la borraccia della coca cola

«Vuole un menù, signora?», chiede la donna col camice rosso.
«E quanto costa un menù?».
«Costa 6.90, ma le vengono un panino, una bibita, un dolcetto a scelta, e anche la borraccetta termica della Coca cola».
Carina, in effetti.
Con disegnino di pin-up americana degli anni ruggenti di Hollywood.

Senza menù, ma solo coi due panini per me e Giovanni, avrei speso 7.40.
«No, grazie. Facciamo i due panini e basta».

La faccia di Giovanni l’ho vista solo con la coda dell’occhio; non avevo il coraggio di guardare bene che espressione avesse un bambino deluso e tradito.
Ok, lo so, era solo una borraccetta, e la Palestina e l’Africa e tutto il resto…
Ma dentro quella borraccetta lui aveva messo dei sogni, credo, e io semplicemente dicendo «no» li ho frantumati come una lastra di vetro.


Eravamo già in coda davanti all’uomo dei panini quando sentiamo una voce che dice «giovanotto!».
Ci giriamo intorno.
«Sì, tu», dice la donna col camice rosso.
«Io?», domanda Giovanni incredulo.
«Sì, giovanotto tu».
Giovanni mi guarda per chiedermi il permesso di rispondere.
Gli dò un piccolo colpo di incoraggiamento sulla spalla.
«Sì?», dice timidamente.
«Vieni qui», dice la donna tenendo in mano un sacchetto di plastica.

Giovanni va, prende timidamente il sacchetto, guarda dentro, guarda me, guarda la signora, diventa rosso, apre il sacchetto perché io possa vederci dentro.
È la borraccia della Coca cola.
Silenzio.
«Mamma!», strilla Giovanni. «Mamma! La borraccetta!».
«Su, vai a ringraziare la signora», gli dico.

È tutto rosso in faccia, lo vedo perfino da dietro.
Dice grazie, torna da me.
È felice.
Io penso che il mondo di un bambino possa essere molto più esteso di quello di un adulto.
Un bambino non tenta di negare l’importanza dei simboli, dell’evocazione, del sogno innescato da un pretesto tangenziale.

E quella donna vestita di rosso è stata meravigliosa.
Io penso che Giovanni se la ricorderà per tutta la vita.