l’equivoco della censura e del giornalismo militante

un_uomo_cosi_elegante_e_garbatoPenso che le domande, checché ne dica Repubblica, possano effettivamente essere in se stesse diffamatorie. Esattamente come sostiene Berlusconi nel suo atto di citazione contro Repubblica.

E credo che lo possano essere esattamente per i motivi individuati da Berlusconi, ovvero il loro essere «retoriche», in quanto «non mirano ad ottenere una risposta del destinatario, ma sono volte a insinuare nel lettore l’idea che la persona “interrogata” si rifiuti di rispondere».

l’assassina

Se io, per fare un esempio assurdo ma piuttosto al passo coi tempi, mi avvicino a una donna che ha appena abortito e le chiedo «è vero o non è vero che lei è un’assassina?», credo che la mia domanda non integri l’esercizio di un diritto di cronaca ma sia in realtà diffamatoria, oltre che molesta.

lo schiaffo

Quella domanda, infatti, non prevede alcuna possibilità di risposta pertinente (eccezion fatta per una sberla, autentica o perlomeno metaforica), perché non si basa su un presupposto di fatto come sarebbe stato se io avessi domandato, ugualmente commettendo molestia, «ma lei ha veramente appena abortito?».

il pregiudizio

Se domando «è vero che lei è un’assassina?» sto, invece, facendo perno su un presupposto che in sé contiene un pre-giudizio ideologico. Ovvero che la donna che decide di abortire sia un’assassina.

due questioni

Al di là della possibilità che le domande (anche quelle diffamatorie) abbiano una loro rilevanza penale, credo che l’esposto di Berlusconi metta il dito su due punti importanti.

la prima: il vaffanculo necessario…

Il primo riguarda un’idea di giornalismo che, in qualità di padrone delle tv Mediaset, gli ha portato molto denaro: è l’idea di «giornalismo» di trasmissioni come «Striscia la notizia» o «Le iene», dove gli intervistatori si mettono alle calcagna delle persone con una tale capacità di molestia da ricavarne in molti casi l’inevitabile e agognato vaffanculo: la risposta che darà loro la patente del martire del diritto di cronaca. Altro che Santoro.

… e il giornalismo militante

Quel vaffanculo dell’estenuato interlocutore (che può benissimo essere un bastardo, e la questione non si sposta di un millimetro) diventa poi la prova provata del fatto che il loro è «giornalismo militante», giornalismo «scomodo» perché dice la verità.
E invece, forse, è maleducazione e arroganza, ma anche assenza di deontologia professionale (e questo è più grave: perché il giornalismo è – credo – l’arte di porre le domande giuste alle persone giuste al momento giusto); e infine è – cosa più grave di tutte – pure la foglia di fico che protegge le tv di Berlusconi dall’accusa di essere la grancassa del sultano.

le domande in tribunale?

Perciò, quando scrive che «per la prima volta nella storia dell’informazione italiana gli interrogativi di un giornale finiscono davanti a un tribunale civile», Repubblica sta secondo me commettendo una forzatura giornalistica, di cui pure comprendo le ragioni.

la seconda: un giudice…

La seconda questione su cui l’esposto di Berlusconi mette il dito è apparentemente indipendente dalla prima ma le si lega molto strettamente.
Posto che le domande che Repubblica gli ha fatto – al di là della loro fastidiosissima pedanteria – erano secondo me purtroppo pertinenti, dalla pretesa berlusconiana che un giudice (e questa è anche carina: un giudice) dichiari diffamatori gli articoli in cui Repubblica cita gli articoli della stampa straniera discende una conseguenza di enorme gravità.

… che sposta l’Italia in Cina?

Se un giudice dovesse stabilire che è proibito riportare gli articoli in cui la stampa straniera parla di Berlusconi come di una figura non onorevole, l’Italia diventa – per semplificare – una Repubblica simile alla Cina.

lui risponde, ma solo da Vespa e Signorini

Capisco che a Berlusconi possa piacere, ma a me no.
Tanto più che se veramente le domande di Repubblica avessero inteso «insinuare nel lettore l’idea che la persona “interrogata” si rifiuti di rispondere», allora non si capirebbe come mai per rispondere – a modo suo, e glissando su alcuni aspetti pur decisivi – Berlusconi abbia scomodato Vespa e Signorini, ovvero la tv e la stampa «amica».

domande pertinenti

Il che significa che le domande di Repubblica, per quanto poco possano piacere in se stesse e per l’idea di Paese della quale attraverso di esse si è costretti a prender atto, non erano né diffamatorie, né non pertinenti.