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da oggi in libreria «corpo morto e corpo vivo»
«Intendiamoci: non voglio essere iscritto tra quei cristiani cattolici (…) che si sono dati tanto da fare (…) affinché la povera ragazza Eluana Englaro fosse lasciata vivere la sua vita indescrivibile per un tempo indeterminato, potenzialmente infinito, e che attraverso pubbliche dichiarazioni negli organi di stampa hanno emesso un giudizio preciso sul conto del padre Beppino Englaro e di chi col padre Beppino Englaro ha collaborato all’uccisione della figlia Eluana: «assassino» lui, e «complici» quelli. Non voglio essere iscritto tra questi, perché non sono mai stato tra questi».
Si trova in libreria da oggi «Corpo morto e corpo vivo. Eluana Englaro e Silvio Berlusconi», il libro Transeuropa con il quale Giulio Mozzi propone – niente di meno – di «dichiare beata, e poi santa, la povera ragazza (…); e di prepararsi alla morte e alla fasulla resurrezione di Silvio Berlusconi (…) come Grande Vittima e Agnello Redentore dell’Italia: resurrezione che avverrà (…) allo scopo precipuo di far fuori la chiesa cristiana cattolica terrena».
Secondo Mozzi, insomma, su questa vicenda la chiesa cattolica – l’ha scritto più d’una volta, del resto – s’è fatta fregare, e il vero dominus della situazione è tuttora Berlusconi.
La tesi è interessante. La si potrebbe anche credere in sé provocatoria, ma temo che non lo sia del tutto; nel senso che Mozzi dà proprio l’idea di credere effettivamente al fatto che la politica, nella persona di SB, ha utilizzato la chiesa terrena e non viceversa, e che questa sia una – come dire? – tendenza che ancora non s’è invertita.
Come a dire, insomma, che SB batte chiesa 1-0, e la partita sembra per ora segnata perché la chiesa è rimasta in otto.
L’impatto di quel decreto con cui si tentò di render fuorilegge Beppino Englaro fu estremamente forte. Lo scontro radicale fra ciò che piacque definire in modo liquidatorio e riduzionista la vita e la morte è stata per me una delle esperienze più urticanti degli anni recenti.
Ma quando ho letto per la prima volta il titolo dell’opera di Mozzi (che reca anche un «appunto» di Demetrio Paolin), l’immagine mentale che mi si è creata era la contemporanea esistenza di due corpi entrambi fittizi, benché per motivi diversi.
L’uno che tentava di lasciarsi andare alla deriva ma veniva ancorato da fili, tubi, tecnologia (la tecnologia di cui Mozzi pensa che Eluana debba essere dichiarata martire).
L’altro che tentava – e tenta ancora – di ancorarsi a fili (chirurgici), tubi (per l’asportazione del grasso in eccesso) e tecnologia (lampade solari, cosmesi, tacchi invisibili).
Leggere il libro di Mozzi è un’esperienza che vale la pena di essere fatta, credo. Una volta fatta, sono sicura che ci se ne trova contenti. Giudizi ce ne sono, eccome. Ma sentite di che tipo: «(…) la questione non è se sia lecito uccidere un corpo senz’anima. La questione è se vi siano casi nei quali uccidere è bene».
Su Eluana, qualcosa di suo da dire ce l’ha anche Barbara Gozzi, che consiglio di andare a leggere qui e qui.
Domani su Agoravox, l’analisi della Gozzi sul libro di Mozzi, un’anticipazione della quale si trova qui.
Pur avendo la tesi un suo sicuro fascino, pur essendo sicuramente piacevole da leggere conviene osservare che il rapporto tra la chiesa e gli altri poteri vede spesso, la prima, con obiettivi di così lunga durata che offrono, quasi intrinsecamente, una superiorità sul secondo. Si pensi anche al fascismo, in cui con lo scambio del concordato la chiesa, nei fatti, rese moralmente legittimo il regime. Poi il fascismo fini, molti preti aiutarono i partigiani (altri fecero l’opposto ma la cosa è dimenticata) ed il concordato rimane.
Certo Berlusconi cambia la società. Profondamente. Ma non così profondamente da rompere la simbiosi tra pubbliche virtù e vizi privati che caratterizza i benpensanti nazionali e lascia, apputo, ai potenti (ai veri potenti, non ai marrazzo di passaggio nel potere) il diritto al peccato.
Infatti per me il libro di Giulio è stato interessante (l’ho già letto) proprio perché ribalta la prospettiva a cui tu fai riferimento, che è in effetti anche la mia.
Ecco perché in alcuni momenti la mia avversione per il presente governo, inteso più come governo delle cose che come governo della repubblica, si smorza. Oltre i paradossi la profondità della trasformazione presente è oltre il suo interprete politico, se dipoi è così profonda da mettere alla porta la chiesa lo vedremo ma questo male direi che sarebbe un corollario.
Una brava insegnante di filosofia, certo atea, certo marxista e fautrice del sei ‘sudato’, faceva notare che, in fondo, se non ci fosse stata la chiesa lavoreremmo tutti anche la domenica. E, piano piano, sta andando così. A prescidnere però da Berlusconi quand’anche sia lui il primo interprete di questo capitalismo in cui tutto è merce, anche l’amore nonostante Marx (l’insegnante teneva anche ad uno scritto giovanile marxiano sull’incomprambilità dell’amore di una giovane donna da parte di un vecchio ricco deforme).