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cinici bambini di nordest
Sono stata al cinema con mio figlio a vedere «Up» della Pixar. Il film è carino, ricco; si può leggere su una molteplicità di piani.
È sentimentale, romantico, struggente, doloroso, avventuroso.
Anche se erano pupazzi, io mi sono commossa per alcune scene; e durante quelle stesse scene Giovanni si avvicinava a me, mi prendeva la mano.
Sono rimasta molto colpita dalle risate in cui alcuni ragazzini rumorosamente si esibivano proprio quando invece la storia conduceva alla commozione.
Dicevano «ah, sì, finalmente muore!», e si riferivano all’eroe positivo; non «tifavano» per il cagnolino buono, o per il super-uccello minacciato, o per il bambino ciccione e sfigato.
Erano perfino incapaci di quel miracolo che avviene sempre nelle sale cinematografiche dove ci sono tanti bambini: trattenere il fiato nelle scene di maggior suspence. Quella cosa di cui per motivi misteriosi e fisicamente inspiegabili si riesce, paradossalmente, a percepire il rumore: il rumore di un improvviso silenzio.
Non mi sembravano risate autodifensive; ho avuto la sensazione che fossero comportamenti di tipo aggressivo, di dileggio. Come se dicessero «ah ah, pensavate davvero che io fossi così scemo da cascarci?».
A dieci anni (quei ragazzini li conosco, ne so l’età), già così incapaci di reggere l’impatto con i sentimenti e con le emozioni.
Non è tremendo che i ragazzini siano spinti al cinismo? Che cuore blindato avranno, da grandi?
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