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ma cos’abbiamo fatto di male noi donne?
Segnalo due cose sulla Ru486.
La prima è questa, dove si apprende che la Roccella «auspica che il procedimento venga effettuato nella sua totalità in una struttura ospedaliera, rendendo così la permanenza in ospedale più lunga che per un aborto chirurgico».
L’altra è questa, in cui viene detto che «quando il potere ecclesiastico arriverà a chiedere perdono alle donne di tutti i misfatti compiuti contro le loro coscienze fin dalla più tenera età, contro i loro corpi, i loro uteri, la loro capacità generativa e creativa, allora e solo allora sarà credibile nel suo parlare d’aborto e di difesa della vita».
Il caso di Eugenia Roccella e’ davvero singolare. Ho letto con stupore della sua biografia, del fatto che fosse una femminista radicale, che nel 1975 scrisse un libro con Adele Faccio dal titolo “Aborto: facciamolo da noi”. (per la precisione: ““Aborto, facciamolo da noi. Una proposta di lotta per l’aborto libero e gratuito in strutture sanitarie pubbliche e un trattamento alternativo per le donne”). Su questo sito se ne puo’ leggere l’introduzione:
http://www.radicali.it/newsletter/view.php?id=122254
Ha dell’incredibile.
I pentiti son tremendi.
L’articolo dal Manifesto è davvero importante. Mi colpisce moltissimo anche la frase sul paternalismo ecclesiastico che deprime le energie umane e si circonda di eterni bambini o pecore belanti. A questo risultato ritengo contribuisca pure l’attuale sistema di informazione comprensivo dell’immondizia diffusa dalla tv, che certo sulle energie umane non può che avere un effetto depressivo. Proverò a proporre l’articolo alla mia piccola tredicenne, contando sulla sua fase anti-papalina…
Leggere l’introduzione consigliata da Kalle mi ha lasciato senza parole… Forse è ingenuo, ma mi chiedo a che punto del percorso della Roccella (che nel 75 ha scritto cose di estrema forza e lucidità) stia il problema; come sia possibile cambiare in questo modo, o forse come si può evitare che succeda…
A voler scomodare un po’ di categorie psicanalitiche, stante la «confessione» (vera? Metaforica?) che lei stessa ha fatto in quell’introduzione, a me vengono alcune idee.
Ma siccome proprio Freud spiegava che ogni interpretazione non richiesta è una violenza, mi astengo.
Molte idee, comunque, ce le ho.
Una – senza far violenza alla Roccella – è che quando la facoltà riproduttiva ci viene sottratta dall’età e dalla natura, è possibile che pensiamo al nostro corpo e alla nostra capacità ormai persa di dare la vita in termini completamente diversi, e che ci colga – parlo anche per me, nel senso che non posso escludere che una cosa del genere possa un giorno accadermi, anche se spero tanto di no (e vigilerò affinché non accada) – un senso di rabbiosa invidia verso chi ancora può decidere; che ci colga un senso di angoscia per i figli che non abbiamo avuto semplicemente – che so – avendo preso la pillola o «essendo state attente», come si diceva un po’ di tempo fa.
Penso che una donna che non può più avere figli tenda a sottoporre a revisione critica il suo rapporto con la maternità, e che sia possibile che pensi con rimpianto alla possibilità ormai perduta di avere molti più figli, ovvero – brutalizzando – molto più futuro, molto più «senso».
In effetti il senso di angoscia per i figli che non abbiamo avuto può essere di un’intensità straordinaria specialmente, forse, se di figli se ne sono anche persi (è successo il 5 agosto di 11 anni fa). Ma a volte lo è anche percepire che il tempo è inesorabile e lascia una nostalgia infinita per quello che è stato…
Però, forse, avere o non avere avuto figli può fare una certa differenza, almeno spero…
Grazie, Federica, per le tue riflessioni e per quelle che riesci a stimolare.
Non ricordavo che era proprio il 5 agosto 1998 il giorno in cui è morta Clara.
Sì: dolore, nostalgia e rimpianto.
Ti voglio bene.