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… sfinita/2
… e sono stanca di Bossi che vomita merda – «al Vaticano non ci vanno, i clandestini»; «contro il reato di clandestinità ha parlato un prete, non il Vaticano» – di Federico Lombardi che dice che «il Vaticano non ha commentato niente, sul cosiddetto pacchetto-sicurezza, ma ha parlato solo Agostino Marchetto».
Stanca di Alemanno che chiama «mostriciattolo» l’uomo che a Roma ha violentato una ragazza, dicendo che «il degrado non c’entra» perché «è un problema di psicopatia».
Stanca di gente che presiede la Provincia di Roma o la Regione Lazio e dice che «dire che Totti è la rovina della Roma è mancanza di rispetto verso i tifosi e verso una città».
Stanca di quelli che mettono i bannerini sui blog dicendo «oh, sì, io voglio la democrazia in Iran», come se Mousavi fosse la democrazia, come se conoscessimo tutti da dio la situazione iraniana; come se mettersi il bannerino verde ci facesse diventare tutti più buoni e più giusti; come se questo fosse politica; come se avesse un senso.
Stanca dei titoli «Fiumi di droga nella villa di Neverland». Fiumi?
Stanca di giudici costituzionali che dicono «a casa mia invito chi voglio, anche se poi devo decidere delle sue sorti».
Dei Battista che difendono le piccole Serracchiani per il puro gusto di sparare addosso al Pd.
Stanca dei titoli come «in Rai da lunedì gli annunciatori multietnici», come se nessuno di loro esistesse individualmente ma potessero essere percepiti unicamente per il fatto di essere ingranaggi di un gruppo eterogeneo che mortifica la loro singolarità e ci interessa solo in quanto gruppo (che ci fa sentire di larghe vedute, ovvio).
Stanca di chi scambia Internet per la stampa e la democrazia di domani; questi furboni che il citizen journalism; che senza Twitter non si sarebbe mai saputo dei meravigliosi occhi di Neda spenti per sempre. Salvo che senza giornali e tv quelli che sapevano che Twitter aveva fatto sapere di Neda erano quelli che conoscono Twitter.
Stanca del «nuovo», della «risorsa importante», del «percorso di democrazia interna», dell’«azienda Italia», delle «piccole e medie imprese», di quelli che «basta col buonismo», che «vorrei vedere se ti violentassero la figlia».
Stanca del «degrado», dell’«abbiamo restituito alla città», del «racket dei mendicanti», dell’«abbiamo ripulito le strade dalle prostitute» (spostandole in Sardegna?), del «made in Italy», del «basta coi fannulloni», del «le donne devono andare in pensione quando ci vanno gli uomini, che sono discriminati».
Stanca di quelli che ci ridono sopra perché tanto «domani sera mi viene Fuffi a cena e penso che farò da mangiare qualcosa di veloce e se c’è bel tempo ci mettiamo in giardino, e poi comunque da quando sono vegetariana sto molto meglio».
Di quelli che «sto andando a una festa privata, dobbiamo vestirci da drag queen, sono andata a Milano con un’amica a comprarmi apposta gli stivali fino all’inguine, guarda, una cosa da urlo».
Stanca di quelli che fanno gli educati e ti uccidono educatamente, e quando tu li mandi affanculo poco prima che mettano a segno il colpo mortale ti dicono «ehi, ma guarda che non c’è nessun bisogno di incazzarsi», e intanto si ripuliscono schifatini del tuo sangue.
Sì.
Sfinita.
Da quelli che dicono «ci vogliono togliere la libertà di stampa» e dimenticano che ce la siamo levata da soli, la libertà di stampa, quando abbiamo rinunciato a dire ai piccoli minuscoli re che pretendevano di comandarci dai loro piccoli minuscoli scranni «tu sei nudo, ti sto vedendo il culo, e non solo è un brutto culo: è anche sporco di merda».
Stanca di me. Di essere stanca. Di non riuscire a fottermene, o addirittura ad avvantaggiarmi di tutto questo lurido fango nel quale in fondo potrei anche ben nuotare perché non sono più scema degli altri e se c’è una cosa che so fare è tenere la testa alta; o, per dirla in un altro modo, sopra il livello della merda.
Ho avuto oggi il risultato dell’esame Cambridge YLE Flyers di mio figlio. Media dell’80%.
Da sorella di handicappato dovrei sapere che lasciarsi sedurre dalla «produttività» dei piccoli di casa è una trappola ingiusta e bestiale.
E infatti lo so.
Ma sono fiera di mio figlio, e non posso – né voglio, in effetti – farci niente.
Conosco – per adesso – le strade che percorre per capire, sentire e amare le cose, e sono strade che mi piacciono. Hanno fiori e alberi sotto cui mettersi all’ombra. Hanno gattini e coniglietti che si lasciano prendere in braccio.
Di lui, di questi gattini e di questi coniglietti non sono per niente stufa.
Se questo vuol dire essere ottimista, beh, vuol dire che sono ottimista.
Ma sono stanca lo stesso.
leggendo il tuo post, mi è tornato alla mente il sonetto 66 di shakespeare:
http://www.william-shakespeare.info/william-shakespeare-sonnet-66.htm
sei in buona compagnia.
L’accostamento mi lusinga.
Ma – per parafrasarlo – «I don’t cry AT ALL for restful death», anche se effettivamente «I don’t want to leave my love(s) alone»…
E a proposito: benvenuto.