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un franco difensore
Fa effetto leggere ciò che il Corriere chiama «la nota» di Massimo Franco, franco difensore – si apprende – del nostro presidente del Consiglio.
La tesi è che monsignor Crociata (ma che nome), censurando il «libertinaggio» come affare non «privato», non avesse intenzione di parlare a Berlusconi ma alle parrocchie, e che solo per un casualissimo e imprevedibilissimo scherzo del destino cinico e baro le sue parole – peraltro non «usate impropriamente» nemmeno dal Pd – hanno finito per coincidere con le rimostranze sulle badanti da «regolarizzare».
Ecco il passaggio: «E probabilmente, la reprimenda dei vertici della Cei ha l’effetto, seppure indesiderato, di acuire l’incertezza sul futuro del governo e del premier. Ad alimentare questa congettura è una seconda coincidenza: la tensione evidente fra centrodestra e vescovi sull’immigrazione clandestina».
Mitologico l’inciso «il monito» (sul libertinaggio) «ha molti destinatari. E può apparire rivolto ad un’Italia priva di bussola anche per responsabilità dei vescovi».
L’esegeta vescovile Massimo Franco ci spiega che Crociata ce l’aveva non con Berlusconi, ma con se stesso.
Crociata ha fatto autocritica, insomma.
A quando l’autocritica di Franco?
La mia curiosità, in questi casi, è se le parole di chi come Franco fornisce un’interpretazione autentica di qualcosa che qualcun altro ha detto sgorgano dal cuore o sono suggerite da colloqui con entità soprannaturali o anche naturali.
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