Tags
Related Posts
Share This
è colpa sua, è lei a provocare
La donna che nei giorni scorsi si è presentata in burkini in una piscina di Verona suscitando curiosità e qualche protesta è la stessa che, esattamente un anno fa, fece parlare di sé presentandosi al Museo Ca’ Rezzonico di Venezia con il niqab, il velo islamico che lascia scoperti solo gli occhi. Lo riferisce all’Ansa Gianni Curti, il presidente della cooperativa ’Verona 83’, alla quale sono appaltati i servizi dei Civici musei veneziani.
«Abbiamo controllato le generalità: è proprio lei», giura Curti. «Evidentemente si è specializzata in provocazioni», afferma. «Lo ha fatto a Venezia ed è tornata a farlo a Verona: peccato che invece di cercare l’integrazione faccia di tutto per mettere nel ghetto le donne islamiche».
Curti ricorda con precisione l’episodio di un anno fa, salito alla ribalta delle cronache nazionali, che coinvolse un guardasala della cooperativa: «Allora la donna, accompagnata da una giornalista, si presentò velata al museo: senza allontanarla, le venne fatto presente che il suo abbigliamento non era in linea con quanto prescritto dal regolamento», ripete. A quel punto se ne andò, dicendo di non essere più interessata alla visita, salvo poi denunciare l’episodio ai giornali, raccontandolo però a modo suo».
Ora.
A parte che io non conosco nessun altro modo in cui un essere umano possa raccontare una storia se non «a modo suo», mi colpisce questa cosa qua: per le persone come quella che parla nel lancio Ansa, voler affermare anche provocatoriamente (e in modi che noi possiamo non condividere) il senso della propria identità anche religiosa – a me l’identità religiosa come fatto sociale fa venire i brividi; ma mi fa venire i brividi per tutti, mica solo per gli islamici – è un reato, un illecito; qualcosa che si compie a detrimento della propria credibilità; qualcosa che denuncia assenza di candore, l’intenzione di ferire l’ingenua applicazione delle regole perseguita dagli altri.
Come se fosse la prova che si è un po’ zoccole che ce l’hanno con la rispettabilità dei sedicenti moderati che non sono affatto né razzisti né fascisti ma solo ligi alle regole, perfetti, senza macchia.
E se anche fosse?
E se anche fosse vero che lei vuole solo dimostrare quanto difficile sia la convivenza con noi?
Se qualcuno viene fatto a pezzi in ciò che considera essere la sua identità, è chiaro che una delle possibilità che ha è usare di tutto per reagire; niqab e burkini compresi.
Loro, però – e parlo dei «regolari», di quelli senza macchia – ci cascano sempre, eh?
Mai che lascino correre.
Non l’hanno lasciata entrare al museo né in acqua.
O quantomeno le hanno fatto storie.
Perché loro sì che sono regolari. Loro sono a norma.
Loro sono omologati.
Sono in regola con la 626 della vita.
Loro non perdono un colpo.
Loro possono ostinatamente, petulantemente e pervicacemente agire da posizioni di potere contro i kebab, i burkini, il velo, i barconi, i migranti in carne e ossa, i mendicanti, i senza fissa dimora, i romeni, i rom, i meridionali e qualunque altra cosa passi loro per la testolininina.
Loro possono.
In continuazione, instancabilmente, senza soste.
E – ripeto – da una posizione di potere.
E poi, alla fine, i provocatori sono quelli che danno ai «regolari» senza macchia l’opportunità di dimostrarsi per quello che sono.
Bisognerebbe che loro potessero fare i «regolari» in pace, senza che nessuna insolente islamica si permettesse di snidare il loro razzismo* latente o patente; o anche solo la loro naturale e automatica diffidenza verso chiunque sia anche minimamente diverso da loro.
Bisognerebbe mettersi in testa che dovremmo lasciarli lavorare in pace, questi «regolari». Senza provocarli, senza infastidirli.
L’Italia è o non è una Repubblica fondata sul lavoro?
Non è mica fondata sui rompipalle islamici o d’altro tipo!
* A scanso di equivoci: penso che di razzisti ce ne siano moltissimi, eh. Anche tra gli islamici, e anche tra i rumeni, e anche tra gli eschimesi, i neri, i rossi, i gialli eccetera.
Buongiorno Federica, scopro oggi il tuo blog con piacere, anche grazie al fatto che abbiamo parlato dello stesso argomento.
Nella fattispecie trovo il tuo commento centrato. Sull'”affaire burkini” si è perpetrata una violenza gratuita quanto inaudita nei confronti della donna in questione, in nome della paura.
Tuttavia ritengo che questo episodio riveli più di quanto non riesca a nascondere.
Qui non stiamo parlando più (in senso lato e non riferito all’episodio) di un problema di identità religiosa.
Credo invece si stia parlando di una reazione (senza appiccicare giudizi su questa parola) di difesa da parte di una cultura che sente profondamente la minaccia da parte di un’altra.
E sente questa minaccia perché, al di là delle differenze religiose, quella musulmana è una cultura oggettivamente per noi minacciosa.
Per l’intensità con cui viene vissuta una visione religiosa niente affatto tollerante e pacifica.
Per il fatto che per la nostra mentalità una cosa come il burqa è inaccettabile, così come è inaccettabile che una donna possa essere felice di sottostare a regole come quelle coraniche.
Per il fatto che nei paesi da cui questa cultura proviene i diritti umani valgono meno di una lattina usata… tutto questo al di là dei giudizi o dei pensieri miei personali.
Credo quindi comprensibile sotto questo aspetto la reazione verso quella che è evidentemente una provocazione, anche se personalmente non la condivido affatto.
Tuttavia questa mia non condivisione deriva esclusivamente dal vedere come sia stato dato adito da parte delle autorità ad un atteggiamento isterico, anzi che agire secondo legge.
Il burkini non maschera un’identità. Non costituisce offesa ad alcun senso di pudore e, dulcis in fundo, non mi risulta dalle foto neppure all’estetica.
Quindi per me ciò che è accaduto non ha alcun senso, anche se va visto ed analizzato in un’ottica un po’ più ampia.
Ma ugualmente ritengo sia un segnale preciso di quanto questa nostra società occidentale stia transitando dalla democrazia alla demagogia, dalla legalità al buonismo moralista inutile e molle di governi impegnati più a raccoglier voti che a fare il bene di un paese.
Ti ringrazio per lo spazio e, qualora gradissi, spero di incontrarti anche sul mio blog, nella qualità che preferirai.
Un buon week end e complimenti per il tuo lavoro.
Benvenuto Franz.
Certo che verrò sul tuo blog, grazie dell’invito.
Voglio solo aggiungere una cosa: io spesso mi domando perché facciamo così fatica ad accettare che parti del mondo abbiano vissuto una storia diversa dalla nostra; che, per esempio, non abbiano vissuto la Rivoluzione francese.
Non so se l’Islam sia una minaccia per la «nostra» cultura.
Mi sento così isolata dalla temperie attuale – lo dico senza la minima civetteria – da non avere nemmeno la certezza di condividere la «cultura» con qualcuno.
Non credo, però, che questa sia una reazione di difesa che tenga conto della (ipotetica) minaccia.
Penso che si tratti di orrore della diversità.