intelligente. Pazzesco.
Quanto a loro due, beh sì mi piace la loro assoluta normalità, aggiunge meraviglia alla meraviglia.
Ma la vicina invece che rompere i cabbasisi non poteva intraprendere una gara a suon di decibel? o era una vecchia zitella?
😉
Eccolo lì: la vecchia zitella. Mi ci caschi dentro anche tu, eh, Eleas?
Com’è che una donna ha sempre bisogno di un uomo per essere degna di chiamarsi donna e non zitella?
Ahi ahi ahi, Eleas…
😉
Leggi qui, dai, se ti va (ovvio che non ti accomuno ai califani, eh!):
http://www.federicasgaggio.it/2009/03/i-mandanti-morali-degli-stupri/
Ah.
E se questi due tipi urlavano veramente troppo?
ahahahah l’ho detto APPOSTA visto che ho sentito che l’altra sera da Vespa si sono scannati per questo motivo 😉
No, non era in quel senso la mia frase ma nel senso che magari la signora vicina era mossa da una certa invidia, poi per carità magari urlavano troppo, ma mi domando, possibile che prima di arrivare da un giudice non si possa discutere civilmente?
PS: ti cito nel mio blog su un articolo che m’è venuto fuori di getto leggendo le ennesime idiozie giornalistiche ( su Saviano e sulla AH1N1) se ti interessa fattici un giro 😉
PS: Er Califfo è per cortesia tutto quanto io ritengo retrogrado a tal punto che un barone medievale di quelli rozzi era più raffinato di lui. Almeno sapeva tenere in mano una spada (di ferro).
mi sono letto bene la notizia sulla Repubblica, vabbè al solito il tono è sempre quello che io non apprezzo, ma mi domando cosa fa il giudice? Si mette dietro la loro porta e ascolta se lo fan troppo rumorosamente?
Poi temo che i due siano anche furbetti in quanto sono subito diventati famosi, e quando lo show business entra in ballo si salvi chi può, poi in UK…
Deve per forza trattarsi di pura attrazione e sintonia. Quello che dovrebbe essere la normalità di qualsiasi relazione d’amore e nonostante ciò così raro e quasi unico.
Per quanto riguarda la rumorosità, ho avuto la ventura di avere per un paio di mesi come vicini di casa, nella camera adiacente la mia camera da letto, una coppia decisamente rumorosa. Purtroppo a volte non si ha lo spirito e l’umore per riuscire ad apprezzare l’altrui felicità.
Ma questo è un altro problema: quanto possa diventare difficile la forzata vicinanza.
@Eleas: ho letto, sì, le cose sul tuo blog (grazie per la citazione!). Le risposte, sul giornalismo, te le dai da solo.
C’è da aggiungere che Saviano (su cui io ho le mie idee, che non coincidono né con quella di Grasso né con le tue; se vuoi, fai una ricerca con «Saviano» qui nel blog, e verranno fuori un po’ di post) collabora con Repubblica (benché con quella formula di «by arrangement with Tot literary agency), perciò il Corriere tende a ignorarlo.
Voglio però ripetere, a costo di sembrar monotona, che i primi a pagare in questa situazione critica della professione sono i giornalisti normali, quelli che vorrebbero fare il proprio lavoro e ne sono impediti.
Stop. Anche su questo tema, ahimé, ho scritto lenzuolate.
Poi m’è piaciuto il tuo «non si potrebbe discutere civilmente, prima di andare da un giudice?». Io non riuscirei, credo, ad andare dai vicini a dire «ehm, scusate, cioè, secondo me, volevo dirvi, scusate se mi permetto…».
E poi, magari, i vicini ci sono andati eccome; solo che non è servito. Può essere, no?
@Andrea: sì, deve trattarsi di basics. Anch’io ho avuto un vicino che si dedicava con apparente estrema perizia alla cura delle sue avventizie. E, appunto, a volte che avevo proprio voglia di dormire questo cannoneggiare mi dava abbastanza fastidio.
Tra l’altro non so se questa coppia abbia figli, ma credo che anche avere figli sia un elemento che contribuisce alla riduzione delle sonorità erotiche condominiali…
hahaha sìsì confermo avere figli fa abbassare i decibel di botto, non è carino svegliarli e trovarseli tri i piedi in certi momenti. Piuttosto imbarazzante no?
Quanto all’imbarazzo dell’andare a discutere con i vicini, sarà io ho la faccia come il sedere… ma me ne freghrei brutalmente, comunque tutto può essere, magari han provato a risolverla civilmente e non ci sono riusciti, chi lo sa, sarebbe carino sapere la storia… vabbè
Su saviano farò le mie ricerchine e ti dirò.
Sui giornalisti, quelli normali, ho una domanda cosa vi impedisce di fare il vostro lavoro? Il capo? L’azienda? Allora mi vuoi dire che anche i giornalisti rientrano nella logica di asservimento di cui parlavi l’altro giorno? Ma avete un contratto e un potere contrattuale da fare spavento, ho visto i giornalisti del tuttosport bloccare alcune funzionalità dei nostri software perché dovevano fare tre click non retribuiti in più e fino a quando quei tre click non gli sono stati retribuiti non hanno usato quella funzione del programma.
Okay.
Fai per favore un’altra ricerca: «giornalismo».
Prenditi il tempo di scremare un pochino, e troverai le risposte.
icerca fatta, non ho letto tutti i pezzi, ma la tua amarezza emerge in modo netto nei confronti di una egemonia culturale davanti alla quale i giornalisti hanno abidicato al loro ruolo. Sei stata chiarissima, non posso che condividere pienamente, seppur con estremo disagio e di malanimo, quello che tu rilevi.
Certo fa davvero paura un paese, una cultura, una società disposta a rinunciare al proprio cervello pur di ottenere piccoli risibili guadagni. Non so ma quando leggo di queste vicende a me torna sempre in mente 1984 di Orwell e mi vengono i brividi.
PS: mi sono anche letto rapidamente quanto tu dici su saviano, certe cose le condivido (il suo essere entrato in un “giro bene” che alla fin fine è solo marketing), altre meno, ma comunque apprezzo il tuo essere critica anche su quello che appare scontato, è un metodo ragionevole, che ahimé non tutti hanno (vedi le casalinghe di voghera cui si da il bolo premasticato).
Una domanda: nonostante i limiti che Saviano sicuramente avrà, una trasmissione come quella dell’altra sera in cui s’è parlato della forza della scrittura in contesti come l’unione sovietica, la nigeria, il sudafrica dell’aparteid, ecc non sono comunque secondo te qualcosa di MENO premasticato e che spinge a riflettere un po’?
NO!
Qual è la scrittura che arriva, Eleas?
Qual è la scrittura che SALVA?
Quali strade segue?
Chi la mette per strada?
La sua intrinseca forza?
Certo: la forza ce l’avrà eccome, quella scrittura che esce per strada e salva il mondo e i Paesi e le vite e gli individui.
Non nego questo.
La forza ce l’avrà.
Ma perché dovrei fingere di non sapere che la qualità delle relazioni è primaria per fare arrivare la grande forza della voce di una scrittura?
Non nego la forza, lo ripeto.
Anche il suo appello di stamattina. Ma dai, Eleas. Ma che senso ha?
L’unico senso che vedo io, da qui, dalla desolata periferia dell’imperino, è quello di accodarsi, noi ipotetici firmatari, dietro a un marchio tipo «Cocacola» (ma invece è «Saviano», evocazione di militanza, impegno civile, meridione che merita e non meridione straccione di merdosi lavativi, evocazione di martirio, di gioventù che s’immola per il nostro bene…
Noi tutti dietro.
Sì, viva Saviano!
Grazie Saviano!
Fantastico Saviano che non ha che la sua parola, che non rappresenta nessuno, dice.
Fantastico Saviano che non rappresenta nessuno ma fa da profeta.
Il problema non sono i suoi contenuti – per quanto, nel pezzo sul libro di Benedetta Tobagi c’era secondo me anche un grave problema di contenuti, ma non fa niente – ma il simbolismo.
Posso capire che senta di non avere alternativa, e sono assolutamente certa che il successo lo meritava tutto, e mi dispiace che l’abbia dovuto ottenere a prezzo della sua libertà di movimento.
Sono sicura che è sincero e vero.
Sono sicura che è bravo.
Ma è diventato un’ortodossia che tritura e smaciulla qualunque sfumatura.
Vedo che l’argomento è caldo.
Mi fermo a riflettere su questa tua frase :”perché dovrei fingere di non sapere che la qualità delle relazioni è primaria per fare arrivare la grande forza della voce di una scrittura?”, come a dire, correggimi se sbaglio, che tu puoi scrivere bene quanto vuoi, ma se poi non hai la fortuna di essere veicolato e fare arrivare le tue parole a qualcuno, è come non le avessi mai scritte.
Per carità in un contesto normale potrei pure dire che è vero. Esempio: io scrivo un libro, magari pure bello, ma nessuno me lo pubblica perché non fa abbastanza marketing. Ma Salamov? Insomma quelli che hanno sfidato il Gulag certo non era per marketing.
Possiamo pur sempre ipotizzare che ORA vengano pubblicati e resi noti perché chi lo fa ha un suo interesse nel farlo. Però così non se ne esce, nel senso che non ci sarà mai niente che venga fatto perché giusto.
Posso concordare con te che Saviano oggi come oggi venga utlizzato come marchio di sud buono. E in un certo senso potrebbe persino infastidirmi, visto che io sono di origine meridionale, ho sposato una meridionale e parlo due dialetti e ne capisco tre. E mi infastidisce per un motivo preciso. Perché è un iceberg fatto di sola punta. sotto non c’è niente altro. Perché porca miseria passate una settimana in meridione e poi vi viene voglia di tagliare le teste di quelli che vi circondano, per l’indolenza, il menefreghismo, il lassismo totale.
Volere sponsorizza Saviano in questo senso è se vuoi uno spottone pubblicitario per il sud. Ma chi se ne frega tanto se scendi sotto Roma ti accorgi benissimo di come vivono.
Sono stato due settimane, no scusa tre, a Napoli, e sono rimasto sconvolto. Sul lungo mare, quindi Napoli centro, alle due di notte dovevi fare lo slalom tra la monnezza. No, non quella dei cassonetti non raccolta, no quella buttata a terra perché arrivare a un cestino fa fatica. Non posso rendere l’idea avrei dovuto fare una foto.
In questo senso Saviano non mi piace, è un prodotto niente più.
Poi c’è Saviano persona, che usa questi momenti per uscire dall’isolamento in cui vive e che sicuramente è una condizione esistenziale poco gradevole. Siamo comunque davanti a un trentenne che per andare a fare una passeggiata mette in pericolo la sua vita e quella della sua scorta.
Infine c’è il Saviano intellettuale. Lì il giudizio si può fare frammentario. Se hai notato da Fazio ha parlato solo di autori che hanno rischiato le chiappe, esattamente come lui, ovvio l’argomento gli sta a cuore. Secondo me, ma questo è il mio personalissimo parere, non per fare il figo, ma proprio perché quella condizione da esiliato lui non l’ha cercata e adesso ne è prigioniero.
Sul Sud lascio perdere.
Sul potere e sulla forza della parola ho detto.
Posso solo aggiungere che una cosa bella, forte, seria, importante, profonda, salvifica e definitiva non smette di essere tale solo per il fatto che è ben sospinta.
E che le letterature antagoniste hanno un valore sociale, politico e storico che non intendo minimamente negare.
Dio mi scampi dal sostenere l’argomento che la letteratura non abbia/non possa avere un valore civile.
Ciò che ripeto è solo che l’apparato aiuta, e in molti casi – non sto alludendo a nessun caso in particolare, lo giuro – è determinante.
E quando l’apparato è determinante si rischia di diventare prodotto, oppure – nella migliore delle ipotesi che credo qui ricorra – simbolo.
Con tutte le conseguenze del caso.
Sul sud so di non essere politically correct, ma credo di avere un punto di vista diciamo privilegiato, spesso, troppo, se i meridionali si incazzassero le mafie avrebbero molto meno spazio, ma incazzarsi è faticoso e giù fa caldo. E la smetto anche io magari ci faccio un post sul mio di bloggolo. Anzi ce lo faccio di certo.
Sul prodotto-simbolo. È l’aspetto che meno piace del caso Saviano, lui viene usato, in fondo però se ci pensi, che scelta ha? Se adesso rompe troppo le palle e vuol fare il rompiscatole a tutti i costi rischia che lo Stato, che è il suo datore di lavoro (lo mantiene in vita e quindi gli da la possibilità di lavorare) potrebbe togliergli la scorta e allora ti saluto Saviano. Lui si fa usare, ma a me da l’impressione di compiere un tentativo, di dire qualcosa, di spingere verso la letteratura civilmente impegnata. Quanto questo tentativo riesca e quanto sia vittima del simbolo Saviano lo vedremo.
L’apparato è odioso, è sporco di per sè. È come in Matrix, non so se lo hai visto, l’uomo combatte le macchine, ma sono le macchine (di cui l’uomo ignora il funzionamento) che tengono in vita la città degli uomini. L’apparato è così. A tutti gli scrittori fa schifo Berlusconi, ma nessuno rifiuterà mai (giustamente) di pubblicare con Mondadori se ne avrà l’occasione.
Sono una rompiscatole, sì: cerca con «antimeridionalismo».
Troverai roba…
Ciao, Eleas!
😉
adesso sto scrivendo un capitoletto incasinato di insecta e non posso ma non mancherò di cercare: scrivi bene e si legge volentieri.
Scrivi, forza!
Non perdere tempo col mio blog.
Ciao.
😉
tranqua ogni tanto devi riprendere fiato, del resto ho pronta la traccia per i prossimi otto capitoli, solo che è finita la settimana di cassa quindi rallenterò un po’ la prossima settimana la qual cosa mi dispiace non poco. È il lato positivo della CIG, posso scrivere 😉 ciao